La riconciliazione con il passato
I primi tempi di un percorso psicoterapeutico sono spesso caratterizzati dall’intensificazione del dolore associato ad alcune ferite del passato.
La possibilità di dire, offerta dalla psicoterapia, provoca non solo l’emergere di ricordi penosi, ma anche lo sviluppo di una coscienza più piena e più lucida rispetto a certe dinamiche ed accadimenti in cui si è rimasti invischiati per anni.
Aprire progressivamente gli occhi sul vero reale in gioco in rapporti e situazioni apparentemente “normali”, se da una parte stimola un movimento di distacco rispetto ad atteggiamenti sintomatici e un recupero della propria individualità soffocata, dall’altra può fomentare dei sentimenti di rabbia e di rancore.
Tali passioni negative, se trovano un’accoglienza nello spazio terapeutico (che si associa alla capacità della persona sofferente di tollerare la negatività), possono diventare oggetto di analisi e non ostacolare eccessivamente il processo di cura.
L’attraversamento del lutto
L’incontro con il dolore è quindi inaggirabile all’interno di qualsivoglia psicoterapia degna di questo nome. La ricerca del sollievo, se è legittima, non può prescindere dall’attraversamento di uno stato simil “luttuoso”, in cui i ricordi sofferti e il rivivere certi eventi significativi dominano la scena.
Il tempo necessario a questa “traversata” nelle acque oscure del negativo non è prevedibile e non è uguale per tutti. In ogni caso esso gioca un ruolo importante: affinché si produca uno spostamento significativo bisogna che di tempo ne passi un po’.
Ad un certo punto, durante il percorso di elaborazione delle nuove consapevolezze, la persona inizia a porsi delle domande di senso. Che senso ha tutto questo dolore? Che senso ha la mia vita, colpita da tanto male?
Chi non riesce a portare a termine il lavoro del lutto risponde in maniera disperata a questi interrogativi. Conclude tristemente su una mancanza di senso, condannandosi all’eterna vittimizzazione.
Infondo credere che il senso e il valore di una vita si fondino sul suo non essere mai stata toccata dal male significa restare confinati dentro un orizzonte ideale e immaginario, vuol dire fossilizzarsi su come le cose sarebbero dovute andare, perdendo ogni aggancio che il presente offre sempre. Gli occhi non vedono più e il passato assorbe tutto quello che c’è, si fa eterno e insuperabile.
La riconciliazione
Un lavoro di attraversamento riuscito porta invece non solo a trovare un senso, ma anche a sviluppare una percezione di gratitudine. Vedere il senso vuol dire vedere gli “insegnamenti” del male subito, vuol dire aprirsi al fare della propria vita qualcosa di diverso rispetto a ciò che si è subito, a ciò che il destino avverso sembrava avere in programma.
In questo movimento non si tratta di negare il dolore, di diluirlo in un compiacimento per la propria storia o in una supposta saggezza superiore indotta dal male. Nel vero passaggio da un capo all’altro nel tunnel della sofferenza il dolore resta tale.
È l’uso che cambia, esso viene utilizzato in maniera costruttiva anziché autodistruttiva, messo a disposizione come strumento che concorre a creare qualcosa di utile per sé e per gli altri.
In questo modo la propria vita non viene più svalutata come qualcosa di imperfetto rispetto ad un modello ideale ma verso di essa si nutre compassione e rispetto.
Al tempo stesso non ci si aspetta più dagli altri una specie di ricompensa per i mali subiti ma si comincia in prima persona ad agire in maniera diversa rispetto a certi modelli disfunzionali.
Un rischio dell’esposizione ad eventi negativi è quello della ripetizione. La vittima tende ad imitare successivamente il suo carnefice, come se non avesse ricevuto altri esempi.
La rottura delle catene della ripetizione è un altro indice di un lavoro del lutto riuscito, che esita in una vera riconciliazione.
Riconciliarsi col passato assume il valore di un riconoscimento integrale della propria storia, poter guardarsi da fuori e piacersi per quello che si è stati e si è.
Le cicatrici non vengono più guardate con odio ma assumono il valore di segno di una battaglia difficile, da cui si è usciti più o meno acciaccati ma vivi e desiderosi di vivere in pace.
La gratitudine è quella della creatura che sopravvive, che coglie la bellezza e le possibilità del presente nonostante tutto.