Il potere salvifico dell’amore: essere amati o amare?
Una verità che insegna la pratica clinica è che nessun amore è in grado di curare la tristezza vitale: piuttosto è la rinnovata fiducia nella vita a agevolare l’incontro, a creare cioè le condizioni perché si possa valorizzare chi magari abbiamo sempre avuto sotto gli occhi senza la capacità di vederlo davvero. Quindi è vero che esiste una certa correlazione tra guarigione dall’affetto depressivo e amore, ma non perché sia l’amore a esercitare direttamente un effetto terapeutico.
Un’altra idea molto diffusa in proposito è che l’essere amati sia la vera fonte di benessere. Anche qui si impone una rettifica: vediamo spessissimo crogiolarsi nella depressione e nell’insoddisfazione persone amatissime, adorate dai loro partner, messe al centro in tutto e per tutto. Eppure le ascoltiamo lamentarsi dell’insufficienza del partner, di quanto lui sia sensibile e premuroso ma inadeguato a far stare davvero bene. Dietro a questo fenomeno si cela l’incapacità di amare tipica di chi vive uno stato depressivo. Per non fare i conti con ciò è più facile attribuire la causa del proprio congelamento affettivo ad una presunta inadeguatezza del compagno. Se l’altro fosse in questo o in quell’altro modo allora sì che sarebbe possibile amare, vivere si dice il depresso. Non vedendo che in gioco c’è la sua aridità interiore, il suo blocco vitale. Che generalmente affonda le radici nel romanzo familiare e nelle perdite che hanno costellato la prima parte della vita.
Se dunque l’amore non cura il disagio soggettivo, se non è essere amati il riparo dalla tristezza qual è allora il legame tra amore e benessere di cui tanto si parla? Anche a questo proposito è di aiuto l’insegnamento dello psicoanalista Jacques Lacan. Il miracolo dell’amore avviene quando l’oggetto del nostro desiderio, da oggetto amato si trasforma in amante. Amore non è essere amati da qualcuno, ma essere amati da chi è stato per noi oggetto del nostro amore.
Dunque amare appare il primo gradino imprescindibile e fondamentale per qualsiasi esperienza di autentico amore. Non è detto che l’oggetto amato si trasformi in amante, in colui che a sua volta ricambia e risponde all’amore. Ma senza questo passaggio, senza un nostro movimento desiderante verso l’altro nessuna trasformazione autentica diventa possibile. Lacan usa questa bella immagine: una mano che si protende per raccogliere il frutto quando è maturo, per attirare la rosa che si è aperta, per attizzare il ceppo che all’improvviso si accende.
“Se dal frutto, dal fiore o dal ceppo esce una mano che si tende incontro alla vostra, e se in quel momento la vostra mano si fissa nella pienezza chiusa del frutto o in quella aperta del fiore o nell’esplosione di una mano che brucia, ecco allora che si produce l’amore”.