Skip to main content

Culto dell’immagine e salutismo: come uscirne?

Le ricadute sullla psiche della moda del salutismo 

Il mito contemporaneo dell’immagine e della giovinezza a tutti i costi induce al consumo e influenza un po' tutti, soprattutto le personalità fragili. L’acquisto compulsivo di vestiti, accessori, prodotti di bellezza e trattamenti estetici (spesso dannosi e deformanti) è infatti la risposta tipica della personalità narcisisticamente vulnerabile alla pressione sociale. Il malessere psicologico viene così amplificato anzichè trattato, con un effetto infantilizzante e deprimente osservabile più o meno in tutte le fasce di età. Il recupero della dimensione interiore e di un concetto di bellezza non stereotipato sono gli antidoti per ritrovare serenità e misura, opponendo resistenza a questo tipo di omologazione disumanizzante. 

L’impatto sulla psiche del salutismo: conformismo, regressione e depressione 

Ultimamente all’ideale diffuso della bellezza/magrezza si è aggiunto anche quello della salute, per cui diete, digiuni, “super food”, programmi di fitness illudono col miraggio di uno stato di “benessere” illimitato negli anni.

L’impatto di questo bombardamento mediatico, la cui diffusione passa soprattutto attraverso i canali social, si fa sentire sui giovani e meno giovani.

I giovani, ancora privi di esperienza di vita e quindi più suggestionabili, si conformano alla moda al punto da perdere ogni originalità in un conformismo di atteggiamenti e fattezze agghiacciante.

Non è raro vedere ragazze bellissime rovinare il loro “divino dettaglio” (la delicatezza di un tratto unico e irripetibile) con ritocchini vari. Ad esempio labbra e zigomi pompati, molto in voga grazie alle famigerate “influencer”,  fanno sembrare tutte desolantemente uguali, e per di più di plastica. La bellezza, così pertinacemente inseguita, si rovescia nel suo contrario, una versione stereotipata e grottesca. Le tanto temute rughe, prevenute dal ricorso massiccio al botox, lasciano il campo a visi immobili e privi di tracce di vissuto.

Le donne indubbiamente sono le più esposte, per il rapporto più stretto che la femminilità intrattiene con lo specchio. Lo sguardo dell’altro (essere desiderabili e desiderate) infatti influenza costitutivamente l’essere femminile.  Se al fondo della psiche si annidano delle fragilità è facile che esse vengano espresse attraverso l’insoddisfazione nei confronti della propria immagine, con la relativa ricerca ossessiva di un modello di perfezione irraggiungibile.

Non mancano tuttavia casi di ragazzi e addirittura di uomini in là con gli anni dipendenti dalle mode, dalle diete e dalla palestra. Anche fra gli uomini oggi la bellezza esteriore è diventata un valore,  spesso a discapito della virilità nel senso più profondo del termine (virilità intesa non come potenza sessuale ma come forza d’animo).

Le giovanissime e le donne mature sono comunque le categorie più a rischio, anche  per via dell’instabilità dell’immagine che caratterizza le fasi di mutamento corporeo. Molte donne, dopo i 40/50, diventano schiave dello specchio e del “ritocco”, perdendo via via espressività, originalità e dunque bellezza vera (quella fatta anche di luce interiore e non di fredda perfezione plastica).

Anche sul piano psichico la rincorsa ansiosa della giovinezza (quando ormai è al tramonto) ha delle conseguenze preoccupanti. 

 La regressione verso atteggiamenti adolescenziali, di per sè innocua, rischia di far perdere coscienza di sè, di chi si è e di qual è il proprio posto nel mondo, esponendo a umiliazioni dolorose e a inutili sofferenze. Il “giovanilismo” ben diverso dal corpo e dallo spirito che si conservano giovanili, coincide con la negazione della perdita della gioventù, dunque sfocia nel ridicolo.

La depressione si accompagna invariabilmente a questa condizione: l’insoddisfazione di sè infatti non si cancella rimuovendo direttamente gli anni dalla propria faccia, anzi, così cresce esponenzialmente, in un circolo vizioso di condotte distorte.

Le relazioni umane si impoveriscono e si caricano di aggressività, perché dominate dall’Io, “Io“ che anziché aprirsi con curiosità autentica alla comunicazione e allo scambio con l’altro si “paragona” come una merce fra merci, si colloca cioè in uno stato disumanizzante  di perenne concorrenza competitiva.

Come ritrovare la  serenità e la giusta misura

Chi si accorge di essere troppo sensibile al tema della bellezza, al punto da rifiutare l’immagine di sè, potrebbe cominciare a chiedersi quale punto debole in termini di sicurezze interiori l’immagine si sia incaricata di rammendare.

I tormenti interiori più profondi possono così emergere e diventare il vero campo su cui lavorare, senza per questo trascurare la cura di sè.

Tenere all’immagine non è assolutamente sbagliato, anzi, dedicarsi a uno sport che piace, tenersi in ordine, mettersi una crema idratante o profumata sono attività rilassanti e che esprimono un amore per sè.

Ma l’amore di sè è tale se coincide con l’accettazione, l’accoglienza gentile del proprio difetto, dei segni del tempo, che indicano chiaramente chi siamo e a che punto ci troviamo nel nostro cammino esistenziale.

Inoltre il nostro essere non coincide tout court con il nostro corpo. Possono passare gli anni, possono venire le rughe e gli acciacchi ma lo spirito può tranquillamente conservare la freschezza e l’energia della gioventù.

L’abbruttimento psichico, lo scontento, l’abulia, il cinismo non derivano dal deperire e diventare vecchi. Si può essere già vecchi pur nel fiore degli anni. 

