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L’amore ossessivo

Nell’immaginario comune la figura dell’amore ossessivo è sinonimo di passione amorosa, di desiderio fisico, mentale e emotivo la cui intensità incontenibile porta fino ai limiti della follia. 

Un alone romantico circonda il tema dell’ossessione amorosa: pensare sempre all’altro, desiderarlo fino a stare male, fino a “esaurirsi” è un tema classico di molta letteratura e filmografia.

In effetti in ogni amore nascente che scatena una forte attrazione si può rintracciare una componente ossessiva. L’altro e le sensazioni uniche che provoca riempiono tutto lo spazio psichico, soprattutto in sua assenza.

L’innamoramento risveglia alla vita ma fa scattare anche la percezione acuta, dolorosa della propria separatezza. L’ossessione  rappresenta un tentativo (forse infantile e regressivo) di tenere sempre con sè l’oggetto del desiderio, un modo per non lasciar svanire l’ebbrezza del suo contatto, per trattenere la felicità e sottrarla finalmente dal suo carattere transitorio.

A questo livello l’ossessione non appartiene solo al campo del patologico, è un meccanismo umano, tipico dell’esperienza inebriante dell’innamoramento e destinato ad affievolirsi nel tempo.

Quando invece l’amore diventa ossessione? Quando il meccanismo si incista? 

L’ossessione vera e propria non dipende dalle circostanze esterne, può insinuarsi in situazioni molto diverse, anche opposte.

Alla base rintracciamo due precise predisposizioni caratteriali, di grado variabile per pervasività e possibilità di recupero (in ogni essere umano una forte sfumatura caratteriale non va mai intesa come un’etichetta livellante, data la complessità dei legami fra la personalità e altre componenti della mente come intelligenza, duttilità, strumenti culturali ecc…)

Da un lato troviamo la personalità ossessiva, dall’altro i disturbi della personalità narcisista/borderline/antisociale (più “gravi“ rispetto alla prima).

La personalità ossessiva 

Del primo gruppo, quello della personalità ossessiva, fanno parte i  così detti “amori impossibili”.

In questi amori non si esce mai dalla fase dell’innamoramento per addentrarsi nel territorio della coppia: l’angoscia e il dolore della separazione non si placano mai grazie all’intimità. L’ossessione si incista nel tentativo inconscio di mantenere una vicinanza con l’oggetto d’amore. Vicinanza “virtuale” che però non placa efficamente la frustrazione dell’assenza, lasciando spazio a sofferenze ancor più pervasive.

Perdita di sonno, di interessi, di voglia di socialità,  in generale perdita di attenzione per gli aspetti vitali dell’esistenza porta a chiudersi in una bolla, con conseguente leggero distacco dalla realtà (non di natura psicotica) e fuga dalla possibilità di vivere amori concreti. 

L’amore idealizzato, impossibile è sempre un po’ ossessivo, è il prodotto di una personalità che tende a non lasciarsi andare e a trattenere le emozioni a causa di uno sviluppo eccessivo della razionalità e dell’idea di giustizia. 

L’amore impossibile è quello non corrisposto, non dichiarato o vissuto per breve tempo e poi congelato dalla rinuncia. 

In tutte queste tre situazioni l’impossibilità oggettiva è data da un’impossibilità interna nell’esternare e vivere pienamente le emozioni, giudicate severamente come inopportune, fuori luogo, sbagliate, pericolose ecc…

La personalità ossessiva infatti vive perennemente su due livelli: quello più intimo, nascosto accuratamente, molto sensibile e passionale, e quello “esteriore”, dominato dal controllo e dalla ragione. 

Ciò può dare luogo a uno sdoppiamento nella vita amorosa, in cui troviamo un partner ufficiale (che rappresenta la facciata esteriore ed è scelto sulla base della ragione più che della passione) e un amante (incarnazione vera e propria del lato passionale nascosto e represso)

Le possibilità di “guarigione” sono buone in soggetti giovani (in genere con l’età questi tratti si incistano e sono più difficilmente trattabili). In ogni caso esse coincidono con uno sblocco dell’emotività compressa, grazie alla diminuzione del senso di colpa inconscio e al raggiungimento di un’autorizzazione interna verso la ricerca della realizzazione piena di sè.

La personalità sociopatica

Diverso il discorso che riguarda gli amori ossessivi in cui l’ossessività non si manifesta puramente nella forma dell’ingombro mentale dell’innamorato. 

Quando si verificano modalità ossessive di trattamento dell’altro, ovvero atteggiamenti di controllo sadico, di imprigionamento e manipolazione siamo su un piano più complesso e “malato”.

La gelosia della personalità ossessiva infatti resta confinata nella sua sfera mentale/affettiva: l’ossessivo soffre perché vorrebbe ma non può avere ed è geloso della libertà del suo oggetto d’amore, che vede volar via. La gelosia lo divora, lo spinge a ritrarsi ma non a fare male all’altro.

Il carattere sociopatico, borderline o narcisista, tende invece a scaricare direttamente sull’altro le sue frustrazioni. La sua condotta risulta ossessiva e asfissiante, perché la distruttività fa parte del suo modo di intendere l’amore.

Nella misura in cui si attivano desideri di attaccamento in parallelo avviene un risveglio dell’odio e della rivendicazione che aveva caratterizzato la relazione primaria (con la madre)

La personalità è disturbata nella misura in cui è stato gravemente compromesso il rapporto col materno in età molto precoce. L’ambivalenza non si è mai risolta, così che ogni frustrazione insita nel rapporto con l’altro non può essere retta. L’altro deve essere sempre adeguato e all’altezza dei propri bisogni, pena una sua distruzione e umiliazione. 

L’empatia in questi quadri è un sentimento volatile, temporaneo, superficiale se non francamente assente. Non c’è un blocco nel concedersi l’amore ma una totale impossibilità di amare in maniera equilibrata e sana. 

Per il partner ne consegue un sistematico “attacco”, fatto di divieti, imposizioni, umiliazioni, scenate continue, critiche di ogni genere, freddezze, ricatti emotivi, assenze e via dicendo. Tali manifestazioni via via indeboliscono e piegano la volontà (forse già un po’ debole di suo) del partner invischiato nel rapporto malato, frastornandolo e isolandolo dal mondo.

L’amore ossessivo di questo genere è distruttivo, morboso, crudele e paralizzante.

Necessita di essere riconosciuto e trattato. Spesso però non arriva nemmeno all’attenzione dei curanti, perché si intreccia con la psicopatologia della vittima, impossibilitata a vivere rapporti simmetrici e non connotati da sudditanza psicologica.

Domandare aiuto anche in questi casi resta il primo passo per uscirne, pure quando ormai il tormento appare una condizione di vita ineluttabile.

Rapporto uomo donna

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