Il carattere narcisista
“Tre caratteri” di Cristopher Bollas si apre con una raccolta di riflessioni sul carattere narcisista (a cui seguono altre sulla patologia borderline e maniaco depressiva).
Il contributo originale di questo autore riguarda il concetto di idealizzazione, raramente indagato nelle varie trattazioni manualistiche.
Per capire il carattere narcisista Bollas invita a considerare il narcisismo come una difesa di un sè bambino profondamente turbato da una madre intrusiva e sregolata.
L’impossibilità di riferirsi ad un oggetto interno materno (in grado di esercitare un’efficace funzione di contenimento e rispecchiamento) determina un rifiuto della relazione ed una sua sostituzione con l’immagine del soggetto stesso.
In parole semplici, il narcisista sostituisce l’amore impossibile per la madre con l’amore per la propria immagine.
Tuttavia, esattamente come nel mito di Narciso, tentare di avere un rapporto con la propria immagine causa la propria distruzione psichica.
Come ovvia il narcisista a tale minaccia distruttiva? Egli con determinate accortezze impara a fare a meno di ogni relazione profonda, sia con se stesso che con l’altro.
La distanza dall’altro
Sul versante della relazione con l’altro la distanza siderale emotiva del narcisista non è immediatamente percepibile.
Bollas introduce l’immagine del narcisista positivo, apparentemente interessato genuinamente agli altri, spesso persino impegnato nel sociale. Si tratta per lo più di un espediente, frutto di un “falso sè” che ha appreso come comportarsi per ottenere approvazione.
A ben vedere nella vita del narciso ci sono molte conoscenze, ma nessuna di esse si traduce in rapporti profondi.
Il rapporto profondo con l’altro è impossibile perché rischia di far riaffiorare la frustrazione irrisolta insita nel rapporto con la madre (rapporto spesso idealizzato a parole).
L’altro prima o poi delude, dice la sua, mostra la sua umanità.
Non potendo reggere il pericoloso confronto autentico con l’altro, pena la perdita di identità, il narcisista si circonda di “yes men”, ovvero di personalità compiacenti che soddisfano il suo vitale bisogno di stabilità, controllo e adulazione.
Chiunque minacci l’identità con la sua semplice diversità viene dispregiativamente relegato nel luogo dell’”abietto”
E qui si arriva all’importanza dell’idealizzazione. Il narcisista utilizza non solo l’idealizzazione di sè come meccanismo di difesa, ma anche quella di colui che a sua volta lo idealizza.
Idealizzare chi idealizza il proprio sè garantisce al narciso un luogo protetto in cui è sostanzialmente scongiurato il rischio dell’incontro con se stesso e i propri lati in ombra. Tutto il mondo circostante garantisce l’immagine ideale, vitale per la sopravvivenza psichica.
La distanza dal sè e la psicoterapia
Si capisce come il contatto con il sè profondo vada evitato a tutti i costi, pena la morte come nel mito di Narciso.
L’immagine ideale, benché sfuggente e quindi faticosa da mantenere, è la sola possibilità.
Bollas fa notare come il carattere narcisista nella vita anteponga sistematicamente l’immagine al linguaggio.
Anzi, lo stesso linguaggio è utilizzato come un’immagine, nella misura in cui il discorso del narcisista, anche quando ricco e articolato, tende a presentare “ideali anziché idee” .
Le idee infatti sono confutabili, gli ideali no, seducono e basta.
L’”odio per il significante” qualifica il narcisista, il quale detesta il linguaggio nella sua funzione simbolica (proprio per la sua capacità di rottura della superficie abbacinante e illusoria dell’immagine).
In psicoterapia è raro che personalità narcisistiche possano evolvere davvero, per via di questo rifiuto ad usare il linguaggio nella sua funzione non suggestiva.
Spesso essi si presentano come persone in difficoltà, invadendo le sedute di problemi pratici e torti subiti.
Bollas nota finemente la loro abilità di utilizzare il canale non verbale.
Tale invasività del non verbale, dunque dell’immagine che presentano (falso sè) consente di bypassare l’incontro con il contenuto più profondo delle loro affermazioni, in ultima analisi l’incontro con se stessi.
Ecco perché finché il terapeuta si limita a sostenere e a tacere tutto procede bene, pur senza modifiche della personalità degne di nota.
Il terapeuta che propone delle interpretazioni (che quindi propone l’uso più propriamente simbolico del linguaggio) viene considerato inopportuno se non francamente malevolo.
Nel migliore dei casi per Bollas le interpretazioni analitiche incontreranno un rapido e frettoloso consenso, frutto del desiderio di chiudere velocemente certe questioni per non trovarsi spiazzati all’appuntamento con verità inaccettabili.