Depressione e amore: difficoltà e speranze
Frequentemente capita di ricevere chiamate angosciate da parte di partner di persone scivolate nella solitudine radicale della depressione.
Frequentemente capita di ricevere chiamate angosciate da parte di partner di persone scivolate nella solitudine radicale della depressione.
In “Narcisismo di vita, narcisismo di morte”, testo di Andrè Green pubblicato nel 1983, troviamo una descrizione approfondita della figura della così detta “madre morta”, frutto delle riflessioni dell’autore intorno a quei pazienti nevrotici le cui analisi (anziché dare centralità ai sintomi nevrotici) girano sostanzialmente intorno alla depressione e alle tematiche narcisistiche connesse.
I poeti più degli altri lo intuiscono: il dolore ha una funzione, troppo spesso ignorata. Ed è precisamente quella di rinnovare lo spirito, assopito nelle abitudini, nella routine, nel tran tran del quotidiano.
In questi tempi di incertezza e angoscia sul piano sociale si assiste ad un incremento di sentimenti depressivi: le persone vedono svanire orizzonti ed opportunità, si sentono impedite, rinchiuse, costrette ad affrontare rinunce e sacrifici supplementari.
La depressione per alcuni può essere la compagna di una vita, per altri un incontro occasionale in circostanze difficili, per altri ancora uno spauracchio da evitare a tutti i costi.
Impossibile non avvertire un “grande freddo” in queste settimane, in contrasto con la mitezza e la pace ritrovata della natura che filtra dalle nostre finestre, intorno alle quali ci aggiriamo più di quanto non abbiamo mai fatto in precedenza, come alla ricerca di un calore, una conferma, un ricordo di come era ieri e di come sarà domani.
Periodi difficili, momenti di smarrimento, circostanze luttuose fanno parte dell’esperienza comune ad ogni uomo e pertanto non sono da considerare di per sé come eventi patologici.
La curiosità, intesa come stato di meraviglia davanti alle cose che spinge incessantemente a volerne penetrare più a fondo lo sfuggevole significato, è un’attitudine mentale benefica per la psiche, nella misura in cui la mantiene viva proteggendola dagli agguati di ansia e depressione.
L’infanzia quasi sempre è il tempo in cui iniziano a depositarsi i germi di un malessere psichico che si svilupperà successivamente nella giovinezza e poi nell’età adulta.
L’affetto depressivo tendenzialmente mal si concilia con l’esercizio della parola, inteso quest’ultimo come possibilità di espressione ed elaborazione di questioni relative a verità soggettive. La depressione blocca la parola sia nella sua dimensione di ponte nei confronti dell’Altro, sia nella sua potenzialità dinamica di scoperta del nuovo.
Un interrogativo angoscioso che muove molte domande di aiuto nella contemporaneità ruota attorno alla questione della perdita o dell’assenza tout court della così detta “forza interiore”, da intendersi non riduttivamente nell’accezione di mera forza di volontà ma più ampiamente in quella di robusta energia vitale.
“Sono sempre stato un bighellone” mi ha detto recentemente un paziente con un certo tono di auto rimprovero durante uno dei primi incontri.
Nell’ascolto della sofferenza depressiva si possono cogliere delle sfumature specifiche che riguardano rispettivamente gli uomini e le donne.
Il paradosso dell’approccio moderno alla depressione, che la riconosce come una malattia da curare esclusivamente con i farmaci confidando nella possibilità della sua eradicazione completa, è la sua cronicizzazione.
L’esperienza dell’abbandono, anche quando vissuta da adulti, si accompagna sempre ad una quota di dolore.
C’è una differenza enorme fra la melanconia clinica e tutto ciò che definiamo genericamente come malinconia. Così come non possiamo ridurre la malinconia come stato d’animo alla depressione patologica, benché condivida con essa alcune caratteristiche.
La figura della madre morta di Andrè Green la ritroviamo in molti quadri clinici caratterizzati da un clima depressivo di superficie che sottende una ferita antica in relazione alla persona della madre.
Il lungometraggio di Robin Campillo “Centoventi battiti al minuto” , presentato a Cannes nel 2017, ci fa entrare contemporaneamente nella vita associativa di Act Up e in quella privata di una giovane coppia omosessuale facente parte del gruppo.
Molta parte dei malesseri psichici resta invisibile agli occhi di osservatori poco attenti o semplicemente impauriti da quello che potrebbero scoprire in primis in se stessi.
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