Lo scontento e la depressione sono sempre collegati al rifiuto di sè, alla non accettazione dei propri limiti, alla brama infinita di avere di più, al confronto distruttivo con gli altri, al lamento senza sosta delle occasioni mancate, a guardare indietro o avanti senza godersi mai il presente.

Imparare a stare bene significa imparare a convivere con l’imperfezione e a ringraziare per ciò che c’è, qui, ora, per ciò che di buono la vita ogni giorno ci dà anche se non si inscrive nell’olimpo dello splendore patinato (per lo più freddo e noioso…) o nella check-list dei così detti “must have”.

Disagio contemporaneo

Altri articoli di attualità

La non accettazione del limite

Che significa rifiutare i propri e altrui limiti? Da dove origina tale attitudine? E quali ricadute ha sulla vita?

Un po' tutti gli esseri umani tendono a non voler accettare la propria castrazione, ovvero la limitatezza del proprio essere e delle sue possibilità espressive e d'azione. Anche i bravissimi, i più talentuosi hanno un punto debole, una macchia cieca che offusca in parte la loro lucidità. È un dato di struttura: la perfezione assoluta non è propria dell'umano, che è tale perché è diviso, lacerato, incompleto.

Leggi l'articolo

L'incontro con lo straniero

Davanti al progressivo aumento nelle nostre città di soggetti provenienti da altri paesi assistiamo ad un parallelo incremento del sentimento dell’angoscia nei cittadini. Perché ci angosciamo? Siamo i soli a sentirci disorientati dal contatto con il diverso o accade anche allo straniero stesso di sentirsi insicuro e diffidente?

Leggi l'articolo

La sindrome di Peter Pan

La  figura di Peter Pan (un personaggio letterario, ibrido fra uccello e bambino), viene comunemente evocata per indicare l’immaturità emotiva tipica di alcuni soggetti, appartenenti  soprattutto al sesso maschile.

Leggi l'articolo

Il bullismo visto dalla compagnia teatrale Quelli di Grock. Osservazioni sullo Spettacolo “Io me ne frego”.

Biglia e Rospo sono due ragazzini molto diversi. L’uno studioso, un po’ timido, ancora acerbo nel corpo. L’altro allergico alla scuola, chiacchierone, fisicamente prestante. Stanno bene insieme, sono amici. Tra loro c’è uno scambio spontaneo e vivace, al di là delle differenze caratteriali. La presa di giro, quando c’è, è lieve, non punta a distruggere ma esprime l’attrazione di fondo per la particolarità dell’altro.

Leggi l'articolo

Chi si lamenta non vuole cambiare

Lamentarsi è un ottimo modo per non confrontarsi davvero con se stessi.

Leggi l'articolo

Rispetto e amore

Il termine rispetto viene dal latino e significa letteralmente “guardare indietro”. Il verbo “respicere” sembra alludere a qualcosa di più profondo di una semplice osservanza di una regola.

Leggi l'articolo

Il culto moderno dell'apparire

Apparire è senz'altro uno dei principali diktat moderni. L'uomo contemporaneo è cioè pesantemente incalzato, fin dai banchi di scuola, ad esibire agli occhi del suo contesto sociale di appartenenza un'immagine di forza e di successo.

Leggi l'articolo

Il valore dei "no" del padre

La più importante e strutturante forma di limite che un essere umano normalmente dovrebbe incontrare agli albori della sua esistenza è quella incarnata dalla figura paterna. Alla necessaria fusionalità con la madre sarebbe cioè auspicabile che seguisse una "castrazione simbolica" operata dal padre, il quale, riattirando su di sè il desiderio della donna, staccherebbe così il bambino da quel godimento assoluto.

Leggi l'articolo

L'essere, la mancanza e la schiavitù del possesso

L'essere umano è mancanza a essere, è cioè attraversato da una mancanza incolmabile, legata alla sua insufficienza strutturale, allo strappo patito rispetto ad un tempo mitico di pienezza. L'oggetto, insegna Freud, è da sempre perduto, può solo venir cercato all'infinito. Ogni suo ritrovamento nel reale è un inganno, un'allucinazione. La mancanza non si colma, non si può colmare, mentre la pulsione continua a spingere con forza acefala verso i suoi oggetti nonostante il niente appaia regolarmente al fondo di ogni soddisfazione puramente materiale.

Leggi l'articolo

Verso la fine dell' anno scolastico: domande e risposte

I nostri figli adolescenti stanno iniziando a mostrare segni di cedimento a scuola. Come possiamo aiutarli ad arrivare alla fine dell'anno scolastico? 

Leggi l'articolo

Il disagio della giovinezza

La giovinezza è quel lasso di tempo nella vita di una persona che segue l'adolescenza e prelude all'età adulta. È di durata variabile, generalmente si situa fra i venti ed i trent'anni circa. A differenza dell'adolescenza, connotata per lo più dalla ribellione e dalla spinta violenta alla differenziazione dal contesto di origine, implica la ricerca di una dimensione personale che non sia però più in opposizione netta all'Altro, ma a cui sia permesso un inserimento e una possibilità di realizzazione concreta nella societá.

Leggi l'articolo

Elogio del vuoto

Spesso siamo portati a credere che il valore del tempo risieda nella quantità di cui ne possiamo disporre per fare delle cose. Ci lamentiamo continuamente di non averne abbastanza, nella misura in cui ci percepiamo incalzati dalla necessità del far fronte a mille impegni da cui davvero non possiamo esimerci.

Leggi l'articolo