Skip to main content

La ricerca dell’equilibrio interiore

In genere un robusto equilibrio interiore non si basa né su un approccio passivo all’esistenza né al rovescio su un eccesso di presa e di controllo sugli eventi. La modalità rinunciataria così come l’atteggiamento iper volitivo sono fonte di sofferenza cronica, perché si basano entrambe sul rifiuto dell’esperienza della frustrazione.

L’integrazione della limitatezza umana e della fatalità

Saper integrare il fallimento, lo scacco, la delusione è dunque un’abilità fondamentale per riuscire a  mantenere una centratura e una serenità di base indipendenti dalla piega che prendono le situazioni.

Un buon equilibrio emotivo permane nonostante gli alti e i bassi della vita. Si tratta di uno stato che non coincide con una difesa psichica, con il distacco emotivo tout court, con la negazione o la maniacalità.

La persona dotata di un buon equilibrio di base non è una che non si arrabbia mai, non piange mai, non soffre ed è sempre allegra (in personalità troppo imperturbabili o troppo “positive” è facile infatti che si annidi un qualche mascheramento basato su difese psichiche).

Essa, pur soffrendo, pur venendo travolta sulle prime dall’onda umanissima dell’emotività, resta capace di identificare la causa del suo problema, di analizzarla e di trovare delle strategie per proseguire con motivazione nonostante la debacle. 

Il segreto per rimanere centrati sta allora nella possibilità di identificare, accettare e infine digerire  il  negativo, eventualità che si rinnova piuttosto di frequente quando  ci si vuole mantenere aperti all’esperienza, desiderosi di fare e di vivere. Chi costruisce muri e baluardi difensivi per evitare l’incontro con la frustrazione finisce per non vivere più e per non mettersi mai davvero in gioco.

La ricerca del bilanciamento emotivo non va quindi vista come una pratica ascetica o meditativa ma molto più prosaicamente come la possibilità di concepire e di metabolizzare  l’errore, l’abbaglio, la fallibilità così come la fatalità e l’avversità (che hanno ragioni imperscrutabili).

La stabilità  di fondo permane inoltre nella misura in cui l’io non si identifica pienamente col successo o il fallimento, dimostrando una buona emancipazione da dinamiche di rispecchiamento.

L’Io di chi possiede o ambisce ad una misurata saggezza non si gonfia e non si espande quando le cose si mettono al meglio né si mortifica e demolisce quando le sue performance o le sue condizioni di vita subiscono delle battute d’arresto anche clamorose.

Con un approccio che valorizza l’essenziale la percezione di armonia interiore viene potenziata. Le passioni possono essere vissute in maniera intensa, eppure la distruttività è bandita su tutti i fronti, sia verso se stessi che nei confronti degli altri.

I nemici della serenità interiore: colpa, giudizio, invidia

Tre importanti vizi che affliggono l’umanità e che ne alterano la serenità perdono allora il loro senso e la loro forza se visti alla luce di un atteggiamento più consapevole. Essi sono l’attitudine alla colpa, al giudizio e all’invidia.

Tutti e tre condividono un ispessimento egoico difensivo nei confronti del reale in cui siamo immersi. La verità spietata che non ci piace è che ciascuno di noi, a proprio modo, è fragile e mediocre, così come l’ambiente che ci ospita è profondamente instabile, capriccioso, carico di mistero e di bellezza impenetrabili.

Riconoscere la pochezza dell’io è il cuore dell’elaborazione della frustrazione. Diventiamo capaci di tollerare noi stessi e le avversità quando ci facciamo una ragione della nostra mediocrità e anzi, riusciamo perfino ad averne compassione e rispetto.

Ciò senza scivolare in un atteggiamento rassegnato e fatalista. Anche alla luce della consapevolezza dei nostri limiti se vogliamo mantenerci in vita non possiamo sederci. Si tratta semplicemente di fare con quello che c’è, ovvero con gli strumenti che ciascuno di noi ha, e tentare di usarli al meglio per il piacere di contribuire con la nostra energia. 

La colpa sottende un ideale di perfezione, tendenzialmente mortifica e incasella nel dover essere, rovinando pesantemente il senso di leggerezza interiore là dove le cose non vanno come dovrebbero, là dove vengono compiuti degli errori.

Il giudizio parallelamente alimenta l’idea di una supposta superiorità del giudicante rispetto al giudicato. Ma che ne sa davvero il giudicante dell’altro, delle sue vicende più intime e nascoste? Cosa lo garantisce rispetto al suo essere migliore? 

Non si basa il giudizio su fatti esteriori, di nuovo su come pensiamo che dovrebbero andare le cose? Un conto sono le opinioni, un altro i giudizi senza appello. A ben vedere poi chi giudica ha così bisogno di demolire l’altro perché è terrorizzato dalla possibilità di essere proprio come lui.

L’invidia anch’essa è frutto della dinamica del confronto sfrenato basata sull’ideale di perfezione. L’invidioso sente che la felicità altrui lo diminuisce perché egli non fa davvero  i conti con sé stesso, non vuole conoscersi e piacersi per quello che è, non offre le sue energie per la soddisfazione di dare un contributo nella società ma per imporsi meramente su un piano di prestigio.

