Desiderio femminile e sguardo dell’altro
Ancora oggi in terapia molte donne sostengono come un fatto ovvio la costitutiva, minore intensità del desiderio femminile rispetto a quello maschile, spesso per giustificare problematiche nella sfera sessuale, il disinteresse, l’apatia o la frustrazione nei confronti della sessualità.
Lo sguardo nel desiderio femminile
Le differenze di genere in campo sessuale esistono, tuttavia sono ancora oggetto di ragionamenti semplicistici che vanno nella direzione dell’attribuzione all’uomo di una libido “superiore”.
Se si liquida in questo modo la questione della diversità ricorrendo alle categorie del “più” e del “meno” si creano infatti dei muri mentali, che pacificano ma ostacolano la comprensione vera dei propri blocchi o degli atteggiamenti sintomatici in campo sessuale.
La supposta “maggiore” libido maschile viene attribuita ai livelli decisamente più elevati di testosterone. Ma a mettere la questione sul mero piano biologico si potrebbe affermare l’esatto contrario, ovvero una superiorità della libido femminile basata sulla capacità (esclusivamente femminile) di vivere esperienze orgasmiche multiple.
Una volta capito che il problema si situa altrove rispetto alla dotazione ormonale/anatomica è possibile avviare un ragionamento costruttivo.
L’uomo ha una sessualità apparentemente “più“ selvaggia e libera solo ed esclusivamente per motivi culturali, penetrati a fondo nell’inconscio personale e collettivo.
La differenza reale (e non culturalmente indotta) fra uomo e donna sta nella selettività rispetto ai possibili stimoli sessuali.
Si dice che l’uomo sia più “visivo” rispetto alla donna, ma anche questa affermazione può essere smontata. La donna è altrettanto sensibile alla bellezza!
La differenza sta dunque nella selettività. Escludendo passioni più complesse in cui gioca un ruolo fondamentale la personalità, ad un uomo basta un corpo svestito e sensuale per attivare uno schema mentale sessuale (che naturalmente non viene trasformato continuamente in fantasie o approcci per ragioni di autocontrollo, di non reciprocità o di semplice disinteresse alla concretizzazione di un agito fine a se stesso).
La donna invece si attiva sessualmente se dall’uomo che le piace visivamente si sente desiderata. La donna deve immaginare di essere desiderata, di essere nei pensieri dell’uomo, e questa dinamica immaginativa rende la sua risposta agli stimoli visivi meno immediata e più tortuosa.
Il suo eros si anima necessariamente attraverso lo sguardo dell’altro.
Se per l’uomo la reciprocità dello sguardo ha il significato di un via libera, di un sì da parte dell’oggetto del suo desiderio, per la donna lo sguardo dell’altro sconfina in un altro territorio. È uno sguardo che vivifica, che risveglia, che fa scattare il desiderio dormiente di offrirsi all’altro.
Se questo sguardo non c’è la donna può fabbricarlo attraverso l’immaginazione, e perfino arricchirlo di sfumature frutto della sua fantasia.
Il grande equivoco fra i sessi spesso si gioca a questo livello: la donna può “ricamare sopra” ad uno sguardo di schietto desiderio fisico vedendoci il segno di un riconoscimento di altro livello (apprezzamento del suo essere).
Sensibile al tema del riconoscimento la donna può fare confusione fra l’ambito del puro sesso e quello del discorso amoroso, dove lo sguardo particolarizza l’esistenza della donna rispetto alla serie anonima di corpi appetibili.
Anche la vita sessuale maschile non è esente da complicazioni che riguardano il desiderio dell’altro. Tuttavia esso non costituisce la condizione di base per il sorgere del suo desiderio.
La sessualità sintomatica
In terapia ragionamenti del genere offrono delle risposte nel lungo termine più appaganti rispetto a ovvietà trite e ritrite date per acquisite.
La freddezza sessuale o l’inappetenza e lo scarso desiderio del femminile vengono allora correttamente collocate nel campo della relazione con l’altro.
Possono così emergere gli scenari sintomatici più disparati, tutti comunque accomunati dal rapporto che il femminile intrattiene con lo sguardo di desiderio dell’uomo.
Vediamo quattro casi frequenti, legati alla paura e all’immagine di sè disfunzionale. Essi non riassumono tutta la casistica possibile ma forniscono uno spaccato realistico della difficoltà del femminile in campo sessuale.
Può esserci una paura rispetto a quello sguardo: “mi tratterà bene o mi aggredirà voracemente?” Avremo così una quota rilevante di angoscia e un comportamento ambiguo, sfuggente. Il tormento in questi casi la fa da padrone, “si vuole e non si vuole“ nello stesso tempo, si desidera ma si teme una sorta di violazione di confini sacri.
Oppure il bisogno di essere amate spinge verso soluzioni di sicurezza: “lui mi desidera molto, anche se non mi piace del tutto me lo faccio andare bene perché così posso godere di essere importante per qualcuno”: il sesso resta freddo e poco passionale.
A volte è il narcisismo a far prendere delle cantonate. “Mi desidera dunque mi ama”: l’errato sillogismo butta nelle braccia dell’uomo. Ma è una falsa convinzione, i dolori arrivano poi, dopo i fuochi e le fiamme. Spesso lo stesso partner soffre di problematiche della sfera narcisistica: l’incontro fra due personalità ego riferite scatena dinamiche esplosive.
La scarsa autostima è altrettanto insidiosa: “so che non mi desidera granché ma mi piace molto, ci vado lo stesso, prima o poi se sono brava a letto cambierà”. Venendo meno il desiderio dell’altro risulta del tutto impossibile lasciarsi andare. Il terapeuta non è sorpreso da questi tipi di insoddisfazione, oggi dilaganti soprattutto fra le giovanissime bisognose di emozioni e di approvazione sociale.
Capire dove si colloca il problema può allora innescare un processo conoscitivo di se stesse che va oltre la mera questione sessuale.
Ci si avvia in altri ambiti, luoghi di vulnerabilità e di traumi antichi che, se non si possono sanare, si possono almeno ricollocare nell’ambito di pertinenza, così che la loro interferenza nella vita sessuale sia meno invasiva e soverchiante.