Narciso e aridità affettiva
La lotta interna scaturisce dal conflitto fra l'aspirazione tutta umana verso la buona forma, l'armonia, la proporzione e quella che è la natura pulsionale dell'uomo, che lo porta ad essere sempre diviso, imperfetto, contraddittorio, instabile, mai all'altezza di ciò che vorrebbe essere.
L'attaccamento alla propria immagine tipico di ognuno di noi si spiega così come una una vera e propria necessità di definizione di sè. Una sorta di figura ritagliata su uno sfondo, ben distinta dal resto, da ciò che sta fuori, dal magma incoerente delle pulsioni. L'investimento dell'immagine tenta così di velare, chiudere una lacerazione di fondo, una non coincidenza piena con se stessi. Si tratta di una fascinazione, di un abbaglio, di un accecamento. Esercitato su se stessi e poi anche sugli altri, sui quali produce gli stessi effetti di cattura, illudendoli come in un miraggio sull'esistenza di un oggetto privo di mancanze e pertanto ideale.
Il problema dei soggetti così detti "narcisi" nasce quando questa struttura immaginaria, che potremmo chiamare anche Ego o Io, si irrigidisce e si accresce a tal punto da escludere la possibilità di qualsiasi contaminazione dall'esterno, visto come una minaccia per la tenuta dell'intero edificio. Esemplificando: i propri difetti, mancanze, contraddizioni (così come di riflesso anche quelli altrui) sono vissuti come insopportabili, non integrabili nell'immagine complessiva di sè e dell'altro. Che quindi è costretta a mantenersi continuamente nello splendore, pena la svalorizzazione totale, la caduta irrimediabile.
Ecco perché chi è affetto da narcisismo non riesce ad amare profondamente ma è solo capace di innamoramenti idealizzanti. Alla lunga non tollera l'emersione dei lati in ombra del partner, così come le divergenze d'opinione o le richieste di ascolto e di conforto. Il compagno viene amato per lo più come specchio rassicurante, riflettente in maniera univoca un'immagine positiva, liscia e compatta. Una critica, una debolezza fanno riemergere quelle irregolarità di cui tanto il narciso teme l'esistenza, non sapendole trattare se non con il mezzo della fuga e del diniego.
Tutto ciò si traduce in una certa aridità affettiva di fondo, in un'incapacità di provare vera empatia e vera vicinanza nei confronti dell'altro, sempre trattato come un prolungamento immaginario del proprio Ego, una sorta di protesi di cui non si sanno e non si possono concepire i limiti.
La vita con il narciso può essere brillante, intensa, splendente ed accattivante come la sua immagine. Ma ciò solo a condizione che nulla turbi l'idillio, nulla si frapponga fra i suoi bisogni di sostegno e ammirazione e la dedizione cieca che richiede.
Di solito questi soggetti sono persone intelligenti, fuori dalla media, spesso piene di interessi e di talenti. Non hanno quindi difficoltà a sedurre, anche se possono risultare parallelamente respingenti per la loro arroganza e supponenza. La persona oggetto delle loro attenzioni si sente lusingata, sperimenta a sua volta un rinforzo del proprio narcisismo, si percepisce speciale ed unica per essere stata scelta. Molte unioni avvengono proprio fra narcisi, ovvero fra persone che, avendo difficoltà ad accettare le proprie mancanze, ricercano nell'altro un sostegno al proprio essere. Anche se generalmente i ruoli prevedono che uno dei due partner sia più sottomesso all'altro, classicamente l'uomo si trova in posizione dominante e la donna in quella di adulatrice passiva, di madre o di spettatrice. Incapace, nonostante l'inevitabile frustrazione affettiva, di staccarsi, di rinunciare ai tornaconti inconsci che trae dalla relazione.
Se nella maggior parte dei casi un partner narciso è ricercato per accrescere a propria volta una stima di sè troppo fragile, è anche vero che la sua frequentazione può nascondere un lato insospettabile. Un compagno emotivamente scialbo può permettere, a chi si è scottato in passato, di difendersi dall'amore e dai suoi rischi, dalla vera condivisione e dal dramma della perdita. Come si può perdere infatti un uomo che di fatto non c'è?
Perché un narciso chieda una terapia bisogna che qualcosa nel suo sistema di specchi si rompa. Un lutto, una perdita possono portare alla luce le sue insicurezze e spingerlo a domandare aiuto. Ma perché intraprenda un lavoro psichico che non si limiti a ricercare nella terapia lo specchio perduto deve compiere un altro passo, per lui vertiginoso. Guardare in faccia e integrare la propria ed altrui mancanza come dimensione inaggirabile dell'esistenza. Trovare cioè gusto nella prosaicità del vivere e del relazionarsi all'altro senza aspettative, prendendo ciò che c'è per quello che è, nella sua imperfetta bellezza ed insignificanza.