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O Dio, dacci la serenità per accettare quello che non si può cambiare, il coraggio di cambiare quello che va cambiato, e la saggezza per distinguere l'uno dall'altro.
Reinhold Niebuhr

Per quanto riguarda la psicoterapia pure non esiste uno standard adatto per tutti, la cura si calibra via via sulle risposte individuali, il tipo di risorse disponibili e che si possono mobilitare per innescare un cambiamento. Non ci sono vie prevedibili, lineari. Analogamente a quello che accade durante un viaggio, c’è spazio per la sorpresa, l’imprevisto, la tempesta, la schiarita inattesa, la scoperta di mondi nuovi.

Detto ciò possiamo isolare due vettori che orientano il trattamento del disagio. Uno più “simbolico”, legato al senso, che consiste nell’elaborazione delle questioni soggettive attraverso la parola e un altro più “supportivo”, legato maggiormente alla parte affettiva, al contenimento della vulnerabilità emotiva. Ogni psicoterapia contiene una miscela di questi due elementi, senso e affetto, elaborazione e contenimento, solitudine e presenza, astrazione e concretezza.

Di solito, quando il malessere è molto intenso, può prevalere l’asse “supportivo”, il terapeuta presta se stesso come uno strumento in grado di assorbire il dolore e di restituirlo depotenziato, trasformato, in una forma più vivibile. Generalmente, smorzatasi la fase più acuta della crisi, è possibile lavorare più sul piano dei significati, della ricerca del senso. Ancora una volta è importante la funzione del terapeuta che, ascoltando le associazioni del paziente, passa le sue parole come attraverso un setaccio, favorendo la messa in luce dei punti del suo discorso più ricchi di implicazioni. A volte, quando pensiamo in solitudine, fatichiamo ad avere una visione pienamente lucida dei problemi che ci angustiano, perché siamo troppo coinvolti e quindi di fatto non ci ascoltiamo veramente, tendiamo a non vedere significati o soluzioni alternative ma ci focalizziamo sempre sugli stessi punti.

Attraverso la parola indirizzata a qualcun altro, qualcuno di diverso rispetto ad un amico o un conoscente, qualcuno che non ha aspettative, che non giudica, che non vuole niente, si può sperimentare la libertà di dire tutto ciò che passa per la mente, senza inibizioni o tabù. Al di là degli interventi e delle interpretazioni che fornisce il terapeuta è già terapeutico in sé parlargli, perché in questo modo è possibile ascoltare con orecchie diverse ciò che noi stessi stiamo dicendo. C’è una quota di solitudine nella psicoterapia. Anche se l’altro c’è in un certo senso può capitare anche di percepire che non ci sia, che il lavoro sia più dalla parte di chi domanda che di chi ascolta. Mettendo in discussione ciò che abbiamo sempre dato per scontato riusciamo a individuare non solo le cause esterne alla base dei nostri disagi, ma anche il contributo che involontariamente vi abbiamo apportato noi.

Questa è una grandissima molla per il cambiamento, perché innesca una nuova prospettiva, si esplorano vie sconosciute , scatta una curiosità verso se stessi e il modo in cui percepiamo il mondo che restituisce un po’ di quella vitalità che avevamo perso. Ci rimettiamo in moto, ci risvegliamo, cerchiamo delle strategie per stare meglio. Chiaramente tutto ciò comporta fatica, non è facile uscire da se stessi, dalla tendenza a lamentarsi e a non vedere vie di uscita. Quando si è nella morsa del malessere non è mai semplice, magari la soluzione è più alla portata di mano di quanto non si possa vedere . Può comportare dei costi a volte alti, ma può valerne davvero la pena.

La psicoterapia aiuta a vedere come non vi siano scelte che non comportano anche dei costi, delle perdite . Spesso siamo paralizzati dalla paura e così non facciamo nulla. Ma nel non fare nulla moriamo, veniamo colti dal panico o dalla depressione. Poi un altro aspetto che si scopre attraverso un cammino di questo tipo è la differenza fondamentale fra ciò che dipende da noi, e quindi abbiamo la possibilità e la responsabilità di cambiare, e ciò che invece non dipende da noi, sul quale invece non abbiamo alcun controllo. Quest’ultima situazione è altrettanto frequente della prima ed è ancora più difficile da affrontare perché ci confronta con la nostra impotenza, con il sentimento che non vi siano vie di uscita.

Ciò che l’essere umano meno sopporta è sentirsi impotente. Eppure è qualcosa che fa parte della sua natura. Se da una parte cerchiamo sempre il senso delle cose, davanti a molti aspetti della vita (come non essere ricambiati nel nostro amore, la violenza, la morte o la malattia) siamo costretti ad arrestare . Ed una psicoterapia anche su questo difficile snodo può fare molto. Può aiutarci a trasformare una fragilità in una ricchezza, un evento invalidante in un’occasione di crescita personale, un lutto in una nuova consapevolezza, una sconfitta nella visione della vera meta verso cui aspiriamo.