Dating online: realtà o finzione?
Il cosiddetto “dating online”, versione ipermoderna del mitico “appuntamento al buio” , sta prendendo sempre più piede soprattutto nelle grandi città, dove incontrarsi paradossalmente è reso più difficile dalla fretta e dall’efficienza che inchiodano su binari spesso eternamente paralleli.
Così lentamente internet è diventata quella piazza in cui finalmente poter rilassarsi ed aprirsi allo scambio con l’altro, illudendo in tal modo di poter compensare l’assenza di uno spazio reale di incontro e confronto.
Chiusure
Se apparentemente le chat o i social network mettono in contatto con l’altro, in realtà essi finiscono con il rispecchiare alcune derive della società in cui ci troviamo, ossia narcisismo, individualismo e condotte di stampo “autistico”.
Di fatto accendere un computer alla sera dopo una giornata più o meno affannosa ed immergersi in un mondo di foto e messaggini è un’abitudine comoda, solitaria, che fondamentalmente non stacca da se stessi. Il computer lo si accende e lo si spegne a piacimento, ai messaggi si risponde come e quando si vuole, le immagini da mostrare sono scelte da chi le posta. L’altro ha ben poca voce in capitolo, è solo uno spettatore. Il suo sguardo può vedere solo ciò che gli è mostrato, non può liberamente catturare ciò che al soggetto sfugge di stesso, come avviene in un un incontro in carne e ossa. L’enigmaticità del suo desiderio, il suo potere di spodestare dall’illusione di padronanza vengono imbrigliati.
Così non solo si fornisce una versione di se stessi non corrispondente al vero, ma analogamente si riceve un’impressione totalmente fuorviante dell’altro. Si mostra ciò che si vuole mostrare e si vede ciò che si vuole vedere, in un gioco di specchi e di proiezioni che non fanno davvero uscire dal proprio Ego ma lo amplificano sempre di più.
Il grande assente è allora il contatto con la diversità spinosa del nostro simile, in grado di far sentire il nostro Io nudo, insicuro, non più padrone e in controllo. La fatica insita nell’incontro, data proprio da questo contatto spiazzante ma nello stesso tempo interessante e vitalizzante, viene evitata, con ricadute importanti sul proseguo della così detta “relazione”.
Infatti, una volta che avviene il passaggio dalla “chiacchiera” virtuale, (che non prevede certo la corporeità della voce e l’immediatezza dello scambio ma per lo più i caratteri standard digitati su uno schermo in tutta calma) a quella con l’altro reale, nella stragrande maggioranza dei casi la spontaneità è già irrimediabilmente compromessa. Gli attori di quella che finisce per assumere i connotati di una recita, una volta che arrivano a vedersi e a parlarsi nella realtà hanno già perso il loro stile naturale.
Maschere
Dovendo aderire ad un copione, o sono dei bravi attori e quindi il gioco va avanti sostenendosi però su una finzione più o meno consapevole, oppure se si discostano troppo dalle attese coltivate nello spazio virtuale ingenerano delusione e rapida perdita di interesse. Rare sono le situazioni in cui i due, pur pieni di preconcetti, vengano piacevolmente colpiti dallo scarto rispetto all’immagine che si erano costruiti e siano incentivati ad andare avanti nella conoscenza proprio a partire da tale elemento di sorpresa.
Quest’ultimo caso, il più auspicabile ma il meno frequente, è così difficile proprio perchè per i più l’obiettivo non è accostarsi davvero ad un altro da scoprire e da cui essere colti nella propria nudità, ma all’opposto evitare proprio la fatica di mettersi in gioco, la paura di non saper cosa dire, il timore di sbagliare i tempi, la pazienza di attendere e di lasciarsi guardare davvero.
In questa dinamica autoreferenziale l’altro è ridotto ad un pacchetto di cui si è preventivamente presa visione comodamente seduti sul sofà. Se l’uscita conferma senza intoppi l’impressione che se ne è ricavata dalla propria posizione di osservatori esterni allora si può andare avanti, altrimenti via.
Come un oggetto di consumo fra gli altri, il potenziale partner occupa un preciso posto nella vetrina, ma se la merce alla verifica dello sguardo non è come sembrava allora niente da fare. Basta sparire. Basta disconnettersi, offline. Peccato che la merce umana non sia mai così come appare nella bidimensionalità virtuale!
Relazioni?
Esiste infatti qualcosa che si chiama relazione, ed essa non può sussistere se l’approccio è quello di uno scienziato che cataloga le farfalle nella loro teca. Relazione vuol dire dinamismo, vuol dire che sia io che te siamo implicati in qualcosa che modifica e mette alla prova entrambi, perché entrambi siamo esseri dotati di autodeterminazione. Nessun essere umano è la protesi miracolosa dell’altro, l’oggetto feticcio il cui unico scopo è quello di confermare il narcisismo debole altrui.
E come può nascere uno scambio simile se il gioco è “o sei come desidero o non esisti”? L’equivoco innescato dalla chat può durare anche qualche mese o in certe situazioni addirittura anni. Basta che i così detti partner indossino all’occorrenza delle maschere, che mettono e tolgono come parrucche.
Ma appena accade qualcosa che impedisce di nascondere l’artificio, come un viaggio, una convivenza o un semplice incontro casuale non programmato ecco che il castello di carta crolla miseramente. Allora la rottura è totale e senza possibilità d’appello, perché una supposta fiducia è stata infranta.
Tuttavia di quale fiducia stiamo parlando se la finzione non solo è mantenuta da entrambi ma è basata pure su un tacito accordo, su un non voler vedere al di là?
Alla luce di queste considerazioni il “dating online” più che assomigliare ad un appuntamento al buio sembra al contrario un incontro viziato da un eccesso di luce, di evidenza, di apparenza. Un abbaglio consapevolmente cercato e mantenuto per schivare la complessità della scoperta e della relazione.
Detto ciò il conoscersi via internet non va demonizzato di per sè, ma considerato come uno dei tanti mutamenti antropologici della modernità che non ha senso rifiutare in blocco. Anche le auto inquinano, eppure la soluzione non è tagliarne la circolazione. Il punto semmai è renderle non velenose.
Sono le derive del sistema che calpestano l’umanità che bisogna tentare di combattere dall’interno, con consapevolezza e intelligenza, non il sistema stesso, la cui evoluzione ci supera e ci supererà sempre nella misura in cui siamo (per certi versi follemente) orientati al progresso.
Per quel che riguarda le chat si tratta di trovare un modo per neutralizzare la loro portata alienante, essendo ben consapevoli che esse in nessuna maniera possono sostituire la vita comunitaria fatta di incontri “contaminanti” e “sorprendenti” con l’altro. Esse vanno riportate al livello di ciò che sono e per cui sono nate, un semplice mezzo in più per mettere in contatto e non un rifugio, una costruzione immaginaria fine a se stessa.