Metamorfosi o trasformazione?
Bion, a proposito dei mutamenti attivati da un percorso terapeutico, parlava di "trasformazione", intendendo con questo termine la possibilità di prendere finalmente le distanze dai condizionamenti esterni (tipicamente quelli familiari) per ascoltare la voce del proprio desiderio. Ciò a partire non da un netto rifiuto dell'eredità familiare, ma da un suo riconoscimento. Solo riconoscendo le proprie radici si può diventare se stessi. La liberazione dalle catene del passato avviene sempre sullo sfondo di una rivisitazione critica della propria storia, che non mira a negarla, rifiutarla, cancellarla, bensì ad accettarla come parte fondante di sè e che tuttavia non riassume, non riassorbe tutto il nostro essere.
L'autentica trasformazione va però distinta da una figura in apparenza simile, ma che a ben vedere non vi ha proprio nulla a che vedere. Si tratta della " metamorfosi", ovvero di una serie di cambiamenti continui, solo superficiali, inconcludenti. Qui manca del tutto la dimensione dell'autenticità, della scoperta del proprio desiderio e della dedizione necessaria perché si realizzi.
La metamorfosi è di facciata, non ha sostanza. È un falso movimento, assomiglia ad un capriccio, come viene se ne va. Di fatto non riflette un movimento di vera separazione dall'altro, bensì il permanere di una certa dipendenza nei suoi confronti. Non comporta la scelta per ciò che riflette un'aspirazione intima e personale ma rimane nella logica mimetica del fare le cose che fanno gli altri, che possono piacere agli altri, camaleonticamente. E, come tutte le azioni portate avanti per pura seduzione o compiacenza, porta presto o tardi all'insoddisfazione.
Un percorso psicoanaliticamente orientato può dunque aiutare chi si trova impigliato nella rete dell'insoddisfazione cronica e della noia ad inoltrarsi in un processo di trasformazione. Che in quanto tale richiede tempo, fatica, costanza e disponibilità a guardare indietro nel tempo. Non tanto per sostare nella nostalgia del passato, nel rimpianto o nella rabbia, ma per recuperare il contatto con ciò che si è stati in vista di quello che si vuole diventare.
Conoscere a fondo il "potere di ieri" fa sì che se ne possa prendere le distanze e depotenziare la forza. Recuperando così la libertà di dedicarsi a qualcosa di originale, di veramente singolare ed inimitabile. A partire magari proprio da un inciampo, da un fallimento, da un errore, dalla consapevolezza dei propri limiti, fondamentale per convogliare le proprie energie nella direzione che più ci appartiene.