Disagio psicosomatico e attese degli altri
Molti malesseri psicosomatici hanno un legame con scelte di vita disturbanti l’equilibrio e l’armonia della persona.
Chi soffre di sofferenze fisiche che non trovano riscontro in una causa organica spesso si trova a vivere un’esistenza non
in linea con le proprie inclinazioni ed esigenze profonde.
Il conformismo e le attese della società
La voce del sentire autentico viene silenziata, in favore del conformismo, delle attese degli altri o di errate idee rispetto a ciò che si “dovrebbe” teoricamente essere per ottenere il consenso degli altri.
Così imbavagliate certe istanze interne non smettono di cercare un modo per farsi ascoltare: il corpo può così venir incaricato tramite malesseri vari di rendere la vita difficile, nella speranza che prima o poi la sofferenza costituisca lo stimolo per una pausa di riflessione.
Il boicottaggio messo in atto dai dolori psicosomatici è sempre molto preciso; spesso l’organo in cui si localizza il male ha un qualche legame con l’attività che si persiste a svolgere contro la volontà profonda.
Basta porre fine a certi stili di vita per vedere guarigioni eclatanti di ulcerazioni, psoriasi, artrosi, palpitazioni, mal di testa e via dicendo.
Il punto però è come arrivare ad operare delle scelte libere, senza dover essere costretti da uno stop fisico.
Senza la consapevolezza della vera causa del male infatti si rischia di “riposare” per un po’ per poi ricascare dopo breve tempo nei soliti loop e circoli viziosi inappaganti.
Le persone danno volentieri la colpa allo stress e, pur di non fermarsi a riflettere, preferiscono correre, buttarsi in agende frenetiche in modo da dribblare l’appuntamento con il silenzio e la solitudine.
Molti medicinali vengono assunti con questa finalità; narcotizzarsi con i farmaci è la scappatoia numero uno, seguita da altri comportamenti compulsivi che condividono lo stesso effetto anestetizzante.
Infondo nella società in cui viviamo certi atteggiamenti sono condivisi da tutti, e per tale via “democratica” sono così privati del loro aspetto patologico. Se la maggioranza durante la settimana si tortura con un lavoro triste in un luogo triste fra persone tossiche e nel week end si sbronza, si abbuffa e sperpera denaro a caso significa che “è tutto okay ”.
Ma tale filosofia del “tanto succede a tutti” a uno sguardo attento svela tutto il suo carattere di assoggettamento psicologico ad un sistema impersonale, nichilistico e al fondo autoritario.
A ben vedere molti passatempi diffusi servono proprio a mantenere le persone sotto un controllo uniformante, convincendole di essere felici delle proprie vite stressate e caotiche. Ad esempio lo shopping o l’abbuffata distraggono dai pensieri profondi e offrono una felicità temporanea e “sintetica”; esattamente come una droga inibiscono ogni volontà vagamente sovversiva.
La scelta giusta su come vivere davvero la nostra vita, su chi frequentare o avere come compagno di vita, su dove lavorare, abitare ecc…non è mai conciliante; il nostro intimo sa quello che è giusto per noi. Ma il desiderio conformistico di rispecchiamento negli altri continua a non far ascoltare e a riempire la testa di rumore, di teorie inutili e contorte per darsi infiniti alibi.
Noi esseri umani purtroppo passiamo la vita a fuggire da ciò che siamo, anziché assecondare la nostra vera natura portando avanti scelte intelligenti passiamo il tempo a castrarla con frequentazioni ed attività del tutto inutili, se non addirittura nocive.
Il ruolo della psicoterapia
La psicoterapia in questo scenario riveste un ruolo molto delicato, perché le persone presto o tardi, consciamente o inconsciamente portano nel luogo della seduta la loro questione esistenziale rimasta irrisolta.
Noi terapeuti ci guardiamo bene dal rischio di banalizzare il problema che ci viene affidato o di inchiodare il nostro assistito in una facile definizione.
Eppure purtroppo non è infrequente raccogliere storie di soggetti a cui proprio in terapia sono state messe in testa idee errate su se stessi, a causa magari di etichette manualistiche affibbiate da curanti interessati più a rassicurare il proprio Ego che a capire davvero l’altro. Gli effetti di colpevolizzazione, nonché l’ulteriore perdita di fiducia contribuiscono alla crisi anziché alla sua risoluzione.
Se siamo noi addetti ai lavori a distorcere la realtà il rischio che questa nostra falsa lettura condizioni per sempre in modo negativo la vita di chi abbiamo seguito in terapia è molto alto.
Dalla lucidità della nostra capacità di lettura dipende molto e chi lavora nel campo della salute mentale generalmente dovrebbe sapere che si sta assumendo una grossa responsabilità.
Se la possibilità di uscire o di restare a lungo (se non a vita) rinchiusi nel mondo della nevrosi non è garantita dal corretto inquadramento del problema da parte del clinico, tuttavia una giusta collocazione delle vicende in esame costituisce la condizione di base per un possibile affrancamento del paziente.
Ascoltando attentamente per settimane e poi per mesi una persona i terapeuti arrivano a un grado di conoscenza molto accurato della sua personalità, che consente loro interventi mirati, finalizzati a fare vedere le cose da un’angolatura diversa. Il tutto con garbo e con rispetto delle difficoltà e possibili resistenze.
Inoltre le auspicate “scelte di rottura” in un percorso lungo avvengono spontaneamente, come esito di un lavoro che non si è concentrato direttamente sul problema esistenziale ma è andato a fondo alla ricerca dei perché di atteggiamenti conformistici o eccessivamente conservativi.
Un buon lavoro psicoterapeutico contempla sempre, come risultato dell’allargamento della conoscenza di sè, una parallela accoglienza di questo sè troppo a lungo maltrattato.
Finalmente, dopo anni a brancolare nel buio, si può trovare un equilibrio più vicino al proprio modo di sentire e di vedere le cose.
Giovani e meno giovani beneficiano allo stesso modo di un lavoro del genere. I primi si rafforzano e imparano l’arte del nuoto contro corrente, preparandosi ad una vita che sarà un successo per loro stessi e non necessariamente per gli altri.
I secondi, i meno giovani, finalmente si concederanno l’alleggerirsi di pesi, riappropriandosi del tempo perduto in vista di nuove creazioni.