La mentalità paranoica
Ai nostri occhi si è imposto l’ennesimo spettacolo di morte. A colpirci questa volta il rischio concreto che possa riguardarci, uno schiaffo in pieno viso. Ci chiediamo come sia possibile, ci sentiamo impotenti e disarmati di fronte al grottesco ripetersi della storia.
Già stremati da due anni di Covid ci ritroviamo catapultati in scenari di guerra. L’angoscia si risveglia e ognuno di noi tenta di arginarla con i mezzi che ha. C’è chi prega, chi si disinteressa del tutto, chi pensa che andrà bene, chi si eccita con fantasie belliche, chi si mobilita per fare qualcosa, chi si rassegna, chi non dorme, chi si incolla davanti alla tv, chi tira dritto pensando ai fatti propri ecc…
E mentre noi facciamo nuovamente i conti con l’incertezza, altrove si muore coraggiosamente, nel tentativo estremo di resistere alla follia di una mente che non ha retto e ha ceduto ai propri fantasmi.
Certi tiranni sono passati alla storia per gli effetti oscenamente disastrosi della concretizzazione delle loro visioni metafisiche distorte. La follia lucida associata al potere e alla disponibilità di armi di distruzione traspone nella realtà gli scenari allucinati in cui persecuzione e morte sono gli attori principali. La cancellazione dell’altro si estende fino alla carne e al sangue del così detto nemico.
Le logiche sanguinarie che in questi giorni sono orrendamente portate alla nostra attenzione ci allarmano così tanto perché ci rendiamo conto che nella loro disumanità sono profondamente umane.
La follia omicida è una tentazione che riguarda tutti: sentire l’impulso di schiacciare l’altro, annientarlo per la sola colpa di essere diverso, di pensarla diversamente e di frapporsi al raggiungimento di “grandiosi”obiettivi personali è una dinamica tristemente nota.
La paranoia, ovvero la collocazione del male all’esterno in modo da preservare una purezza e un’integrità incontaminata nel proprio essere, non è propria solo dei capi di stato violenti, dei delinquenti o dei così detti malati mentali.
È un modus operandi della mente molto diffuso. In certe specifiche condizioni e in determinate congiunture (spesso date dalla somma di potere assoluto e accesso alle armi) può andare incontro a scompensi con passaggi all’atto violentissimi.
La democrazia, pur con tutti i suoi limiti, mette un freno all’umana tendenza alla sopraffazione del diverso e del debole.
L’aggressività ha una matrice paranoica nella misura in cui scaturisce automaticamente dal contatto col simile, considerato una minaccia in quanto semplicemente “altro” speculare.
Questo “o te o me”, meccanismo mentale primitivo comune a tutti, purtroppo governa inconsapevolmente moltissime persone, che restano per vari motivi schiave di un livello elementare di percepire e vivere i rapporti umani. Sotto stress a molti di noi può venire da reagire secondo questa logica.
Un sistema democratico a livello sociale serve per l’appunto a disinnescare escalation assolutiste; il diritto di parola, la possibilità di una pluralità di punti di vista, il bilanciamento della parte dominante che decide e governa garantita da un’opposizione libera (che ha a sua volta poteri e voce in capitolo nelle decisioni) permette di frenare e arginare derive megalomaniche e distruttive.
Nonostante le inevitabili debolezze, falle, storture e persino corruzioni nel sistema democratico esso appare l’unico in grado di castrare e dunque ridimensionare un po’ tutti. I poteri delle più alte cariche non sono illimitati, così come nessun singolo detiene il potere di vita e di morte sugli altri.
Per quanto ci provi, la democrazia non riesce a tenere del tutto a freno l’uccisione “simbolica” dell’altro. I giochi di potere, ovvero i modi per sabotare il sistema, esistono eccome. “Far fuori” l’altro metaforicamente non è difficile, tuttavia avviene nelle pieghe di un gioco che ha almeno determinate regole, in un rimescolo che prima o poi vede girare la fortuna.
Nei regimi assolutisti non esiste regola, solo la volontà del capo. Quando essa è illuminata, molto raramente, le cose possono anche andare bene.
Ma, essendo il capo un uomo, essa risulta il più delle volte capricciosa e intrisa degli accecamenti personali dell’Io del leader. I poveri schiavi che circondano il monarca (il popolo non viene nemmeno visto come entità umana) sono alla sua totale mercé; il dissenso viene punito con l’eliminazione, chi resta non ha un pensiero proprio, non ha tempra e personalità forte ma cerca solo di trarre il maggior guadagno possibile dalla sua appartenenza al cerchio magico.
Purtroppo anche da noi, in seno alla nostra democrazia, esistono molte realtà costituite integralmente su basi autoritarie. Sono contesti però fragili, destinati a disintegrarsi con l’annebbiarsi delle facoltà mentali del leader, non sostituibile per mancanza di personaggi di spessore.
Per quanto i nostri sistemi governativi e sociali siano impostati alla preservazione dei valori del rispetto e della tolleranza resta al singolo l’impegno di elevarsi dalla schiavitù della distruttività.
Che i venti di guerra possano fornire lo spunto a molti di noi per riflettere su questi temi, alla luce della consapevolezza che essi ci riguardano come uomini ancora prima che come cittadini.