Quando la relazione d’amore non decolla: blocco o freddezza sentimentale?
Perplessità e sconcerto, ancora prima di rabbia e dolore, sono i vissuti che più si accompagnano all’esperienza dell’improvvisa chiusura emotiva dopo un periodo di frequentazione amorosa intenso ed esaltante.
Chi tutto d’un tratto vede svanire dentro di sè i propri “sentimenti” verso l’altra persona (ma anche chi subisce il repentino mutamento emozionale nell’aspirante compagno) vive sempre un momento di incredulità e di dissociazione al cospetto dell’instabilità del proprio o altrui affetto.
La psicoterapia in genere è di aiuto sia per il soggetto che si ritrova a tu per tu con la dissoluzione ingiustificata e “di punto in bianco” delle sue emozioni, sia per colui che si imbatte nella mutevolezza dell’amato.
Il sollievo dalla confusione mentale e dal tumulto interiore che si può ottenere tramite la psicoterapia è dato sostanzialmente dal corretto inquadramento del “cosa” è successo e del “perché” è accaduto.
Distinguere nitidamente l’oggetto del dispiacere e non confonderlo con altro è il primo passo per capire la causa psicologica soggiacente al sorprendente cambiamento di atteggiamenti.
Tale lavoro di discernimento in genere precede un’ulteriore indagine, che non si situa più nel campo dell’altro ma in quello del proprio intimo.
Fare ordine: cos’è successo?
La persona che chiede aiuto è nello smarrimento più totale: lui (o lei) l’aveva coinvolta moltissimo, tutto procedeva per il meglio.
Tuttavia la quotidianità degli scambi, le conversazioni fitte e non banali, l’intesa fisica, il capirsi con uno sguardo o pochi gesti paiono di colpo spazzati via da un distacco immotivato.
Da cento si passa a zero, in poche ore o in pochi giorni il partner si dilegua. La comunicazione così ricca e coinvolgente viene troncata, mentre mille interrogativi si affollano nella mente di chi subisce il trattamento del silenzio.
A volte è lo stesso paziente a raccontare in seduta le sensazioni che lo spingono ad allontanarsi: non sente più niente, forse si è sbagliato… percepisce come un’urgenza di staccare. Nello stesso tempo non capisce cosa sia successo: sembrava tutto così okay, eppure ora non “sente” più nulla, non più prova niente di niente, magari era solo un’amicizia…
Dunque per fare ordine vale la pena innanzitutto domandarsi “cosa” si sia realmente raffreddato.
Parlare di “sentimenti” dopo pochi mesi di frequentazione è davvero appropriato?
Spesso le persone soffrono perché sentono di aver perso dei sentimenti. A ben vedere tuttavia ciò che hanno smarrito riguarda solo ed esclusivamente delle emozioni, ovvero l’attivazione emozionale correlata a una certa persona o situazione.
Il sentimento non corrisponde all’emozione (di benessere, di euforia o di fusione). Le emozioni per loro natura sono passeggere, effimere, e soprattutto sono scatenate dall’immagine inconscia che proiettiamo sugli altri.
I sentimenti invece si provano per l’altro in quanto tale, non per la sua versione ideale. I sentimenti sono frutto dell’interesse reale verso la particolarità dell’altro. Sono dell’ordine della cura e del voler bene, e voler bene per alcune persone non è affatto semplice. Talora voler bene con equilibrio e generosità è del tutto impossibile.
Capire che soprattutto all’inizio di una relazione si tratta di emozioni, (quindi di “slanci” che attingono all’ immaginario personale) aiuta ad attenuare lo stupore e la sofferenza.
La situazione non è poi così assurda: lui (o lei o io stesso se sto provando un raffreddamento) non prova ancora dell’ affetto, non è legato a un “noi”, è stato travolto da un’ondata che per sua natura va e viene.
Come si fa a inchiodare l’onda nel solo movimento in avanti? Cosa sarebbe un’onda senza il divenire?
