Arrivare subito al sesso ostacola l’amore?
Esistono situazioni in cui il sesso, anziché avvicinare i partner, irrimediabilmente li divide. Tipicamente sono quelle in cui i due si incontrano, si incuriosiscono, chiacchierano un po’ e dopo poche ore finiscono a letto. Sempre più diffuse tra i giovani nella contemporaneità, come una sorta di schema o di copione da dover inconsciamente rispettare per sentirsi adeguati o semplicemente in linea con le usanze iper moderne, lasciano però una sorta di amaro in bocca.
Infatti questi scambi sessuali, che apparentemente avvengono in un clima di leggerezza e di emancipazione, si rivelano il più delle volte tristi, deludenti, insignificanti. Ciascuno ritorna alla propria vita con nessuna voglia di rivedere l’altro, cosa che magari non sarebbe accaduta se il sesso non ci fosse proprio stato.
La grande solitudine
Che cosa accade per ingenerare una tale avversione verso chi si è addirittura fatto entrare nel proprio letto? E perché poi lo si è fatto entrare?
Una caratteristica che accomuna tutti è l’insoddisfazione per la propria vita affettiva, in presenza o in assenza di un partner ufficiale. Non si tratta però di un’insoddisfazione di natura sessuale, come classicamente avviene nei quadri nevrotici (in cui il fidanzato o il coniuge è una figura affettivamente importante ma il desiderio sessuale è o sbiadito o mai veramente esistito).
La dinamica in questi casi è assolutamente rovesciata: il partner ufficiale, quando c’è, magari è anche sessualmente stimolante ma affettivamente assente. In gioco cioè non c’è quasi mai l’irruzione di un autentico desiderio che sbaraglia le certezze di un soggetto serenamente accompagnato e che lo spinge irresistibilmente verso quella persona lì (con tutti i conflitti, i tentennamenti e le difese del caso).
Il grande motore che oggigiorno spinge verso il sesso consumistico è una sorda e divorante solitudine, anche e soprattutto quella che abita dentro alla relazione. Ecco perché non sono solo i singles a lanciarsi in storie di una notte alla ricerca di un amore che puntualmente non sboccia, ma anche persone che, pur in coppia, nei fatti si sentono profondamente sole, mal amate.
Ricerca convulsa dell’intimità
La precipitazione del sesso illude di poter accellerare la possibilità dell’incontro d’amore. Nel sì troppo veloce allo scambio sessuale si cela la ricerca convulsa di un’intimità, di un calore di altro genere, che viene tuttavia puntualmente delusa.
La speranza di un riconoscimento al proprio essere, dunque vera aspettativa di fondo nel consumismo sessuale iper moderno, viene bruciata proprio dalla stessa precocità dell’impatto con la sessualità. Infatti le attese basate su poche ore di parole vuote e di complicità apparente si scontrano impietosamente con l’estraneità radicale dell’altro, che la sessualità smaschera senza scampo.
In questi incontri accade che l’altro scada irrimediabilmente al rango di oggetto, a puro pezzo di carne, mancando le coordinate per un rapporto con la sua soggettività vera, avvolta come da una nebulosa. Il sesso con colui che di fatto è e resta un estraneo si riduce ad un atto auto erotico, meccanico, fondamentalmente triste, privo persino di quella patina idealizzante assicurata dal corteggiamento.
Saltati i rituali, schivate le attese, annullata la parola “piena” il sesso diventa un “darsi in pasto”, una mera questione di appetito che esclude l’umanità e dunque ogni magia. L’idea di poter ottenere un riconoscimento al proprio essere bruciando le tappe si schianta contro l’ineluttabilità della sua riduzione a oggetto seriale, anonimo, di consumo. Proprio il contrario di quanto ricercato, il rovescio dell’oggetto prezioso.
Ripetizione “usa e getta”
Alla luce di ciò la freddezza, la fuga e il cellulare staccato assumono un senso. Non è prerogativa solo dell’uomo sparire così, anche le donne lo fanno, perché la logica che ispira tutto non è quella classica relativa ad un conflitto nei confronti della sessualità. Se l’isterica fugge perché angosciata dal sentirsi oggetto di vero desiderio mentre l’ossessivo si dissolve perché è il suo stesso desiderio a spaventalo, il soggetto contemporaneo scappa da un’esperienza fondamentalmente de soggettivante, umiliante e vuota che però ripete all’infinito.
La ripetizione dilagante del copione “usa e getta” non è data dal godimento in sè del sesso fine a stesso (cosa d’esclusivo appannaggio dei “veri” libertini, nature davvero libere e/ o liberate e per altro rare ) bensì dal godimento narcisistico che il gioco assicura. Benché nel complesso frustrante, il soggetto trattiene i benefici della prima fase, quella della conquista e del successo narcisistico, mentre allontana dalla coscienza la mortificazione del secondo tempo, di cui non ama parlare nemmeno in seduta, in un clima cioè di fiducia e di segreto.
È come se tutti quanti aderissero inconsapevolmente ad un copione scritto da altri, imposto dai costumi, dalla moda, dal sociale, che fa leva sulle fragilità soggettive, sulla solitudine, sui bisogni profondi, sulla disperazione umana. E, come in ogni omologazione, c’è un guadagno a livello dell’identità (un sentirsi “cool”) e un prezzo da pagare, precisamente il tempo due della “carne da macello” che azzera i benefici della precedente e fa ricominciare tutto da capo.
Un freno può essere introdotto grazie ad un lavoro psicoterapeutico, che, dando valore alla soggettività e al riappropriarsi di essa, renda consapevoli dei circoli viziosi e delle dinamiche sottese che rendono questi giochi tossici ed inerziali.