Come difendersi dai manipolatori
Purtroppo viviamo in una società in cui la manipolazione a livello interpersonale è un atteggiamento diffusissimo, così pervasivo da passare inavvertito alle coscienze meno attente.
Purtroppo viviamo in una società in cui la manipolazione a livello interpersonale è un atteggiamento diffusissimo, così pervasivo da passare inavvertito alle coscienze meno attente.
Frequentemente capita di ricevere chiamate angosciate da parte di partner di persone scivolate nella solitudine radicale della depressione.
In “Narcisismo di vita, narcisismo di morte”, testo di Andrè Green pubblicato nel 1983, troviamo una descrizione approfondita della figura della così detta “madre morta”, frutto delle riflessioni dell’autore intorno a quei pazienti nevrotici le cui analisi (anziché dare centralità ai sintomi nevrotici) girano sostanzialmente intorno alla depressione e alle tematiche narcisistiche connesse.
I poeti più degli altri lo intuiscono: il dolore ha una funzione, troppo spesso ignorata. Ed è precisamente quella di rinnovare lo spirito, assopito nelle abitudini, nella routine, nel tran tran del quotidiano.
“The son”, recente film drammatico diretto da Florian Zeller, tocca un tema delicatissimo, quello del ruolo giocato dalla famiglia di origine nella determinazione e nel mantenimento del disagio psicologico adolescenziale.
“Amor fati”, concetto elaborato dalla filosofia stoica e ripreso da Nietzsche, significa letteralmente “amore del fato”. Qualsiasi esso sia, anche il più ingiusto e terribile.
Non esiste depressione clinica che non abbia l'ansia come componente significativa ci insegna Eugenio Borgna nel suo "Le figure dell'ansia".
La forma depressiva più comune nella contemporaneità è legata a un certo bipolarismo, che non si inquadra perfettamente nella sindrome bipolarebenché mantenga con essa un rapporto di somiglianza di fondo.
In questi tempi di incertezza e angoscia sul piano sociale si assiste ad un incremento di sentimenti depressivi: le persone vedono svanire orizzonti ed opportunità, si sentono impedite, rinchiuse, costrette ad affrontare rinunce e sacrifici supplementari.
Un fenomeno che frequentemente si associa a malesseri psicologici anche molto diversi fra di loro è l’infiacchimento della “forza mentale”.
La depressione per alcuni può essere la compagna di una vita, per altri un incontro occasionale in circostanze difficili, per altri ancora uno spauracchio da evitare a tutti i costi.
La sofferenza emotiva è un’esperienza legata alla natura umana. I bambini soffrono, così come i giovani, le persone mature e gli anziani.
Guarire dalla depressione è possibile, anche in tempi piuttosto brevi, senza dover necessariamente ricorrere all’uso dei farmaci.
Ruminazione, senso di vuoto, rabbia, sentimenti luttuosi sono i principali sintomi che segnalano la difficoltà di voltare pagina dopo il fallimento di un progetto importante, sia esso di natura sentimentale, familiare o professionale.
Scegliere uno psicologo a Milano non è un’attività difficile sul piano pratico, data la ricchezza dell’offerta (sempre più in aumento nelle grandi città metropolitane).
Il tema della competizione appare con frequenza nei discorsi di chi svolge un percorso terapeutico.
Impossibile non avvertire un “grande freddo” in queste settimane, in contrasto con la mitezza e la pace ritrovata della natura che filtra dalle nostre finestre, intorno alle quali ci aggiriamo più di quanto non abbiamo mai fatto in precedenza, come alla ricerca di un calore, una conferma, un ricordo di come era ieri e di come sarà domani.
Periodi difficili, momenti di smarrimento, circostanze luttuose fanno parte dell’esperienza comune ad ogni uomo e pertanto non sono da considerare di per sé come eventi patologici.
In questi anni di pandemia stiamo assistendo ad un’esacerbazione di molti disagi psicologici. Lo spettro della malattia, la precarietà lavorativa, la tenuta traballante del sistema sanitario e sociale, la chiusura fra le quattro mura, la solitudine, l’aspettativa di un pieno ritorno alla normalità ciclicamente frustrata concorrono al mantenimento di stati depressivi e ansiosi (senza parlare delle ben note reazioni maniacali di negazione della realtà).
Nell’immaginario collettivo, come è noto, è molto diffusa l’’associazione fra depressione e genio creativo: la concezione dell’artista dal carattere irascibile e tempestoso, perennemente soggetto sbalzi di umore, identifica l'uomo dedito alle arti con un personaggio cupo e problematico, benchè originale e capace di entusiasmi travolgenti (che rendono la sua natura complessa e contraddittoria).
La curiosità, intesa come stato di meraviglia davanti alle cose che spinge incessantemente a volerne penetrare più a fondo lo sfuggevole significato, è un’attitudine mentale benefica per la psiche, nella misura in cui la mantiene viva proteggendola dagli agguati di ansia e depressione.
Il rapporto con la temporalità è centrale in tutte le manifestazioni depressive, dalle più leggere a quelle di rilevanza clinica.
La perdita, di una relazione, di un lavoro, della salute, di una persona cara può sospingere verso lo sviluppo di affetti depressivi.
L’infanzia quasi sempre è il tempo in cui iniziano a depositarsi i germi di un malessere psichico che si svilupperà successivamente nella giovinezza e poi nell’età adulta.
Il termine depressione spesso viene evocato in maniera impropria, per riferirsi o a banali cadute di tono dell’umore o a stati dell’animo più complessi, che comunque restano ancora sotto l’ombrello della tristezza,di sentimenti sfumatamente luttuosi o all'insegna del tedio e dell'insoddisfazione cronica.
