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Imparare a lasciare andare

L’attaccamento al passato e il timore del futuro sono due fattori strettamente legati, che limitano in maniera importante le potenzialità espressive ed il livello di soddisfazione interiore delle persone.

Ansia, stress, invasione di atteggiamenti e pensieri negativi sono la risultante di un‘ ipertrofia dell’ego e della sua volontà di controllo (su scelte ed atteggiamenti di fronte alla vita).

La fobia del cambiamento

Nella società in cui viviamo, nonostante l’apparente valore attribuito al cambiamento, esiste in realtà una fobia di fondo nei confronti della dimensione del mutamento che inevitabilmente attraversa ogni esistenza.

L’io tenta di imporsi su tutto, perfino sulla dimensione del tempo, che scorre e che lentamente trasforma ogni cosa.

Ciò che oggi viene chiamato “cambiamento” in realtà poco ha a che fare con la capacità di ascolto e di adattamento fluido allo scorrere del tempo.

Cambiare è diventato un sinonimo della rincorsa di “oggetti”: cambiare lavoro, casa, partner non tanto per avvicinarsi il più possibile ad una dimensione personale di felicità quanto per nutrire il proprio io e le sue illusioni onnipotenti, spesso intrecciate ad aspettative sociali assorbite passivamente.

L’ambizione fine a se stessa e il bisogno di conformismo rendono ciechi rispetto a chi si è e a cosa si vuole davvero, chiudendo dentro gabbie di bisogni indotti, di comportamenti ripetitivi e di paure.

Oggi molte domande di aiuto ruotano attorno a questi temi. Le persone hanno come la percezione di trovarsi su una ruota che gira, vedono un’allarmante ripetizione (ovvero la riproposizione dello stesso schema di fondo in ogni così detto “cambiamento”) eppure non riescono a scendere dalla giostra.

L’identità sembra saldarsi a certe condotte stereotipate, così che solo l’ipotesi di mettere da parte certi copioni per lasciare spazio ad un necessario vuoto atterrisce e riempie di panico.

Oggi si manifesta un disagio che sembra rendere impossibile convivere con la perdita, con quello stato di sospensione in cui ci si trova senza appigli, radicalmente soli ma nello stesso tempo liberi di esplorare nelle profondità del proprio sentire.

Cambiare davvero

Come si fa a cambiare davvero senza aver prima perso qualcosa?

Poter perdere vuol dire concretamente lasciare andare, lasciare che vecchie aspettative, convinzioni, illusioni, conoscenze ed esperienze vadano dove devono andare, trascinate dalla corrente del tempo. Vuol dire affidarsi a forze interiori che nulla hanno a che vedere con la volontà dell’io.

Per fare ciò bisogna che il lamento per una volta taccia, così come la recriminazione e i vari “se” e “ma”.

Bisogna cioè rinunciare a godere dell’immobilismo (spesso  carico di risentimento invidioso verso gli altri) ed attivarsi, svegliarsi dal torpore dell’autoinganno e del compiacimento di sè.

Quante vite restano bloccate davanti allo specchio, incapaci di togliersi le bende rassicuranti di uno sciocco narcisismo!

I “social” purtroppo in questo non aiutano, la comunicazione fra le persone è sempre più autoreferenziale, e questo purtroppo ha delle ricadute disastrose anche nelle modalità comunicative dei gruppi.

Anziché il confronto onesto con il punto di vista dell’altro osserviamo un inutile tentativo di sublimare le insoddisfazioni non assunte attraverso un patetico e stucchevole esibizionismo, che lascia spazio all’aggressività non appena la fragile impalcatura dell’immagine si trova ad oscillare.

Ecco,uscire da se stessi e da quelle quattro risibili certezze, fare piazza pulita di tutto, volerlo fortemente e avere la forza per sostenere il vuoto e la solitudine connessi, se non sono passi che tutti quanti possono compiere sicuramente sono operazioni alla portata di molte anime che si sono assopite.

La psicoterapia è per queste ultime, per gli accondiscendenti del sistema che tuttavia, nonostante le storture citate, ancora segretamente custodiscono una scintilla ribelle e viva.

Allora un lavoro di progressiva liberazione di identificazioni, non esente da perdita e dolore, potrà portare alla luce qualcosa che potrà nuovamente avvicinare al sentimento della vita, qualcosa di autentico legato alla riscoperta dei propri valori di fondo.

Il presente sarà il riferimento di ogni giorno, non più l’ingombro del passato o l’incognita del futuro.

E il viaggio interrotto da tanto tempo di colpo riprenderà, in qualsiasi età e in qualsiasi situazione ci si trovi.

Non si tratta infatti di “fare” chissà cosa ma di apprendere a vivere con quel che c’è già,  in accordo con i valori che si capisce essere imprescindibili per la propria serenità.

Tutto ciò  in modo aperto e ricettivo, senza più malsani ripiegamenti nel malessere.

Disagio contemporaneo