Verso la fine dell' anno scolastico: domande e risposte
Bisogna capire innanzitutto di che tipo di segni si tratta. Un brutto voto, una media che si abbassa riflettono una normalissima oscillazione nella resa scolastica degli adolescenti. La loro è l’età della turbolenza, dei cambiamenti repentini e delle contraddizioni: non c’è da stupirsi se anche la performance negli studi si rivela altalenante. I genitori in questi casi dovrebbero evitare di esercitare un’eccessiva pressione sui figli ma dar loro fiducia. Diverso è il discorso se ci troviamo di fronte ad un drastico crollo: talvolta può essere la spia di un disagio emotivo profondo, che va a ripercuotersi negativamente sulla capacità di mantenere la concentrazione sui libri. A questo livello è bene che gli adulti prestino massima attenzione ai segni di difficoltà che esulano il mero ambito scolastico, senza però aggravare la situazione con la loro angoscia.
Di che cosa hanno bisogno ora?
E’ difficile generalizzare: ci sono ragazzi che nelle prove rendono meglio sotto stress e senza incoraggiamenti di sorta mentre altri sono più sensibili ai rinforzi esterni. In generale l’adolescente ha ancora bisogno di sentire la presenza genitoriale ma nello stesso tempo vuole anche dimostrare di essere indipendente e capace di cavarsela al di là della spalla rassicurante di mamma e papà. I genitori alla luce di ciò dovrebbero essere attenti osservatori, sensibili alle richieste esplicite di aiuto, ma nello stesso tempo capaci di tenere una dovuta distanza, per lasciare ai loro ragazzi anche la possibilità di cadere e sbagliare. Non è detto che da un fallimento non nascano insegnamenti preziosi per una vita.
Che cosa invece sarebbe inutile o controproducente: minacce, full immersion sui libri...?
In linea di massima la costrizione è sempre controproducente. In psicoanalisi diciamo spesso che l’insistenza genera resistenza. Un genitore attento non lo si riconosce da quanto controllo esercita sui suoi figli ma da quanta fiducia è in grado di accordare loro. E questo comporta anche una buona dose di tolleranza verso l’errore e la caduta. Uno sbaglio oggi non andrà necessariamente a compromettere il futuro del giovane, anzi. Se ben accolto risulta essere più prezioso di un successo: dà infatti al ragazzo la possibilità di porsi delle domande, sviluppare consapevolezza rispetto ai propri limiti e interrogarsi su chi è e cosa vuole veramente. Se va sempre tutto troppo bene certe domande neanche vengono poste e il rischio allora è quello di fare le cose più per gli altri che per se stessi. Cosa che alla lunga non paga.
Quale meccanismo interviene in un ragazzo che sa che verrà rimandato in una o più materie (o che addirittura è consapevole che sarà bocciato)? E come possono aiutarlo i genitori?
In comune l’esperienza del venir rimandati e quella dell’essere bocciati hanno l’umiliazione. Il ragazzo può sperimentare dei vissuti di inferiorità e di inadeguatezza rispetto al gruppo dei compagni. Così come possono insorgere rabbia e frustrazione per non essere stati all’altezza delle aspettative degli adulti. Va sottolineato però che una bocciatura non ha lo stesso peso di una materia a settembre. E’ un’esperienza più forte, perchè può essere percepita come una squalifica della propria persona senza possibilità di appello. Di fronte a queste esperienze di fallimento è importante allora che i genitori non vadano a peggiorare la situazione con rimproveri o accuse ma si sforzino di cogliere il vero disagio che il ragazzo esprime attraverso l’insuccesso scolastico. Questo non significa che giustificheranno acriticamente loro figlio sminuendo la portata dell’evento. Anzi. E’ proprio a partire dal riconoscimento del problema che potranno vedere loro figlio per quello che è, limiti inclusi, al di là delle loro aspettative idealizzanti.