L’uomo e l’amore
Amare per l’uomo non è più “difficile” di quanto lo sia per la donna. Erroneamente si pensa che gli uomini siano affettivamente più freddi, ma ciò non corrisponde al vero, è uno stereotipo culturale.
Le donne mediamente sono più empatiche, non più amorevoli. Sono maggiormente in grado di leggere l’altro, capirne i movimenti interiori, i bisogni e le aspettative. Ma ciò non corrisponde ad una capacità affettiva “superiore”.
Intreccio d’amore e desiderio
L’uomo quindi non soffre di una costituzionale “incapacità d’amare” in senso altruistico.
Esistono sicuramente casi di freddezza emotiva patologica, di egoismo narcisistico, ma si tratta appunto di patologie della personalità, non di tipicità di genere (anche le donne possono soffrire di disturbi simili)
La peculiare complessità della vita amorosa maschile si situa ad un altro livello. È l’intreccio dell’amore (inteso come cura, come attaccamento emotivo, come voler bene) con il desiderio sessuale (distinto dalla sessualità meccanica e “idraulica” tipica dell’uomo) a risultare problematico.
Anche la donna vive una difficoltà nell’intreccio di amore e desiderio, ma in modo diverso.
L’uomo può amare serenamente una donna con la quale “funziona” sul piano sessuale. E tuttavia può più o meno segretamente continuare a essere troppo sensibile al fascino delle altre, a essere ossessionato da fantasie di tradimento senza capirne il perché (vergognandosene e provando sensi di colpa).
La donna invece se ama e “funziona” sessualmente difficilmente resta incantata da altri, nella misura in cui quando “funziona” bene a letto è “presa” dal desiderio vero.
Il desiderio vero
Il desiderio “vero” infatti non è posseduto ma possiede l’essere umano, uomo o donna che sia, gli leva le certezze, gli distrugge l’Io, fa perdere il controllo, scioglie i confini così da promuovere un perdersi nell’altro.
Il desiderio vero è potente, angosciante, doloroso, agisce contro la volontà, distrugge tutto ma nello stesso tempo fa rinascere, vivifica, esalta.
È un incontro: inaspettato, non cercato, non previsto. A volte inopportuno, scandaloso, inappropriato rispetto agli standard dell’Io, del buon senso e del comodo vivere.
La donna, se percepisce un segno d’amore nell’uomo (ovvero un interesse verso la sua persona) si abbandona totalmente al desiderio, affronta la paura e si butta.
La sua natura ricettiva e aperta all’incontro la facilita nell’accogliere l’esperienza disarmante del desiderio. Ma senza una condizione, ovvero la presenza di uno sguardo maschile che la abbraccia amorevolmente, è più difficile che si lasci andare, temendo di essere vista solo come un oggetto/corpo sessuale di cui godere.
L’uomo invece, orientato da una sessualità “predatoria”, meccanica, “idraulica”, che psicologicamente non mina ma anzi rinforza il suo ego, si trova in difficoltà con l’esperienza del desiderio vero. Il desiderio infatti lo “castra”, lo disarma, lo rende vulnerabile.
Così tendenzialmente il maschile fugge dall’incontro di desiderio con la donna che lo prende “di testa”, preferendo colei che naturalmente piace fisicamente ma non turba, non confonde, non fa impazzire. Tipicamente sdoppia il suo oggetto, idealizzando la donna amata e degradando tutte le altre al rango di oggetti.
Alla sua donna, così elevata, egli può dare tutto se stesso nell’amore; è appagato, è sereno. Tuttavia le sue attenzioni verso le altre non diminuiscono. E ciò è dato dal fatto che le donne belle, le donne oggetto per lui sono tutte uguali. Alla sua partner è legato affettivamente, dunque non la tradisce perché si trattiene. Non tradisce per rispetto, non perché non ci pensi minimamente.
Non tradire perché ci si trattiene è il segno rivelatore più preciso che segnala l’assenza di desiderio.
Se c’è desiderio il tradimento non è nemmeno ipotizzabile, l’uomo che desidera davvero la sua donna è perso in lei, non può vedere altro, è letteralmente “castrato” nella sua sessualità fallica.
Nel desiderio l’uomo scopre una sessualità non meccanica, che coinvolge tutto il suo corpo, la sua mente, la sua stessa anima. Il piacere non resta ancorato al sesso e alle zone erogene ma lo raggiunge ovunque, e non è nemmeno più piacere, si chiama estasi. Terminato l’atto sessuale non c’è appagamento pulsionale e disinteresse verso l’oggetto di cui si è goduto, ma resta la sensazione struggente di mancanza, di separatezza nonostante la fusione.
Può andare bene, e allora il desiderio coincide anche con un incontro d’amore.
Ma può andare male. Uomini feriti nel loro passato possono evitare come la peste lo stato desiderante, associandolo alle peggiori sofferenze. Meglio un sentimento tiepido, rassicurante rispetto ai picchi imprevedibili della passione.
Un’analisi può permettere di fare chiarezza all’uomo confuso rispetto a ciò che vuole davvero, soprattutto quando si accorge di amare la compagna ma di nutrire un’insoddisfazione a cui non sa dare un nome e una spiegazione.
Tuttavia il genere maschile è meno pronto ad interrogarsi riguardo ai temi del cuore. Se si sta bene perché ci si dovrebbe preoccupare?
In genere la crisi è scatenata da un incontro di desiderio, che sconvolge il tran tran. Ma essa può non essere affrontata, perché l’uomo è stato educato a “gestire”, a “risolvere” razionalmente un problema piuttosto che ad “andare al fondo” di se stesso.
Si spiegano così le fughe, i dubbi e i comportamenti contraddittori degli uomini, divisi non fra ragione e sentimento (come recitano alcuni film e romanzi), ma fra bisogno di controllo e attrazione verso territori sconosciuti.