Isteria: tra discorso comune e psicoanalisi
Ne esce il ritratto di una persona tendenzialmente capricciosa, poco accomodante, egocentrica ed esibizionista. Di solito di sesso femminile.
Ma è proprio questa l’isteria per la psicoanalisi? Le descrizioni citate colgono qualcosa della questione, ma solo una parte. Quella cioè legata alla teatralità e all’esibizionismo, una modalità tipicamente isterica di attirare su di sé l’attenzione, connotata da un certo vittimismo da melodramma.
Tuttavia l’isteria è molto di più di un semplice accesso emotivo. Sigmund Freud la considerava una “nevrosi”, cioè una struttura psichica dominata dal meccanismo della rimozione di pulsioni inaccettabili per la coscienza, di natura per lo più sessuale. Ciò dava luogo a dei sintomi centrati sul corpo, quali tremori, paralisi, blocchi, dolori vari (le famose conversioni somatiche), risultanti dal ritorno del rimosso. La pulsione trovava così una via sostitutiva di appagamento.
Il legame isteria – sessualità non è una scoperta freudiana: ne parlava già Ippocrate, persuaso del fatto che l’isteria fosse una malattia legata alla mancata purificazione dell’utero da parte del coito e della procreazione. Questi riconosceva nell’isteria aspetti somatici (paralisi, tremori, crisi epilettiche, febbri) e psichici (ansia, crisi di panico, depressione).
Se nel corso del tempo tale concezione viene sostanzialmente condivisa ed assume pure delle connotazioni denigratorie nei confronti delle donne isteriche, considerate moralmente deboli e simulatrici, Freud sarà sempre critico verso la demonizzazione della donna, interessato piuttosto a un’indagine di tipo scientifico basata su osservazioni lucide e scevre da pregiudizi.
Si deve a Jacques Lacan la valorizzazione del concetto freudiano per cui l’isteria, in quanto nevrosi ingenerata dalla rimozione, comporta una divisione del soggetto. Chi ne soffre è impigliato nel dilemma del “vorrei ma non posso”. Vive la dimensione del desiderio ma fatica a realizzarlo, le sue energie vitali finiscono con l’esaurirsi nel sentimento di una generale insoddisfazione.
Questo appare dunque il cuore dell’isteria. La centralità del desiderio e la sua fatale insoddisfazione. Certo, ci sono i comportamenti esibizionistici, ma anche loro si spiegano in quest’ottica. Il soggetto isterico, di cui ormai è chiara la prevalenza fra il sesso femminile, si nutre di desiderio. E’ così spalancato verso l’altro, come una bocca aperta. Si industria allora per suscitare il desiderio dell’altro, per catturarlo. Salvo poi, quando ci riesce, darsela a gambe. Continuando ad usare l’insoddisfazione come meccanismo principe per mantenere la dimensione aperta del desiderio.
La cura dell’isteria, oggi ancora ben diffusa nonostante siano cambiate le sue modalità di manifestazione, costituisce un’altra importante sfida per uno psicologo a Milano.
Riesce se il soggetto incontra tutto questo. Realizzando come sia possibile soddisfare un desiderio senza per questo appassire.