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Depressione e rinuncia

Un progetto o una persona facevano sentire profondamente vivi, ma anche destabilizzati, in balia dell'incertezza e della precarietà. E allora indietreggiare era parsa come una comoda via d'uscita, un tornare alle rassicuranti ed insoddisfacenti sicurezze di sempre.

Quando non osiamo, quando preferiamo non perdere nulla in termini di confort e di benessere, invariabilmente veniamo puniti con una flessione del tono dell'umore. I nostri occhi, ad uno sguardo attento, nonostante la facciata di sorrisi e padronanza, tradiscono una sorda infelicità.Tentiamo di distrarci con mille impegni ed attività, ma nel nostro intimo quella sensazione soffocante di incompiutezza non ci dà tregua. Magari apparentemente la nostra vita è perfetta: un buon compagno, un buon lavoro. Ma qualcosa manca. Manca la scintilla del desiderio, le nostre giornate sono amministrate più che assaporate e vissute.

Cosa fare? Certo non si tratta di buttare impulsivamente tutto all'aria. Nè di continuare a crogiolarci nel rimpianto di ciò che avrebbe potuto essere e non è stato. Guardarsi indietro, rileggere il passato ha senso solo per poter cogliere la logica che ha finito per determinare la situazione attuale. Perde tutto il suo valore invece se diventa un ruminare ossessivamente sulle occasioni perdute, come un voler tornare indietro per cancellare quello che è stato. La realtà del passato non è modificabile. Ciò che può mutare è il nostro modo di approccio a ciò che ci spaventa, solo se però iniziamo a guardarci onestamente dentro, a conoscere i nostri lati più nascosti, quella verità che ci riguarda e di cui per stare tranquilli non abbiamo voluto sapere proprio nulla...

Nel dare voce al nostro inconscio, alla parte in ombra e creativa di noi stessi, piano piano recuperiamo un contatto intimo con desideri ed aspirazioni, ci apriamo nuovamente alla dimensione della sorpresa e dell'incontro. Oggi, nel qui ed ora.Rinunciamo all'aspirazione al controllo, ci esponiamo con rinnovato entusiasmo a situazioni ed eventi nuovi, così come magari notiamo per la prima volta ciò che è stato a lungo sotto i nostri occhi e non abbiamo visto per anni.

Una psicoterapia psicoanalitica non è un percorso breve e non risolve magicamente le cose che non sono andate bene per una vita. Ma nel tempo, con pazienza, produce veri e propri rovesciamenti di prospettiva. Combatte la depressione non perché la aggredisce frontalmente con tecniche o manovre che non coinvolgono chi le subisce passivamente. La contrasta proprio perché riattiva, attraverso la parola e una buona relazione terapeutica, le energie vitali assopite di chi domanda aiuto. A lui è richiesto uno sforzo preliminare, senza il quale non può esserci nessuna terapia.

Lo sforzo di parlare, di raccontarsi, di dire di sè non è aggirabile. Così come quello di ascoltarsi davvero, di farsene qualcosa di ciò che si è dissotterrato e messo in parola con tanta fatica. Il tutto in presenza di un uditore sicuramente sollecito nel sostenere questa parola, assolutamente di sostegno nella difficoltà, ma nello stesso tempo instancabilmente in attesa di un movimento soggettivo da parte del suo paziente, anche fosse maldestro, incerto e a rischio di caduta.

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