Psicoanalisi della risposta e psicoanalisi interrogante
In “Che cosa chiede Edipo alla Sfinge”, testo contenuto nella raccolta “Il bambino dalle uova d’oro” e redatto agli albori degli anni settanta, Elvio Fachinelli interroga con preveggenza il fenomeno della “psicoanalisi della risposta”, intuendone l’ineluttabilità del declino e auspicandosi l’avvento di una “psicoanalisi interrogante”.
L’Edipo e la Sfinge
La metafora che propone è quella dell’incontro fra Edipo e la Sfinge, intendendo per Edipo un soggetto inconsapevolmente in cammino verso il proprio destino (come ogni essere umano) e la Sfinge come incarnazione della funzione dell’analista.
Come si sa, nel mito ad Edipo viene sbarrata la strada verso Tebe da una Sfinge, un’ambigua creatura dal corpo di leone e la testa di donna, che lo mette di fronte ad un interrogativo che di fatto riguarda il suo statuto esistenziale di uomo.
La domanda << qual é l’animale che al mattino si muove su quattro gambe, al mezzogiorno con due e al tramonto con tre>> a cui egli risponde correttamente (menzionando l’uomo), sottende infatti una consapevolezza da parte di Edipo del suo destino di individuo mortale.
Attraverso l’interrogativo della Sfinge si sviluppa dunque un atteggiamento meditativo, che porta ad una conquista, ovvero la decifrazione dell’umano. Cosa che rimanda al senso del lavoro analitico. Le risposte sono prodotte dal soggetto, (non dall’analista), è lui il vero detentore della verità.
Psicoanalisi della risposta
Fachinelli nota però come la psicoanalisi sia andata incontro negli anni ad un progressivo allontanamento dalla figura della Sfinge leonina che Edipo incontra sulla via di Tebe, l’immagine di quest’ultima degradata piuttosto a quella di macchietta di colui “che ti aspetta al varco”, immobile, impenetrabile, parco di parole.
Se, una volta, con Freud (e alcuni altri) la psicoanalisi aveva veramente posto all’uomo delle domande, delle domande essenziali, al momento in cui lo psicoanalista scrive (precisamente nel ‘69) essa dà quasi esclusivamente delle risposte. Essa è diventata, a causa del suo stesso isolamento rispetto all’esterno, una sorta di “nebulosa” in continua espansione, sollecitata a fornire risposte psicologizzanti, a razionalizzare le irrazionalità, a prevenire le difficoltà, a tamponare i conflitti.
La psicoanalisi negli anni settanta è dunque una sorta di depositaria di un sapere verità: entra nelle università (“nelle fortezze ufficiali del sapere”) secondo schemi di indottrinamento psicoanalitico , viene consultata nell’ambito del controllo della devianza ecc...Una sorta di super-pedagogia, super-psichiatria, super-criminologia asservita al vigente progetto tecnocratico di sorveglianza, controllo e direzione di individui e organizzazioni.
Crisi della psicoanalisi al potere
Ora, ed è questo il punto visionario dell’analisi di Fachinelli, è proprio tale dimensione pedagogizzante e correttiva a decretare la crisi della psicoanalisi (e, diremmo noi oggi, il suo successivo declino negli anni novanta e duemila a cui abbiamo assistito nella contemporaneità).
La “psicoanalisi al potere”, in uno scenario di contestazione e dissidenza come quello dei primi anni settanta, viene di fatto tagliata fuori, esclusa dal movimento giovanile. Il problema della discontinuità, del distacco, della crisi dell’istituto familiare nell’epoca dell’industrializzazione capitalistica in ascesa (che si preannuncia attraverso i giovani) non trova luogo nella psicoanalisi, ancorata all’esperienza freudiana.
Se l’esperienza freudiana è quella di un soggetto in lotta con il padre e la psicoanalisi è divenuta un luogo di risposte intorno al sistema parentale tradizionalmente inteso, quali risposte può ancora (e potrà) dare a problematiche esterne a tale sistema?
Psicoanalisi interrogante
Gli psicoanalisti si trovano dunque di fronte a fenomeni non più pensabili in chiave psicoanalitica; c’è qualcosa in gioco della forclusione lacaniana dice Fachinelli, una esclusione radicale, un’assenza dall’inconscio di un significante fondamentale, il simbolo paterno.
Non si tratta si chiede Fachinelli, dell’estremo limite del campo concettuale psicoanalitico, oltre il quale cominciare lo sforzo di una nuova strutturazione? Evitando sia nostalgie dell’Edipo con valutazioni catastrofiche del futuro che al rovescio esaltazioni di una nuova “società di fratelli” (vedasi i fenomeni di autodistruzione, autocombustione e tendenza al ripristino dell’autorità proprie di molti movimenti giovanili e quelli di massificazione conformistica, atomizzazione sociale ecc.. )
Per incontrare nuovamente Edipo in quanto Sfingi senza maschera, ovvero per incontrare un soggetto con cui potremo forse scambiare domande, bisogna allora per Fachinelli trovarsi sulla strada di Tebe, dunque uscire dalla posizione chiusa di detentori della verità.
Se la crisi della psicoanalisi della risposta è cominciata a livello della secessione giovanile, una psicoanalisi interrogante e senza fissa dimora dovrà partire proprio dal luogo delle giovani generazioni. Gli asili, i nidi d’infanzia, ma anche i cortili, le strade, le periferie ecc...Non per indottrinare, ma per mettersi in ascolto dei mutamenti sociali e antropologici. Per interrogare fino in fondo i propri strumenti, metterli in discussione ed elaborarne eventualmente altri, secondo lo spirito pionieristico di ricerca del padre della psicoanalisi.