La sospensione del giudizio
I terapeuti lo sanno bene, capire non è giudicare. Eppure il giudizio, così fuorviante, così limitante è duro a morire anche nelle menti più illuminate. Rassicura, fa stare comodi nel proprio cantuccio di convinzioni.
I terapeuti lo sanno bene, capire non è giudicare. Eppure il giudizio, così fuorviante, così limitante è duro a morire anche nelle menti più illuminate. Rassicura, fa stare comodi nel proprio cantuccio di convinzioni.
Molte domande di aiuto successive ad una delusione forte, specie di natura sentimentale, celano spesso aspettative irrealistiche, che vanno dalla riconquista dell’idillio perduto alla cancellazione del malessere che tiene in scacco.
La paura è spesso definita come un’emozione “primitiva”, legata strettamente alla conservazione della vita. Lo stato di allerta che induce affina la percezione del pericolo e tutto il sistema nervoso si attiva per rispondere prontamente agli stimoli.
La famiglia è strutturalmente “oppressiva”, nella misura in cui i genitori, anche i più illuminati, inevitabilmente tramite l’educazione introducono dei limiti e trasferiscono convincimenti e modalità di comportamento che non sempre si adattano al meglio alla natura dei figli.
La questione dell’efficacia della psicoterapia assilla non soltanto coloro che si accostano ad essa, mossi dall’ansia di venire a capo dei loro problemi, ma parimenti angustia gli stessi addetti ai lavori, sempre in bilico fra successi e fallimenti terapeutici.
Il campo delle discipline psicoterapeutiche ad orientamento psico dinamico tende a distinguere un narcisismo “sano” da un “narcisismo malato”.
La rabbia è un’emozione che nasce dentro di noi ogni volta che abbiamo la sensazione di venire sopraffatti da qualcuno o da qualcosa.
Possono essere coscienti o più nascoste, tormentare di giorno o per lo più la notte; le ossessioni si differenziano dalle semplici preoccupazioni per una sorta di pertinacia, spesso sganciata da motivi reali, che le rende adesive e difficili da sciogliere tramite un semplice atto di volontà.
Il termine “friend zone” viene comunemente utilizzato per indicare le situazioni di stallo ed ambiguità fra due persone che, pur stabilendo un legame di vicinanza che sembra gettare le basi per sviluppi futuri, di fatto non intrecciano una relazione di natura amorosa.
l valore terapeutico dell’arte è indubbio, sia sul piano della fruizione che della produzione in prima persona dell’opera. Purtroppo quando si pensa all’arte troppo spesso si fa riferimento ad un concetto astratto e lontano, oppure ci si ancora alle mode e a quello che propone il mercato.
Il perdono va distinto dalla riconciliazione, con la quale spesso viene confuso e sovrapposto.
Il mare, la montagna o la semplice campagna, se vissuti non come mere evasioni estive, possono rivelarsi molto spesso delle vere e proprie cure rigeneranti per la mente.
Non di rado accade di accogliere in terapia persone provenienti da percorsi psicoterapeutici recentissimi, interrotti per varie ragioni.
Il così detto “mal d’amore” (sperimentato nel presente o nel passato) in quasi tutte le psicoterapie ad un certo punto va a costituire una materia di indagine privilegiata, sia per gli arrovellamenti e i tormenti a cui dà origine, che per la possibilità di identificare i fantasmi inconsci che insidiosamente mettono in scacco nelle relazioni e più in generale nella vita.
Impossibile non avvertire un “grande freddo” in queste settimane, in contrasto con la mitezza e la pace ritrovata della natura che filtra dalle nostre finestre, intorno alle quali ci aggiriamo più di quanto non abbiamo mai fatto in precedenza, come alla ricerca di un calore, una conferma, un ricordo di come era ieri e di come sarà domani.
La vita nei confini della propria abitazione: non poter uscire, nemmeno per una semplice passeggiata nel primo verde primaverile, non sapere quando tutto questo finirà, che effetti avrà su di noi e sul mondo, presagire tempi lunghi e incerti, convivere con preoccupazioni e notizie poco incoraggianti.
Negli ultimi giorni si parla tanto del post emergenza, la fantasia di opinionisti di ogni genere si scatena con previsioni ora catastrofiche ora idealistiche.
In questo momento storico di fermo totale e di chiusura nelle nostre abitazioni siamo tutti chiamati ad un compito per molti di noi difficilissimo: restare con noi stessi senza possibilità di fuga.
Sulla città metropolitana è calato il silenzio, rotto soltanto dallo sferragliare dei tram vuoti e dalle grida delle ambulanze in corsa.
La paura in questi giorni di incertezza aggredisce tutti. I coinvolti non sono solo certe categorie di persone, gli ansiosi o gli ipocondriaci.
La sofferenza depressiva costituisce il terreno d’elezione sui cui si innesta la maggior parte delle problematiche alimentari di natura psicologica.
La riproposizione senza sosta in seduta di tematiche relative all’apparire connesse ad un certo uso cronachistico della parola e ad un atteggiamento supponente, può balzare all’orecchio del clinico come il segno rivelatore della vera sofferenza di fondo del suo assistito, talmente imprigionato in una miriade di maschere “sociali” da ritenerle le uniche realtà esistenti.
Uno scopo del lavoro terapeutico, forse il principale, è promuovere una sorta di “rilancio” vitale, una nuova fiducia nelle proprie possibilità espressive in opposizione a noia e disincanto, a frustrazione e senso di impotenza.
Uno dei fattori terapeutici per eccellenza in gioco in una psicoterapia è l’accoglienza dell’altro senza condizioni, che si traduce operativamente in un ascolto inedito, in un’esperienza di difficile reperimento all’interno di altre situazioni relazionali.