Come difendersi dai manipolatori
Purtroppo viviamo in una società in cui la manipolazione a livello interpersonale è un atteggiamento diffusissimo, così pervasivo da passare inavvertito alle coscienze meno attente.
Come ogni malcostume che si radica a livello di massa, anche la manipolazione ha acquistato un aspetto di desiderabilità sociale. Essa non solo non è rilevata e messa criticamente in discussione nelle relazioni sociali o di lavoro, ma in certi contesti viene perfino assunta come modalità standard di interagire con l’altro. Gli esseri umani “meno pensanti” infatti procedono per imitazione, assorbendo i comportamenti così detti “vincenti” senza passarli al vaglio della ragione.
Gli effetti del dilagare di tale approccio sono nefasti, sia a livello della qualità delle relazioni (svuotate di spontaneità e del rispetto del libero pensare/volere altrui) che sul piano quantitativo della produttività di valore (spegnimento della cooperazione e della creatività nei gruppi con conseguente appiattimento delle performance).
La risultante è un imbarbarimento nella sfera intima e sociale: senso di incomunicabilità e di oppressione si accompagna a pressappochismo e superficialità. La frustrazione in campo privato ha come rovescio la pigrizia sociale.
L’identikit del manipolatore
In cosa consiste nel dettaglio l’atteggiamento manipolatorio, alla fin fine deleterio per lo sviluppo personale e collettivo?
Si ha manipolazione ogni volta che ci si rivolge all’altro con il fine di indurlo a pensare ed agire in una certa maniera, indebolendone le facoltà critiche. Lo scopo è la ricerca del potere per il potere, con tutte le ricadute negative già citate.
Essa può tradursi in comportamenti espliciti accompagnati da precise verbalizzazioni/ingiunzioni/allusioni oppure avvenire in maniera nascosta, attraverso atteggiamenti non verbali (seduzione, noncuranza, alternanza delle due modalità)
La teoria sottesa all’atteggiamento manipolatorio è che l’altro sia una specie di oggetto/bambola di pezza, non in grado di pensare e di rilevare il gioco.
Il manipolatore può essere dotato di intelligenza oppure rivelarsene del tutto privo. Il primo è più pericoloso, mentre il secondo più che altro fa cascare le braccia ed è facilmente neutralizzabile.
Colui che maneggia la mente degli altri in maniera intelligente infatti se ne assicura preliminarmente l’inermità. Sa che il gioco funziona solo se il suo “obiettivo” è condizionabile come un oggetto, è cioè in una condizione di autentica soggezione e passività.
Dunque egli prima di agire studia la vittima e ne coglie le fragilità, i punti deboli, gli angoli ciechi della personalità. Solo una volta messo a fuoco tutto ciò inizia a esercitare le sue pressioni, sapendo bene dove andare a parare.
Inoltre non entra in azione fino a che non è certo di essersi assicurato la fiducia del suo bersaglio. Per questo affonda il colpo solo dopo un periodo di seduzione di cui ha raccolto evidenti frutti (la fascinazione della vittima deve essere evidente)
Il suo lavoro riesce e dà frutti solo finché l’altro è addormentato nella sua ingenuità, benevolenza o infatuazione. La ripresa della lucidità può avvenire dopo che ormai il danno è fatto, e gli esiti possono essere molto dolorosi. Riprendere coscienza nondimeno si rivela l’unica via di uscita per la vittima, l’unico modo per interrompere i circoli viziosi distruttivi.
Il manipolatore di basso profilo invece tende a sparare alla cieca, a utilizzare in maniera seriale dei copioni, venendo facilmente identificato.
Questa tipologia è perlopiù fastidiosa, e ha un suo potenziale nocivo nella misura in cui è inserita in un sistema di alleanze. Anche i non dotati ahimè, quando si associano, possono arrecare molti danni.
Chi subisce pressioni di questo tipo si rammarica di aver perso tempo, ma non soffre acutamente come nel caso in cui il mal intenzionato ha fatto centro nel cuore della propria vulnerabilità.
Come difendersi dalle manipolazioni
Difendersi non è semplice, soprattutto se affetti potenti obnubilano la capacità di giudizio.
Quando si ha il sospetto di essere in balia o semplicemente circondati da persone tossiche è bene non mettere la testa sotto la sabbia ma prendere seriamente in considerazione il proprio sospetto.
Spesso le persone si colpevolizzano, pensando di essere preda di paranoie (l’auto colpevolizzazione è anche incentivata e rafforzata dal manipolatore stesso).
Una buona abitudine è quella di esercitarsi a distinguere quelli che sono i propri fantasmi personali (che inquinano la percezione in senso più o meno velatamente persecutorio) dalla realtà nuda e cruda.
Vedere la realtà delle persone e delle dinamiche relazionali senza i veli distorcenti della paura, dell’affetto e del desiderio può risultare complesso.
Un aiuto specialistico può fare molto in tal senso, non perché vada direttamente a caccia di streghe ma perché, aiutando a mettere in luce aspetti non coscienti di sè, riesce ad aumentare un senso generale di lucidità e fiducia nelle proprie facoltà mentali.
Il vero antidoto alla manipolazione non è la sospettosità dalle tinte paranoidee, spesso attributo tipico del manipolatore in persona, ma il saldo ancoraggio a se stessi (che permette accoglienza dell’altro e al tempo stesso capacità di giudizio indipendente).
Non si tratta di rinunciare a un atteggiamento fiducioso e spontaneo, per cadere nel baratro del cinismo.
La terapia psicologica rafforza la consapevolezza, rende più forti, ma essa non azzera la leggerezza, anzi. Se accade questo qualcosa proprio non va, forse si è finiti nelle mani di un manipolatore!
Un buon parametro per valutare la qualità del proprio percorso psicoterapeutico è a questo livello: sto imparando a vivere meglio, a scegliere ciò che mi fa stare bene, a vivere relazioni autentiche nel rispetto della mia sensibilità? Mi sento appoggiato, sostenuto, i commenti che mi vengono rivolti per farmi vedere qualcosa di me che non riesco a mettere a fuoco da solo sono espressi con rispetto, con garbo e con il dovuto beneficio del dubbio?
Purtroppo anche l’ambito della cura può essere inopportunamente infestato da manipolatori narcisisti.
Non smettere di pensare con la propria testa, qualsiasi siano le difficoltà emotive e i pesi da portare, resta sempre la migliore opzione in tutte le circostanze.