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L'incontro con il desiderio secondo Lacan

il desiderio nell'approccio lacaniano

L’incontro con il pensiero di Jacques Lacan ha dato una svolta al mio desiderio di dedicarmi alla psicoanalisi e alla cura del disagio. Come tutti gli innamoramenti, l'idealizzazione nel tempo si è sciolta e ha lasciato posto a una visione più lucida dei pro e dei contro dell'approccio lacaniano. 

Sicuramente le riflessioni sul tema del desiderio conservano validità e spessore, e sono confermate dai riscontri clinici. Lacan ha il pregio di abbordare le questioni attraverso i classici della filosofia e della letteratura, arricchendo così le speculazioni psicoanalitiche di qualche sfumatura "umanistica". 

Il desiderio inconscio come condizione assoluta 

Lacan è uno psicoanalista che parla di desiderio. Non tanto del desiderio a cui sembriamo tutti assuefatti, quello del possesso di oggetti, ma della spinta vitale che anima ciascun uomo. Essa la ritroviamo dietro alle nostre parole, ai nostri atti, ai nostri dubbi. Tale desiderio, così inteso,  rimane lì, velato, silente, inconscio e in alcuni momenti salta fuori, si rivela pienamente in un lapsus, in un atto mancato piuttosto che in un sogno.

Il desiderio è la parte più intima di un uomo e nello stesso tempo la più sconosciuta a lui stesso. È quella forza che non si placa con la soddisfazione, è come dice Lacan “condizione assoluta”. Non si accontenta di oggetti materiali o del conseguimento del successo.

Chi accoglie e riconosce il suo desiderio può sperimentare delle privazioni, può andare incontro a difficoltà, a fallimenti, ma nel profondo è vivo, creativo, aperto all’imprevedibilità della vita e alle sue possibilità.

Il desiderio è personale per ciascuno di noi, è la parte più singolare di un essere umano, è ciò che ci rende unici, tutti diversi, particolari, interessanti. In lui abita la nostra soggettività, il tratto che ci fa apparire inconfondibili.

Gli scacchi del desiderio: insoddisfazione cronica e rinuncia 

La realizzazione del proprio desiderio va incontro a degli scacchi.

Possono prendere la forma dell’insoddisfazione perpetua, cronica. Non ci va mai bene niente, tutto e tutti sembrano essere insufficienti. Si tratta di una forma di rifiuto con cui cerchiamo di tenere viva la dimensione del desiderio, che però ci condanna all’infelicità, all’impossibilità di tradurre in atto un’aspirazione.

Per Lacan a questo livello siamo nel campo dell'isteria, diffusa soprattuto fra il sesso femminile. 

Un altro ostacolo frequente alla realizzazione del desiderio è la sua distruzione attraverso la rinuncia. Pevale il senso di paura, di impotenza, di fatica. “Tanto è tutto inutile”, “non ce la farò mai”, "non ho tempo" sono frasi che spesso diciamo e costituiscono un alibi per un atteggiamento di fondo passivo e rinuciatario (nevrosi ossessiva).

La depressione come viltà morale 

Per Lacan l’assunzione del proprio desiderio è una questione etica. “Cedere sul proprio desiderio” è “un peccato”, una “viltà morale”.

Spesso la depressione clinica ha una radice di questo tipo, nasce dall’aver voltato le spalle ad un’aspirazione, una vocazione, un talento.

Le scuse in questi casi sono comode ma paralizzanti; esse lasciano come consolazione uno sterile lamento, al termine del quale nulla è cambiato. 

Prendere sul serio la questione del desiderio è allora un antidepressivo "naturale", non per tutte le sue forme ma principalmente per il "tedium vitae" tipico di chi resta impigliato nella pigrizia e nella procrastinazione infinita. 

Psicoanalisi lacaniana