Come funziona la psicoterapia psicoanalitica?
Chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta non è mai un atto semplice, nella misura in cui esso comporta da un lato la preliminare ammissione di fronte a se stessi di una fragilità, dall’altro la disponibilità a comunicare tematiche intime e delicate a qualcuno che non si conosce.
La funzione dei primi colloqui
Il movimento che precede l’entrata in una cura è quindi caratterizzato da una “ferita” sul piano dell’Io e da un’apertura all’altro. La constatazione che qualcosa ripetutamente non va spinge a mettere da parte l’orgoglio e a cercare aiuto.
Tuttavia per la maggior parte delle persone tollerare di non farcela da sole è molto complicato, così come risulta estremamente difficile fidarsi di qualcuno.
Per questo motivo spesso si arriva dallo specialista tardi, quando il problema si è già notevolmente ingrandito o cronicizzato.
La richiesta di aiuto viene formulata quando proprio non se ne può più fare a meno, spinti dall’urgenza e non da un passaggio interiore di resa nei confronti della propria difficoltà.
I primi colloqui in molti casi servono proprio per “produrre” una vera domanda di aiuto, non basata solo sull’emergenza e la necessità imperiosa che essa venga “risolta”.
La terapia della psiche non funziona come quella del corpo: durante i primi colloqui si capisce che molta parte dei problemi emotivi che ci affliggono dipendono proprio da noi stessi e che nessuno, ma proprio nessuno ce li può risolvere da fuori con un intervento “chirurgico”.
Durante le sedute iniziali di un percorso psicoterapeutico si familiarizza con la complessità della psiche, con la doppiezza dei sintomi che ci fanno stare male.
Se da un lato i sintomi sfuggono al nostro controllo e ci mettono di fronte alla nostra imperfezione ed insufficienza, dall’altra in essi possiamo vedere anche il nostro zampino. A livello inconscio ci siamo noi a metterci da soli nei pasticci, a spese del nostro Io.
Si potrebbe dire quindi che i primi incontri col terapeuta servono proprio per realizzare certi meccanismi mentali, prendendo atto della dimensione inconscia della mente.
Capire che siamo esseri divisi, esseri governati da “due padroni”, ci aiuta a cogliere sia la dimensione illusoria della padronanza dell’Io (ammettere che un problema sfugge al nostro controllo), sia il contributo inconscio che ci rende attivi nel mantenere il malessere di cui ci lamentiamo.
L’ascolto terapeutico
Una volta agganciato ciò diventa più comprensibile il ruolo del terapeuta; egli non è lì in una posizione autoritaria a darci consigli e a dirci cosa “dobbiamo” fare per rialzarci dalle nostre difficoltà e sfortune.
La sua funzione è quella, tramite il suo ascolto, di metterci il più possibile in risonanza con noi stessi, con la nostra doppiezza, con la maschera dell’Io (che comprende tutto ciò che è dell’ordine dell’immagine, dell’ambizione, delle emozioni, delle difese, del controllo e della padronanza) e con l’inconscio (luogo delle pulsioni autentiche e della verità dei nostri pensieri)
Il terapeuta non ci dice cosa fare perché saremo noi a capirlo, più o meno lentamente, nella misura in cui riusciremo a sintonizzarci con le nostre istanze inconsce e a lasciarle libere di dire le loro verità.
Ogni persona nel proprio malessere emotivo fuori controllo porta una profonda contraddittorietà, data proprio dal conflitto fra il suo Io e la parte inconscia della sua psiche.
Più il conflitto è forte, più la contrapposizione è netta, più il malessere risulta doloroso e fuori misura.
La psicoterapia orientata dal modello psicoanalitico si incarica di dare voce all’inconscio, di dargli piano piano una forma comprensibile e comunicabile (anche attraverso l’uso dell’interpretazione) depotenziandone la distruttivita legata alla sua repressione.
Gli psicoanalisti non sono dei fanatici dell’inconscio, non sostengono cioè la necessità di compiere delle scelte guidati sempre e comunque dai suoi impulsi.
Tutt’altro. Scopo della terapia psicoanalitica è quello di evitare le cieche scariche selvagge di impulsi inconsci (decisioni impulsive, distruttivita nei rapporti ecc…) in favore di un allargamento della consapevolezza.
Dare diritto di parola all’inconscio non vuol dire lasciargli l’ultima parola, mollargli il governo delle nostre vita.
Significa però tenerne conto, così come nella vita è sempre prezioso tenere conto della pluralità dei pareri e dei punti di vista.
In un certo senso la psicoterapia psicoanalitica è un’esperienza unica di libertà, di dire, di essere di divenire.
Attraverso il contatto con l’”altra scena” è possibile affinarsi, riallacciarsi a se stessi, recuperare autenticità, originalità e unicità pur nei confini del nostro essere sociale.
Se da una parte usciamo dalla terapia più ricchi e consapevoli, meno conformisti e più liberi, dall’altra il lavoro di profonda conoscenza delle dinamiche interiori porta a tollerare meglio le frustrazioni, dunque ad accettare, a lasciare andare ciò che non va secondo le nostre aspettative.
La guarigione infine viene da sè, come un “sovrappiù” che scaturisce dal lavoro di elaborazione psichica, mai lineare ma fatto di cerchi concentrici, di ripetizioni, di battute d’arresto, d’improvvisi balzi in avanti.
Aiuto psicoterapeutico , Guarire dai sintomi