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L'ossessivo e il suo desiderio impossibile

I fenomeni più classici sono: pensieri e azioni di natura compulsiva, inibizione, incapacità di scelta, ruminazione mentale, eccessiva attenzione per l’ordine, la pulizia e l’accumulazione di danaro.

Salta subito all’occhio come la sofferenza sintomatica tenda a concentrarsi nell’ambito dell’attività di pensiero: dubbiosità, difficoltà cronica nel prendere decisioni, pensieri ego distonici che irrompono non voluti nello psichismo, inibizione riflettono tutti il fallimento di una tendenza marcata al controllo sulle pulsioni e in generale su ciò che strutturalmente risulta imprevedibile, sfuggente alla presa della ragione.

Perché l’ossessivo ha così bisogno di esercitare un controllo su tutto, su se stesso e sugli altri? Da dove deriva questa necessità, che lo può spingere fino alla desertificazione della propria e altrui vita?

La psicoanalisi fornisce una spiegazione molto interessante, a partire dalla frequenza con cui si ritrova nelle storie di questi soggetti una specifica posizione infantile.

Il bambino futuro ossessivo spesso è il “gioiello” preferito della mamma, vive cioè in relazione a lei un amore infantile molto intenso, di natura esclusiva, appagante e rassicurante. L’intervento del padre, che ad un certo punto separa la coppia madre figlio, viene vissuto in maniera traumatica: il bambino si ritrova scacciato dalla sua posizione di privilegio.

E’ a questo livello che è da ricercare l’amore dell’ossessivo per il controllo, l’ordine e la disciplina. Per far fronte alla caduta mette in campo le prime difese ossessive. Investe affettivamente la Legge come strumento che gli può offrire un riparo, un surrogato della garanzia perduta in relazione al rapporto con la madre. L’amore per la legge, che va di pari passo con l’amore per il padre, viene così usato difensivamente nei confronti di ciò che risulta imprevedibile.

La situazione però è ancor più complessa, perché l’ossessivo non nutre solo amore verso il padre e la morale. Nel suo inconscio continua ad odiarli, per essere stati i responsabili della rottura dell’idillio con la madre. Questo fenomeno rappresenta la famosa ambivalenza dell'ossessivo. Da una parte egli ama, ubbidisce, è servile, risponde a tutte le richieste che gli vengono fatte, anche quelle che a lui non vanno a genio. Così fa esistere la legge, la giustizia, un principio ultimo che faccia da garante.

Rinunciando alle sue passioni e ai suoi desideri per assecondare la volontà altrui, finisce con il rendere il suo desiderio semplicemente impossibile. Ecco perché dall'altra parte nutre un odio feroce inconscio verso le restrizioni autoimposte e si concede dei piaceri di contrabbando, frodando proprio quella legge che tanto ama.

Spesso è proprio nelle relazioni sentimentali con le donne che l’ossessivo mostra tutta la sua ambivalenza affettiva. L’amore si accompagna sempre a dell’odio verso la sua partner, colpevole di aver destabilizzato con il desiderio provocato in lui l’ordine e l’amministrazione della sua vita. Allora possiamo vedere come questa tipologia d’uomo tenda ad essere sadico nei confronti dell’oggetto d’amore, finendo frequentemente con il distruggerne il desiderio e la vitalità. Se poi la donna lo lascia possono comparire sensi di colpa e tentativi disperati per recuperare il rapporto. Destinati però a non durare, se non avviene contestualmente una presa di coscienza delle dinamiche inconsce retrostanti. La donna amata finisce per essere desessualizzata, il desiderio non può avere spazio in un rapporto ufficiale. Può solo sopravvivere fuori legge, con l'amante.

La tendenza a procrastinare, il dubbio, l’incapacità di scelta assumono alla luce della spiegazione psicoanalitica una chiarezza illuminante. L’ossessivo non sa decidersi perché scegliere comporta un salto nel vuoto, non garantito da nessuna legge e da nessuna razionalizzazione. E lui vuole certezze, teme la contingenza della vita, teme il desiderio.

Le mille elucubrazioni mentali non portano da nessuna parte, paralizzano soltanto. Perché decidere vuole dire esporsi a un fatto inaggirabile della vita: di nessuna strada intrapresa si può avere a priori una garanzia di successo. Ogni volta che andiamo dietro ad una passione, a qualcosa che desideriamo profondamente non possiamo mai essere sicuri con la ragione che sia la cosa in assoluto giusta e destinata a durare in eterno.

Anteporre il bisogno di certezza alla realizzazione di aspirazioni e desideri condanna fatalmente alla sterilizzazione della vita. All’edificazione di barriere protettive che via via si moltiplicano, imprigionando in una fortezza.

Esemplificativo al massimo a tal proposito è il racconto di Franz Kafka “La tana”, in cui il personaggio, per ripararsi dal mondo esterno pieno di pericoli, si scava una tana estremamente ingegnosa nel suo impianto, confortevole e piena di ogni bene materiale. Fino a che un fischio di cui il protagonista non capisce l’origine, si insinua nel silenzio mortale del suo rifugio e cresce via via di intensità.

Fischio che si può paragonare all’irruzione di qualcosa dell’ordine del desiderio. Spesso vera causa della richiesta di aiuto da parte dei soggetti ossessivi. Domandano ad uno psicoterapeuta proprio quando qualcosa irrompe nell’ordine amministrato della loro vita. Un cambiamento di lavoro, una rottura sentimentale. E si chiedono finalmente chi sono e cosa vogliono veramente.

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