Anche i sentimenti sono soggetti al divenire, ma in maniera più ridotta rispetto alle emozioni. Essi sono più stabili, assomigliano più a una corda che si attorciglia fra due persone che si conoscono davvero (auspicabilmente senza stringere troppo) e crea, appunto, il legame.
Il desiderio è parente dell’emozione più che del sentimento. Posso infatti amare profondamente qualcuno anche senza provare il minimo desiderio nei suoi confronti.
Il desiderio come l’onda va e viene. Tuttavia il suo scomparire può essere legato al puro meccanismo del possesso (desiderio consumistico) e quindi riflettere una superficialità del desiderio stesso, oppure inabissarsi per poi riesplodere più fortemente e intensamente (in questo caso è l’intensità stessa del desiderio che lo autolimita per consentire la sopravvivenza).
Questo desiderio che svanisce è quindi dato dal possesso e dalla noia conseguente alla consumazione oppure è il contraccolpo di una specie di paracadute che scatta dopo la caduta libera nell’universo dell’altro?
È un desiderio egoistico, che nutre solo l’ego oppure è scomodo, sbalestra l’io e le sue difese e pertanto necessita di uno stop ( che non coincide con la sua morte ma con una messa in pausa).
Rispondere a queste domande è utile per addentrarsi nella seconda parte del problema, ovvero la causa contingente del distacco
Blocco o semplice freddezza?
Dunque lui (o lei o io stesso) non sente più emozioni, anche il desiderio è spento. Oppure è il sentimento (che si credeva o si immaginava stesse crescendo) a latitare
Perché? Che dinamica psicologica si nasconde nel dileguarsi dei diversi movimenti del cuore?
Semplificando un po’ i casi sono due: emozioni e desiderio sono bloccati dalla paura (che ha una funzione protettiva e cause svariatissime) oppure essi hanno perso smalto per sazietà e si associano a un vuoto sentimentale (dato da una costitutiva incapacità di voler bene oppure dal realizzare che la persona tanto idealizzata alla fine non è davvero quella giusta).
Il caso peggiore chiaramente si correla all’aridità affettiva e al gioco utilitaristico infarcito di sentimentalismi confondenti.
Spesso partner affettivamente meschini e insensibili sono difficili da individuare perché si presentano con un’immagine accattivante e circondati da una coltre di fumogeno in grado di confondere la comprensione intuitiva della loro natura autentica.
Anime pure, anime sensibili e indifese, narcisi che prima coinvolgono nei propri melodrammi e poi buttano via il malcapitato senza pietà (tutta la loro sensibilità esiste solo in relazione a se stessi e ai propri bisogni egoistici).
Bastano una distrazione, una vacanza, un’occasione migliore per far letteralmente cadere nel “dimenticatoio” il povero innamorato. Irretito, confuso e manipolato.
Poi c’è il caso, molto più umano, di chi è terrorizzato dalla forza di un desiderio che sconfina nel campo dell’attaccamento.
La paura ha motivi vari, impedimenti concreti o supposti tali, rigidità caratteriali, esperienze negative, vissuti complessi in relazione al fidarsi nelle relazioni intime ecc…
Il partner anche in questo caso è impotente, non può insistere più di tanto o peggio cercare di terapizzare. Se però capisce che non si tratta di opportunismo ma di vera paura può mantenere un atteggiamento di positivo e silenzioso rispetto verso la complessità del vissuto dell’altro.
Se nella prima situazione c’è da aprire gli occhi e affrontare un percorso di doloroso distacco, magari anche chiedendosi perché si ha la tendenza a buttarsi a capofitto in storie con vampiri emotivi, nella seconda c’è da non cadere nella trappola delle aspettative, lasciando libero l’altro di avere paura.
Lasciare andare è sempre un’operazione saggia, a cui non siamo abituati per via della nostra smania di “fare”.
Forse in quello che chiamiamo destino è contenuta una saggezza superiore, capace di rivelare nel tempo la vera sostanza di un incontro.