“The son”, recente film drammatico diretto da Florian Zeller, tocca un tema delicatissimo, quello del ruolo giocato dalla famiglia di origine nella determinazione e nel mantenimento del disagio psicologico adolescenziale.
L’adhd oggi è considerata come una sindrome vera e propria, cioè come una “deviazione dalla norma” dai contorni precisi e dalle possibilità di cura standardizzate.
Ultimamente nella nostra attività in studio noi psicoterapeuti stiamo rilevando un alto numero di problematiche psicologiche legate all’anaffettività, ovvero all’incapacità, più o meno marcata, di reperire in se stessi dei sentimenti di natura affettiva verso l’altro.
Alla base di molte problematiche psicologiche apparentemente incomprensibili troviamo spessissimo un problema di autostima.
La forma depressiva più comune nella contemporaneità è legata a un certo bipolarismo, che non si inquadra perfettamente nella sindrome bipolarebenché mantenga con essa un rapporto di somiglianza di fondo.
La depressione per alcuni può essere la compagna di una vita, per altri un incontro occasionale in circostanze difficili, per altri ancora uno spauracchio da evitare a tutti i costi.
Periodi difficili, momenti di smarrimento, circostanze luttuose fanno parte dell’esperienza comune ad ogni uomo e pertanto non sono da considerare di per sé come eventi patologici.
Adolescenza e gioventù quasi mai coincidono con spensieratezza e leggerezza, nonostante il senso comune possa portare a pensare il contrario.
La curiosità, intesa come stato di meraviglia davanti alle cose che spinge incessantemente a volerne penetrare più a fondo lo sfuggevole significato, è un’attitudine mentale benefica per la psiche, nella misura in cui la mantiene viva proteggendola dagli agguati di ansia e depressione.
Il rapporto con la temporalità è centrale in tutte le manifestazioni depressive, dalle più leggere a quelle di rilevanza clinica.
La perdita, di una relazione, di un lavoro, della salute, di una persona cara può sospingere verso lo sviluppo di affetti depressivi.
L’infanzia quasi sempre è il tempo in cui iniziano a depositarsi i germi di un malessere psichico che si svilupperà successivamente nella giovinezza e poi nell’età adulta.
Il termine depressione spesso viene evocato in maniera impropria, per riferirsi o a banali cadute di tono dell’umore o a stati dell’animo più complessi, che comunque restano ancora sotto l’ombrello della tristezza,di sentimenti sfumatamente luttuosi o all'insegna del tedio e dell'insoddisfazione cronica.
Uno stato latente di depressione può essere celato efficacemente da atteggiamenti e comportamenti di natura apparentemente lontana dall’affetto depressivo
L’affetto depressivo tendenzialmente mal si concilia con l’esercizio della parola, inteso quest’ultimo come possibilità di espressione ed elaborazione di questioni relative a verità soggettive. La depressione blocca la parola sia nella sua dimensione di ponte nei confronti dell’Altro, sia nella sua potenzialità dinamica di scoperta del nuovo.
Un interrogativo angoscioso che muove molte domande di aiuto nella contemporaneità ruota attorno alla questione della perdita o dell’assenza tout court della così detta “forza interiore”, da intendersi non riduttivamente nell’accezione di mera forza di volontà ma più ampiamente in quella di robusta energia vitale.
“Sono sempre stato un bighellone” mi ha detto recentemente un paziente con un certo tono di auto rimprovero durante uno dei primi incontri.
Nell’ascolto della sofferenza depressiva si possono cogliere delle sfumature specifiche che riguardano rispettivamente gli uomini e le donne.
Il prezzo da pagare dell’approccio moderno alla depressione, che la riconosce come una malattia da curare esclusivamente con i farmaci confidando nella possibilità della sua eradicazione completa, è la sua cronicizzazione.
C’è una differenza enorme fra la melanconia clinica e tutto ciò che definiamo genericamente come malinconia. Così come non possiamo ridurre la malinconia come stato d’animo alla depressione patologica, benché condivida con essa alcune caratteristiche.
“Io sono: Celine Dion” è il recente biopic uscito su Amazon Prime (diretto da Irene Taylor Brodsky), incentrato sulla “lotta” della cantante canadese “contro” la malattia neurologica rara che la affligge (la sindrome della persona rigida).
I così detti “ipersensibili”, spesso artisti o persone altamente creative, sono soggetti che vedono e sentono sfumature e sottigliezze che agli altri di norma sfuggono.
Il termine depressione maggiore viene utilizzato per indicare uno stato depressivo di rilevanza clinica, invalidante e di forte intensità, che può durare pochi giorni (configurandosi come un episodio isolato) fino a numerose settimane (stato depressivo cronico).
Quando comincia la terza età? Domanda difficile, perché oltre all’età anagrafica per stabilire il grado di “giovinezza” di un individuo è necessario tenere conto dei fattori psicologici, vero motore di vitalità al di là degli anni e delle magagne di salute.
Giacomo Leopardi, ci racconta Primo Levi nel terzo capitolo “La vergogna” dei “Sommersi e i Salvati”, in realtà, suo malgrado, era un ottimista.
Nel bell'articolo dello psichiatra Eugenio Borgna "La Stimmung malinconica e l'esperienza creativa" troviamo un'interrogazione sui rapporti che intercorrono fra malinconia e genio creativo.
La depressione, in questo momento storico più che mai, è un sintomo trasversale a molte domande di cura. Essa si accompagna spesso a problematiche nella sfera narcisistica.
Esistono forme depressive che rispondono bene ad un lavoro con la parola ed altre che restano impenetrabili a qualsiasi tentativo dialettico.