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Il trauma

La percezione di essere sopraffatti da qualcosa che non possiamo controllare: la violenza, la pulsione sessuale, l’invidia, il rifiuto, l’abbandono, la malattia, l’avvicinarsi della morte. Jacques Lacan chiamava tutto ciò con il termine “reale”. E’ infatti “reale” non la realtà che tutti conosciamo e che troviamo rassicurante nella nostra routine quotidiana, ma ciò che sfugge ai binari consueti e prevedibili dei nostri automatismi.

Ora, se tutti quanti siamo esposti al “reale”, quando è che ci ammaliamo? Ci capita di stare davvero male quando non riusciamo a padroneggiare in modo equilibrato la potenza delle emozioni negative che si abbattono su di noi. Quando cioè o ne veniamo completamente travolti, o cerchiamo di negarla attraverso rigidi meccanismi di difesa. In entrambe le situazioni il malessere che ci avvolge è la conseguenza del non essere riusciti a venire a patti con quanto è successo. Per un eccesso di debolezza o di controllo. Come un giunco che viene strappato dalla forza delle acque o una diga che sembra tenere ma che snatura la bellezza del paesaggio naturale.

Come si affronta un trauma? Come si fa a depotenziarne gli effetti? Non c’è una risposta valida per tutti. Aiuta senz’altro poterne parlare. Attraverso una parola indirizzata ad un altro essere umano possiamo tentare l’impresa coraggiosa di dare un senso all’insensatezza. Parlando ciò che ci è accaduto ritorna, trova un posto. Ma è meno pericoloso, perché non siamo da soli davanti a lui. Qualcuno ci aiuta a guardarlo in faccia. Ad averne meno paura. Diventa allora possibile lasciare fluire le emozioni negative dentro noi stessi, dare loro spazio, voce. Senza però esserne devastati, schiavizzati, controllati.

 

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