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Il panico e il padre. Quale rapporto c’è?

Esiste un rapporto fra panico e figura paterna, o meglio fra panico e funzione paterna.

Ha senso sottolineare questa differenza per non identificare il padre in carne ed ossa con la sua funzione. Che è quella di stabilire dei limiti, dei confini, delle soglie, delle regole. In psicoanalisi vediamo all’opera la funzione limitante paterna nel taglio del cordone ombelicale che lega il figlio alla madre.

La funzione paterna è attiva quando qualcosa si frappone fra il bambino e la sua mamma, quando la simbiosi della coppia si rompe. Quando cioè il piccolo non è più in balia del capriccio della madre, poiché è lei stessa sottoposta ad una limitazione. Si stacca dal bambino, va via per un po’, è presa anche da altro. Non è più solo madre. Il padre spesso nella realtà fa da supporto alla funzione paterna, è colui che ristabilisce gli equilibri nel menage familiare, mettendo ordine sia sul lato del figlio che su quello della madre. Esercita una doppia castrazione: da una parte sul figlio, non puoi godere direttamente di tua madre, tua madre è la mia donna. Dall’altra sulla madre, calamitando su di sé il suo desiderio di donna. Questo dire “no” alla simbiosi madre figlio, questa castrazione, questo porre un freno, un limite, si rivelerà salvifico. Permetterà al bambino di dare senso al mondo e di accedere alla libertà di desiderare. E’ un primo “no” fondamentale che prelude a un “sì” alla vita.

Qual è allora il legame fra funzione paterna e panico? Dalle storie di vita di chi soffre di panico emerge costantemente una sua debolezza, che spesso si incarna in un padre reale svalorizzato, assente, inconsistente. Predomina piuttosto la coppia madre figlio o madre figlia sullo sfondo di una delusione radicale nei confronti del padre. La funzione di limite, di argine viene meno su i due fronti della madre e del figlio. Da un lato la“bocca di coccodrillo” della madre, tende a richiudersi sul suo frutto. Dall’altro il figlio non impara a tollerare il limite come un’esperienza necessaria e positiva, che gli permette di accedere a una sua dimensione privata di desiderio. La disciplina, il sacrificio come condizione di una realizzazione personale piena sono svalorizzate, e nel figlio si può ingenerare un rifiuto totale verso le minime costrizioni.

Il panico simboleggia questa doppia situazione: da un lato il sentirsi chiusi, soffocati in un rapporto simbiotico con l’altro, l’essere schiacciati dalla sua presenza asfissiante. Dall’altro esemplifica la sensazione che si può sperimentare se mancano dei punti di riferimento solidi, saldi, fermi. Dei no. Senza il no, senza il limite e l’ordine che assicura, la realtà appare caotica, tutto sembra senza senso. Nel panico succede proprio questo. Si sperimenta la perdita dei propri confini, la sensazione di andare alla deriva, di essere trascinati da forze che ci sovrastano in un mondo senza appigli, senza certezze. Le fobie che si sviluppano sono dei modi per introdurre dei punti fermi, per circoscrivere le paure, per limitare il panico generalizzato. In un certo senso quando abbiamo le fobie siamo già di fronte a una certa stabilizzazione del panico.

Chi soffre di panico ha quindi incontrato la carenza della funzione paterna, spesso la carenza stessa del padre reale. Ha visto il padre ammalarsi, andare via di casa, andare con altre donne, perdere la stabilità psichica a seguito di incidenti o malattie…In ogni caso da un certo punto in poi ha visto il padre evaporare e si è ritrovato invischiato in una relazione totalizzante con la madre. Spesso è cresciuto nell’odio, nel disprezzo o nella svalorizzazione totale della sua figura. Si è ritrovato in difficoltà con l’identificazione di un suo personale desiderio. Frequentemente chi soffre di panico si lamenta di non avere passioni. Di essere apatico, svogliato. Tutto fa fatica, come se non si volesse accettare la fatica intrinseca al mettersi al lavoro per realizzare un sogno. Non c’è infatti desiderio che non implichi per la sua realizzazione uno sfondo di sacrificio e di rinuncia. In netta contrapposizione con la stasi rassicurante ma paralizzante assicurata dal guscio materno.

La cura del panico punterà allora a rafforzare la funzione paterna indebolita. Spesso a partire da una riabilitazione del padre reale, quello in carne ed ossa. Che sebbene sia stato carente, debole, francamente odioso ha dato comunque qualcosa in eredità. Frequentemente vengono a galla delle identificazioni inconsce con lui, dei punti in comune, dei talenti, dei difetti condivisi. Eredità preziosissime da valorizzare per rafforzare il senso dei propri confini e della propria identità.

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