Crisi di coppia: l'abbaglio dello specchio
L'incontro era stato semplicemente magico. Intesa, mutuo riconoscimento, affinità a tutto campo. Dunque amore, progetti ed infine coppia. Ma poi, apparentemente all'improvviso, tutto cambia. Qualcosa incrina lo specchio liscio in cui entrambi si riconoscevano in un'unica, buona forma. L'immagine si sdoppia, emerge l'ombra di un volto estraneo, non previsto, non voluto, non desiderato. È il tempo della delusione. Della freddezza, della distanza. Talvolta della lacerazione del patto, del tradimento. Compare un terzo, con il quale si cerca di ricucire l'illusione narcisistica andata in pezzi. Spesso in un turbinio di insoddisfazione e sconforto.
Cosa accade in questi casi? L'incontro reale con l'altro, con la sua diversità non riassorbibile nell'uno della compenetrazione reciproca, produce caduta, disillusione, rottura. Ciò non necessariamente dopo pochi anni. A volte anche dopo un lungo periodo di intesa, mai messo profondamente alla prova da eventi o situazioni destabilizzanti.
Ciò che rende queste unioni al fondo fragili e precarie, nonostante la loro solidità apparente e la tenuta frequentemente protratta nel tempo, è l'equivoco di base su cui sono nate. "Eravamo uguali", "volevamo le stesse cose", "era una persona tranquilla come me" sono alcune delle lamentazioni riportate nel tempo della crisi, rivelatrici di un'opacità di visione nei confronti dell'altro e della coppia stessa.
Non solo le peculiarità più "scabrose" del partner vengono "rimosse". La scotomizzazione è più radicale, perché scaturisce dall'illusione adolescenziale di un'intesa magica e telepatica con l'altro, di una fusione senza strappi, senza delusioni, senza adattamenti reciproci, senza incomprensioni.
Il linguaggio e la comunicazione sono utilizzati massicciamente nel senso dell'accordo e dell'uniformità di pensiero, raramente per dissentire francamente in un confronto maturo ed aperto verso l'opinione altrui. Il dissenso viene interpretato come critica, come elemento minacciante l'omogeneità e dunque trattato o mediante la sua soppressione o con una litigiosità continua quanto sterile.
In psicoanalisi definiamo tali unioni come "speculari", entrambi i partner vedono nell'altro l'immagine ideale di se stessi, come in uno specchio. Il senso dell' "uno" (alla base di ogni coppia, di ogni unione che sia tale) viene qui inconsciamente interpretato come abolizione tout court delle differenze, in una confusività che porta o alla fusionalità senza strappi o al conflitto superficiale e perenne per tentare di negare l'aprirsi delle divergenze che lo stare insieme inevitabilmente comporta.
La lacerazione di tale illusione può irrompere a causa di un lutto, di un problema economico, di una malattia, di un problema di un figlio, di un mutamento esistenziale. Di una situazione cioè che fa drammaticamente e inequivocabilmente venire alla luce la differenza con l'altro, il limite dell'altro, rompendo nel reale il guscio chiuso del gioco di aspettative che irrigidivano i ruoli e la visione reciproca fra partner.
Se ne può uscire senza ricorrere al tradimento o alla separazione? Sono davvero inevitabili le rotture? Posto che ogni situazione ha le sue peculiarità e necessita di un'analisi particolare, una possibile via d'uscita può avvenire se entrambi decidono di mettersi in discussione singolarmente, affrontando un percorso esistenziale (che può essere una psicoterapia ma anche altro) che li porti a vedere la trappola in cui sono caduti, aprendosi ad una comunicazione franca ed autentica con il compagno.
Solo a partire da una visione nitida dell'altro per quello che è e della propria posizione nella relazione è possibile scegliere liberamente il da farsi, se restare accettando la sfida del confronto con la spigolosità non livellabile dell'altro o andare via, per un nuovo inizio a partire da un radicale cambiamento nelle premesse.