Quando si va in terapia con la domanda generica di “trovare il mio equilibrio”  bisogna sapere allora che si incontreranno questi temi esistenziali spinosi. Potranno magari essere anche aggirati da tante parole, ma essi alla fin fine resteranno lì, in attesa prima o poi di venir presi seriamente in considerazione.

Disagio contemporaneo

Altri articoli di attualità

La non accettazione del limite

Che significa rifiutare i propri e altrui limiti? Da dove origina tale attitudine? E quali ricadute ha sulla vita?

Un po' tutti gli esseri umani tendono a non voler accettare la propria castrazione, ovvero la limitatezza del proprio essere e delle sue possibilità espressive e d'azione. Anche i bravissimi, i più talentuosi hanno un punto debole, una macchia cieca che offusca in parte la loro lucidità. È un dato di struttura: la perfezione assoluta non è propria dell'umano, che è tale perché è diviso, lacerato, incompleto.

Leggi l'articolo

La sindrome di Peter Pan

La  figura di Peter Pan (un personaggio letterario, ibrido fra uccello e bambino), viene comunemente evocata per indicare l’immaturità emotiva tipica di alcuni soggetti, appartenenti  soprattutto al sesso maschile.

Leggi l'articolo

Chi si lamenta non vuole cambiare

Lamentarsi è un ottimo modo per non confrontarsi davvero con se stessi.

Leggi l'articolo

L'incontro con lo straniero

Davanti al progressivo aumento nelle nostre città di soggetti provenienti da altri paesi assistiamo ad un parallelo incremento del sentimento dell’angoscia nei cittadini. Perché ci angosciamo? Siamo i soli a sentirci disorientati dal contatto con il diverso o accade anche allo straniero stesso di sentirsi insicuro e diffidente?

Leggi l'articolo

Rispetto e amore

Il termine rispetto viene dal latino e significa letteralmente “guardare indietro”. Il verbo “respicere” sembra alludere a qualcosa di più profondo di una semplice osservanza di una regola.

Leggi l'articolo

Il bullismo visto dalla compagnia teatrale Quelli di Grock. Osservazioni sullo Spettacolo “Io me ne frego”.

Biglia e Rospo sono due ragazzini molto diversi. L’uno studioso, un po’ timido, ancora acerbo nel corpo. L’altro allergico alla scuola, chiacchierone, fisicamente prestante. Stanno bene insieme, sono amici. Tra loro c’è uno scambio spontaneo e vivace, al di là delle differenze caratteriali. La presa di giro, quando c’è, è lieve, non punta a distruggere ma esprime l’attrazione di fondo per la particolarità dell’altro.

Leggi l'articolo

Il valore dei "no" del padre

La più importante e strutturante forma di limite che un essere umano normalmente dovrebbe incontrare agli albori della sua esistenza è quella incarnata dalla figura paterna. Alla necessaria fusionalità con la madre sarebbe cioè auspicabile che seguisse una "castrazione simbolica" operata dal padre, il quale, riattirando su di sè il desiderio della donna, staccherebbe così il bambino da quel godimento assoluto.

Leggi l'articolo

Il culto moderno dell'apparire

Apparire è senz'altro uno dei principali diktat moderni. L'uomo contemporaneo è cioè pesantemente incalzato, fin dai banchi di scuola, ad esibire agli occhi del suo contesto sociale di appartenenza un'immagine di forza e di successo.

Leggi l'articolo

L'essere, la mancanza e la schiavitù del possesso

L'essere umano è mancanza a essere, è cioè attraversato da una mancanza incolmabile, legata alla sua insufficienza strutturale, allo strappo patito rispetto ad un tempo mitico di pienezza. L'oggetto, insegna Freud, è da sempre perduto, può solo venir cercato all'infinito. Ogni suo ritrovamento nel reale è un inganno, un'allucinazione. La mancanza non si colma, non si può colmare, mentre la pulsione continua a spingere con forza acefala verso i suoi oggetti nonostante il niente appaia regolarmente al fondo di ogni soddisfazione puramente materiale.

Leggi l'articolo

Verso la fine dell' anno scolastico: domande e risposte

I nostri figli adolescenti stanno iniziando a mostrare segni di cedimento a scuola. Come possiamo aiutarli ad arrivare alla fine dell'anno scolastico? 

Leggi l'articolo

Il disagio della giovinezza

La giovinezza è quel lasso di tempo nella vita di una persona che segue l'adolescenza e prelude all'età adulta. È di durata variabile, generalmente si situa fra i venti ed i trent'anni circa. A differenza dell'adolescenza, connotata per lo più dalla ribellione e dalla spinta violenta alla differenziazione dal contesto di origine, implica la ricerca di una dimensione personale che non sia però più in opposizione netta all'Altro, ma a cui sia permesso un inserimento e una possibilità di realizzazione concreta nella societá.

Leggi l'articolo

Elogio del vuoto: riscoprire il tempo per se stessi

Spesso siamo portati a credere che il valore del tempo risieda nella quantità di cui ne possiamo disporre per fare delle cose. Ci lamentiamo continuamente di non averne abbastanza, nella misura in cui ci percepiamo incalzati dalla necessità del far fronte a mille impegni da cui davvero non possiamo esimerci.

Leggi l'articolo