Uno stato latente di depressione può essere celato efficacemente da atteggiamenti e comportamenti di natura apparentemente lontana dall’affetto depressivo
L’affetto depressivo tendenzialmente mal si concilia con l’esercizio della parola, inteso quest’ultimo come possibilità di espressione ed elaborazione di questioni relative a verità soggettive. La depressione blocca la parola sia nella sua dimensione di ponte nei confronti dell’Altro, sia nella sua potenzialità dinamica di scoperta del nuovo.
Un interrogativo angoscioso che muove molte domande di aiuto nella contemporaneità ruota attorno alla questione della perdita o dell’assenza tout court della così detta “forza interiore”, da intendersi non riduttivamente nell’accezione di mera forza di volontà ma più ampiamente in quella di robusta energia vitale.
“Sono sempre stato un bighellone” mi ha detto recentemente un paziente con un certo tono di auto rimprovero durante uno dei primi incontri.
Nell’ascolto della sofferenza depressiva si possono cogliere delle sfumature specifiche che riguardano rispettivamente gli uomini e le donne.
Il prezzo da pagare dell’approccio moderno alla depressione, che la riconosce come una malattia da curare esclusivamente con i farmaci confidando nella possibilità della sua eradicazione completa, è la sua cronicizzazione.
L’esperienza dell’abbandono, anche quando vissuta da adulti, si accompagna sempre ad una quota di dolore.
Non esiste una tipologia “unica” di depressione; anche se alcuni sintomi visibili sono apparentemente gli stessi (apatia, perdita di interessi, umore malinconico e triste, ritiro sociale, senso di disvalore) le cause retrostanti possono essere molto diverse.
Il sentimento di insoddisfazione in genere viene percepito come una sensazione interiore di irrequieta mancanza, che può accompagnarsi alla rassegnata percezione di esclusione da una supposta condizione di felicità senza sbavature.
C’è una differenza enorme fra la melanconia clinica e tutto ciò che definiamo genericamente come malinconia. Così come non possiamo ridurre la malinconia come stato d’animo alla depressione patologica, benché condivida con essa alcune caratteristiche.
Quando si affrontano situazioni complesse o fuori dall’ordinario (malattie, separazioni, perdita del lavoro, lutti ecc…) è quasi inevitabile incorrere in momenti di sconforto o in reazioni emotive spropositate.
Il termine “esaurimento nervoso” viene genericamente utilizzato per denominare tutte quelle situazioni in cui una persona (che magari fra alti e bassi si è sempre barcamenata nella vita) cessa all’improvviso di “funzionare” in modo appropriato.
In alcune personalità la persistenza nel tempo della sofferenza e dell’inquietudine, nonostante infiniti ragionamenti e tentativi di recupero del benessere perduto, si può attribuire a convinzioni di fondo di natura nichilistica.
Una richiesta che ci sentiamo spesso rivolgere come psicoterapeuti è quella di essere aiutati a sviluppare la forza di volontà.
Il termine “gaslighting” sta entrando nel lessico comune, spesso le stesse persone in terapia lo utilizzano spontaneamente per descrivere dinamiche manipolatorie tossiche a cui si rendono conto di essere esposte nella loro vita affettiva.
Pochi giorni fa è apparso sul Corriere della Sera un bell’articolo di Susanna Tamaro, un po’ fuori dal coro rispetto alle esternazioni trite e ritrite dei vari specialisti psicologi interpellati a commentare gli ultimi, sconcertanti fatti di cronaca nera.
La figura della madre morta di Andrè Green la ritroviamo in molti quadri clinici caratterizzati da un clima depressivo di superficie che sottende una ferita antica in relazione alla persona della madre.
Il lungometraggio di Robin Campillo “Centoventi battiti al minuto” , presentato a Cannes nel 2017, ci fa entrare contemporaneamente nella vita associativa di Act Up e in quella privata di una giovane coppia omosessuale facente parte del gruppo.
Molta parte dei malesseri psichici resta invisibile agli occhi di osservatori poco attenti o semplicemente impauriti da quello che potrebbero scoprire in primis in se stessi.
L’insoddisfazione, non la sofferenza, è la vera fonte dell’umano lamento. Infatti la sofferenza, legata a un trauma fisico o psicologico, in genere non conduce al lamento cronico perché induce in prima battuta un senso di paralisi totalizzante e secondariamente mobilita delle energie reattive inaspettate che tentano di ristabilire l’equilibrio perduto.
Le crisi esistenziali, quando non annebbiano completamente la lucidità di pensiero ma lasciano spazio alla riflessione, sono potenti strumenti di crescita e di evoluzione personale.
La musica ha un indubbio potere terapeutico, soprattutto per ciò che riguarda le problematiche legate allo stress, all’ansia e a certe forme depressive.
Molte delle problematiche relative ai disturbi di personalitàdel così detto cluster b, come la disregolazione delle emozioni, la dissociazione mentale e la tendenza depressiva, sono ascrivibili ad un mal funzionamento dell’Io.
In genere si pensa che le persone si dividano fra impulsive e riflessive, le prime predisposte a decisioni “di pancia”, rapide e magari rischiose, le seconde inclini all’analisi e dunque soggette alla procrastinazione.
“Io sono: Celine Dion” è il recente biopic uscito su Amazon Prime (diretto da Irene Taylor Brodsky), incentrato sulla “lotta” della cantante canadese “contro” la malattia neurologica rara che la affligge (la sindrome della persona rigida).