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Il gruppo e la sua fondazione

Nel capitolo “La fondazione del piccolo gruppo anoressico-bulimico: identificazione, pulsione e angoscia” tratto da “L’omogeneo e il suo rovescio” Massimo Recalcati ci spiega con la consueta chiarezza il legame tra fondazione di un gruppo e sua efficacia terapeutica.

Il discorso fa parte del lavoro più ampio sulla terapia del così detto “gruppo mono sintomatico” anoressico- bulimico, ma può essere letto a prescindere dalla clinica dell’anoressia, nella misura in cui prende in esame alcune caratteristiche proprie del funzionamento gruppale tout court. Guidato dalle teorie freudiane e bioniane, nonché ricco di riferimenti ad autori quali Anzieu, Neri, Corrao ecc..., esso tenta di coniugare la letteratura scientifica in materia di gruppi con l’insegnamento e il linguaggio di Lacan.

Gruppo “non gruppo” o gruppo “soggetto”

Qualsiasi gruppo, per essere tale, necessita di un tempo logico di fondazione. Non basta che delle persone si riuniscano per fare delle cose o più semplicemente per parlare (come nel caso del gruppo terapeutico) perché si possa parlare di gruppo. Il puro riunirsi non garantisce cioè l’esistenza del gruppo come entità a se stante, che supera le sue parti, dotata di coesione, di una propria particolarità e di memoria storica.

Esistono dunque “gruppi non gruppi”, caratterizzati da frammentazione e funzionamento anonimo oppure eccessivamente cristallizzati sull’identificazione al simile, e gruppi veri e propri, in cui il gruppo si delinea come un “campo” prima inesistente, un vero e proprio soggetto nuovo (o, cambiando il punto di vista, nuovo oggetto d’investimento libidico da parte dei singoli).

È il gruppo in quanto nuovo soggetto ad avere delle potenzialità terapeutiche, da qui l’importanza del tempo della sua fondazione; maggiore sarà l’articolazione del processo di fondazione, maggiore ne sarà l’efficacia terapeutica.

La fondazione del gruppo come soggetto

La fondazione di un gruppo (terapeutico) non si dà mai soltanto in un singolo istante, ma a più riprese, secondo un movimento spiraliforme che caratterizza anche il processo insito in un’analisi individuale.

La tessitura del gruppo come nuovo soggetto secondo Recalcati è l’esito di quello che Lacan definisce come “tempo per comprendere”.

Infatti in un primo tempo (logico, non necessariamente cronologico) nel gruppo non ancora gruppo si presentano delle dinamiche di natura immaginaria frutto dell’identificazione al simile (simpatia-antipatia, idealizzazione-rifiuto, rivalità, inibizione ecc...).

A questo livello siamo nel territorio del “gruppo visibile”, della concretezza, dell’evidenza di ciò che accade fra i membri. È anche il tempo del “sacco scucito nel suo fondo”: ciò che vi si mette dentro esce subito senza lasciare sedimenti, perché è esclusa la dimensione storico simbolica del “gruppo invisibile”.

Proprio perché la fondazione del gruppo implica un nuovo soggetto, il gruppo, bisogna che sia rintracciabile una dimensione che, benché invisibile, sia però potente e in grado di scardinare la predominanza della dimensione identificatoria e proiettiva con il simile, mai però del tutto eradicabile ed essa stessa non priva di potenzialità.

Questo è il livello del “tempo per comprendere”, il momento in cui emerge la dimensione inconscia, dell’Altro invisibile, dell’Altro simbolico.

In altri termini é il tempo della differenza soggettiva, dell’enigmaticità propria e altrui (non ricomponibile nell’unità immaginaria dato che non sappiamo mai cosa vuole e cosa desidera l’Altro) che viene riconosciuta, messa in valore e accolta tramite l’interpretazione (da parte del terapeuta o, meglio, da parte del gruppo stesso).

Quest’ultima apre la via alla storicizzazione, alla memoria di gruppo (che a sua volta permette l’accesso a quella individuale). Il gruppo come soggetto si costituisce a partire da un autentico incontro con l’Altro e ciò funge da porta d’accesso alla propria soggettività, al proprio Altro.

Simbolizzazione dell’immaginario

L’esistenza del gruppo invisibile permette allora la così detta “simbolizzazione dell’immaginario”, processo attivo in ogni analisi individuale.

L’identificazione al simile dunque non resta impantanata in una reciprocità inconcludente, ma può dar luogo ad un altro tipo di identificazione, un’ “identificazione per analogia” (termine coniato da Lemoine).

Essa, diversamente dalla prima, consente ad un soggetto (grazie alla mediazione resa possibile dall’altro visibile, in carne ed ossa) di riconoscere un aspetto del proprio essere pulsionale che stride con l’immagine ideale che ha di se stesso. Un vero e proprio incontro con l’Altro, che buca la simmetria speculare.

Ad esempio il soggetto x, anziché persistere nella sua antipatia verso certi atteggiamenti di y che lo porterebbero solo verso acting out evacuativi (chiusure, rigidità, atteggiamenti espulsivi) , potrà riconoscere in essi qualcosa di sè, qualcosa che non vuole vedere e accettare di se stesso, qualcosa del suo Altro. E così accadrà anche nella mente del soggetto a, b, c ecc...

In questo modo il singolo avrà beneficiato del gruppo per portare su un piano simbolico un elemento proiettivo-immaginario, contribuendo alla crescita come nuovo soggetto sia del gruppo, (in quanto entità che sente e risponde collettivamente alle questioni di apparente appannaggio del singolo), che di se se stesso (in quanto essere in grado di integrare parti scabrose ed in ombra di sé).

I risultati, a livello della possibilità di incontro sorprendente con il proprio Altro inconoscibile, sono allora paragonabili a quelli di una terapia individuale, sebbene lo strumento sia diverso. A patto che si costituisca il gruppo come soggetto, e che il lavoro non collassi sulla mera dinamica immaginaria. Una sorta di preliminare rettifica nel gruppo, in cui ciascuno reperisce la propria parte nel malessere dell’altro.

 

Psicoanalisi di gruppo