Amori virtuali
Oggigiorno tra i giovani (ma anche tra molti adulti) sembra che il sentimento dell’amore non possa più sganciarsi dall’influsso del mondo dei social, con i quali le persone si cercano, si inquadrano e si studiano.
Attraverso tale sistema si è venuta a creare da una parte la presunzione di poter capire l’altro velocemente (assemblando pezzetti della sua vita privata esibiti al pubblico), dall’altra l’illusione di poter sempre raggiungerlo e di poter evincerne il grado di interessamento e di coinvolgimento attraverso dei fatti supposti oggettivi (foto o storie viste su Facebook, “like”, spunte blu su Whatsapp, stati, ultimi accessi ecc…)
La paranoia
Tale modalità ha delle ricadute pesanti nelle relazioni; se apparentemente le agevola e le favorisce, ciò che si osserva da vicino nella clinica ma anche nella vita è un incremento di dinamiche malate e tossiche per la serenità psichica.
La ricerca spasmodica di “segni” che indichino incontestabilmente il livello di gradimento dell’altra persona o il tentativo di inviare messaggi “subliminali” che l’altro dovrebbe con perizia decriptare, incistano una modalità comunicativa di natura allusiva (propria semmai dei primi tempi del corteggiamento) che in questi spazi virtuali si allarga indefinitamente, sfiorando il delirio di riferimento.
La mediazione dei social negli affari di cuore fomenta nella mente umana (anche in quella non malata) una sorta di “paranoia di controllo” , di fissazione su dettagli futili ricercati convulsamente sullo schermo di un cellulare che nulla hanno a che vedere con il reale vivo dello scambio umano.
Le persone, con i social, cercano paranoicamente delle certezze, cercano cioè di aggirare l’incertezza insita nel rapporti umani basando per altro le proprie elucubrazioni non su percezioni personali, bensì su presentazioni create ad hoc da parte dei sistemi e manipolate a piacimento dai fruitori. Ne deriva un che di artificioso e di contorto, in cui il grande assente è l’incontro.
Anche per i più avvertiti e i più senior è facile scivolare in certi circoli viziosi; i giovani tuttavia sono i più esposti e quelli che rischiano maggiormente di venir inghiottiti nel gorgo digitale; il rischio per loro è smarrire un qualche minimo senso di orientamento nella relazione che non sia mutuato dai social e dalle loro regole.
L’ambiente del virtuale è così nocivo alle giovani menti anche perché le indebolisce rispetto alle frustrazioni che la realtà invece mette spietatamente di fronte. Se il ragazzo dei desideri mette dei “like”, chatta volentieri ma poi non invita mai fuori per un incontro nella vita reale non vuol dire che sia un timido cavaliere che teme di uscire dall’ombra.
Ma le fanciulle contemporanee frequentemente interpretano così la condotta incoerente dell’agognato ragazzo, scelto spesso sulla base di criteri stereotipati, a volte nemmeno conosciuto di persona. Esse si struggono e si scervellano fino allo sfinimento creando congetture proprio a partire da quei “like”, segni inequivocabili di interesse (che in realtà non significano niente ma che per la logica del social sono invece tutto).
Accade così che la realtà venga negata e prenda il sopravvento una pseudo realtà velatamente delirante dove tutto viene spiegato secondo una causalità distorta, avente come finalità la soppressione di un fatto semplice ma amaro: al ragazzo in questione la fanciulla resta simpatica ma nulla più.
La maturità psichica, che ha fra i suoi caposaldi il riconoscimento e la tolleranza delle frustrazioni, viene inibita, con tutta una serie di prevedibili conseguenze. Lo “stalking” o il controllo compulsivo di stati e accessi prendono il posto dell’accettazione della delusione. Qualcosa dunque di violento, per se stessi e per gli altri, si sostituisce al dolore psichico. La rabbia rimpiazza il patimento e la possibilità di una sua integrazione e superamento.
La cura
A poco serve, davanti alla persona preda del suo delirio da social (qualsiasi esso sia), argomentare circa l’assurdità di certe teorie. Chi è dentro a determinate ossessioni non ne esce solo perché qualcuno gli mostra come stanno le cose. Il rifiuto di vedere non è trattabile.
Il paranoico che è strutturalmente tale resterà impermeabile anche dopo la debacle, e ci sarà poco da fare se non limitare gli effetti della sua convinzione errata.
Ma esistono anche le paranoie transitorie in strutture nevrotiche, tuttavia segnate da immaturità, blocchi non superati, solitudini o eventi dolorosi. In questi casi la certezza non è granitica, e si può lavorare ai fianchi per preparare un terreno fertile ad una svolta.
Bisogna però agganciare il vero punto di sofferenza che ha spinto all’accecamento e ha consegnato nelle trappole dei social e lavorare su quello, senza accanimento, con dolcezza ma con la fermezza di chi capisce senza giudicare.
Riconnettendosi a se stessi, trovando il coraggio di guardarsi, si può togliere la benda che offusca la presa d’atto dolorosa. Con l’esito di riuscire a tenere il telefono il più alla larga possibile, rituffandosi nella prosaica vita, magari più grigia di quella scintillante di Facebook ma sicuramente più vera.