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Anoressia-bulimia: due facce della stessa medaglia

A tal proposito lo psicoanalista Massimo Recalcati chiama questi disturbi “malattie dell’amore”. Anoressia e bulimia colpiscono spesso chi si è trovato a subire una frustrazione d’amore, in rapporto soprattutto alla madre.

Questo non significa che le madri delle donne che vivono queste problematiche siano state affettivamente fredde o distanti.

In psicoanalisi ascoltiamo la parola di chi soffre, valorizziamo cioè il modo con cui ciascuno percepisce la sua realtà. E’ solo a partire da lì che si può capire cosa è successo.

Dunque una persona può essere stata amata con tutta la dedizione possibile da parte della madre, ma non aver percepito quel segno d’amore che per lei era fondamentale per sentirsi accettata e voluta in tutto e per tutto.

Può aver sentito prevalere la cura dei bisogni materiali sull’espressione di un amore incondizionato. Può cioè aver visto la propria madre tutta presa dalla serietà del compito di nutrirla correttamente, a discapito della circolazione affettiva. Scambiando l’ansia materna per una manifestazione dovuta ad una propria inadeguatezza. Sviluppando magari la convinzione di dover essere una brava bambina docile e ubbidiente per poter meritare affetto e riconoscimento. Di dover essere perfetta. Liscia, senza sbavature. In posizione di pieno controllo rispetto ai suoi capricci.

Rifiutare il cibo o al contrario rimpinzarsi fino a vomitare sotto questa luce assumono un senso, appaiono un po’ meno enigmatici. Non è un caso che si scatenino frequentemente quando nell’adolescenza si ripresenta una delusione amorosa.

Se per il DSM (Manuale Diagnostico Statistico dei disturbi mentali) l’anoressia e bulimia sono due fenomeni distinti, osserviamo invece come infondo costituiscano due facce della stessa medaglia.

L’anoressia indica la realizzazione dell’Ideale del soggetto. Essere perfetta, incorrotta, indipendente. E’ inoltre un modo per tentare di separarsi dall’Altro e dal suo volere. Un modo però patologico sia per gli effetti distruttivi, sia perché dimostra al fondo la permanenza di una forte dipendenza dalle sue aspettative.

La bulimia è invece spia del fallimento di questo Ideale. La pulsione a divorare tutto mostra il ritorno dell’imperfezione che si tentava di cancellare con il controllo anoressico. La spinta a mangiare, la pulsione infondo, rappresenta tutto ciò su cui l’essere umano non ha padronanza. Testimonia la sua miseria, la sua fragilità. I suoi limiti.

Abbiamo quindi una sola logica nell’anoressia bulimia: un rapporto di guerra, di non armonica convivenza fra l’ideale e la pulsione. Legame difficile per tutti gli esseri umani, che l’anoressia bulimia radicalizza fino alle estreme conseguenze della distruzione di sé.

Di solito questa logica si manifesta inizialmente con condotte di tipo anoressico (l’esordio della malattia avviene con restrizioni alimentari). In un secondo tempo osserviamo l’evoluzione nella bulimia. Nella bulimia vediamo ancora persistere lo sforzo di mantenere l’Ideale, perché infondo il vomito espellendo il cibo non fa altro che ripristinare il corpo magro.

In psicoanalisi diciamo spesso come la bulimia sia un dialetto dell’anoressia, un modo diverso, meno nobile, ma infondo simile di dire le stesse cose.

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