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Solitudine femminile

Hanno la forza di affrontare a testa alta le conseguenze delle loro prese di posizione. Pur soffrendo l'assenza di un legame affettivo, accettano con fiducia e abbandono la loro condizione, non lasciandosi travolgere dalla depressione e mantenendosi ricettive nei confronti del mondo.

Le loro giornate infatti generalmente non sono mai vuote: sono persone attive, curiose, impegnate, aperte. Interessanti agli occhi maschili, non si fanno mai coinvolgere sentimentalmente dagli uomini che le corteggiano, destinati a rimanere sempre e soltanto dei buoni amici. C'è sempre qualcosa che non va, che non fa scattare la scintilla. Che magari si accende per qualcuno che è e resta irraggiungibile, distante. Il sentimento d'amore sembra risvegliarsi solo nei confronti dell'uomo sfuggente, fascinoso e imprendibile. Nel momento in cui dovesse però trasformarsi in colui che ricambia, rischierebbe di non risultare più così "perfetto". Verrebbero a galla le sue lacune, i suoi limiti. Inoltre il fatto stesso di ritrovarsi oggetto di desiderio produrrebbe angoscia, spingendo di per sè verso la fuga.

Ora questo non implicarsi mai in una relazione, questo attaccamento alla solitudine risulta sintomatico quando non costituisce semplicemente un periodo più o meno lungo nella vita di una donna ma si rivela una costante che caratterizza la sua intera esistenza.

Di per sè, il fatto che una donna sia capace di vivere a pieno la sua vita in solitudine senza risultare dipendente dall'avere un uomo accanto che la desidera e la supporta è un segno positivo. Indica indipendenza e maturità sul piano affettivo. La solitudine infatti è il fondamento etico di ogni legame autentico, è una condizione necessaria perché si possa stare insieme senza soffocarsi vicendevolmente. I legami che funzionano non sono mai d'appoggio ma i partners, pur avendo cura dell'altro, vivono la loro vita, le loro passioni, i loro desideri senza che l'altro li ostacoli. Anzi, l'essere impegnati fuori dalla coppia, lo stare saldamente in piedi in assenza del compagno alimenta la ricchezza dello scambio, proprio perché quest'ultimo si nutre del non dare mai l'altro per scontato, per interamente conosciuto.

Quindi il riuscire ad accogliere ed accettare l'assenza di un partner sviluppando i propri interessi senza indietreggiare dalla scena sociale e dallo scambio con gli altri (nonostante l'innegabile quota di frustrazione che tale situazione, specie se protratta, implica) non ha nulla a che vedere con l'isolarsi. È indice di forza e vitalità.

Il problema però si pone nel momento in cui l'evitamento della relazione con l'uomo si protrae sistematicamente nel tempo, assumendo la forma di una vera e propria fuga difensiva dal maschile. Ogni rapporto che si profila come possibile all'orizzonte viene inconsciamente boicottato, in quanto l'uomo in questione non è mai, ma proprio mai, ritenuto "degno".

Di solito è la donna stessa ad individuare nel tempo questa ripetizione, ad accorgersi cioè che c'è qualcosa che non va anche in lei. Quando smette di attribuire la colpa dei suoi fallimenti sentimentali sempre e comunque all'insufficienza dell'altro qualcosa si incrina nelle sue certezze. Spesso chiede aiuto proprio quando si fa strada in lei tale consapevolezza.

In questi casi un percorso terapeutico può aiutare a ridurre le aspettative infinite ed irrealistiche in campo amoroso. Non tanto perché la psicoanalisi spinga cinicamente le donne ad "accontentarsi". Quanto perché individua nella ricerca idealizzante del "principe azzurro" l'ostacolo principale all'incontro con un uomo "reale" , di per sè imperfetto e sempre un po' inadeguato (anche dietro le apparenze più splendenti!). Nell'amore è la mancanza dell'altro ad attrarci, la sua simpatica particolarità, la sua imperfezione non omologabile in schemi.

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