Una metafora del desiderio in purezza: “Eungyo”
“Eungyo” (“A Muse”), un film del noto regista coreano Jung Ji-Woo tratto dall’omonimo romanzo di Park Beom-shin, al di là degli slittamenti stilistici, delle cadute di tono e delle conseguenti stroncature della critica di settore, resta una valida rappresentazione della sintonia che si può stabilire tra due sensibilità affini, nonostante le abissali differenze di età.
Se apparentemente il film tratta il tema della passione impossibile di un riconosciuto poeta settantenne per una studentessa diciassettenne, ad un’osservazione attenta l’indagine non verte meramente sulla questione scabrosa della persistenza del desiderio sessuale e amoroso nella terza età.
E nemmeno, come affermato da molti, semplicemente sul rimpianto bruciante della giovinezza andata, sullo scarto fra la freschezza dello spirito che resta inalterata e il decadimento della materia-corpo, che taglia fuori ogni chance di poter essere ancora oggetto di desiderio per l’altro.
Non che tutto questo non abbia una sua centralità, e che per certi versi non sia messo in scena in maniera un po’ naive, attingendo da un repertorio di banalità e di già visto.
Tuttavia, in alcuni frammenti della rappresentazione, è racchiusa dell’autentica poesia. Ed essa è precisamente la poesia che si irradia dal mutuo riconoscimento fra anime che sentono certe cose allo stesso modo, che si comprendono, che condividono la medesima ferita, anche se provengono da epoche lontanissime e da ambienti differenti.
La sintonia fra il vecchio e l’adolescente va ben al di là dei cliché del risveglio del sesso nella senilità e della ricerca della figura paterna nel tumulto dello sviluppo psico-sessuale. Non a caso tra i due personaggi non accade nulla di sessuale, benché sia innegabile l’atmosfera di erotismo che li avvolge.
È per lo più un erotismo sublimato il loro, che non domanda necessariamente un soddisfacimento, che scaturisce come un sovrappiù e non come il fine del rapporto. Ecco perché l’incontro è da stimolo per la creatività del poeta e per la maturazione emotiva della ragazza. In gioco non c’è l’appetito carnale ma, diremmo in psicoanalisi, il desiderio.
Se il desiderio è qualcosa che affonda nel pulsionale, è allo stesso tempo una fiamma che trascende la materia, che va oltre, che abita altri luoghi. Questo desiderio è davvero indistruttibile, persiste nell’essere umano indipendentemente dall’età anagrafica ed è il motore di ogni soggettività, del suo svelarsi e dispiegarsi in pienezza, del suo produrre forme e bellezza, qualsiasi ne siano le modalità espressive.
L’incontro con qualcuno che faccia da miccia per il risveglio del desiderio dormiente è una contingenza essenziale (benché non sufficiente), nella misura in cui in questo incontro accade qualcosa, un riconoscimento, un contatto, una sintonia non di facciata ma di sostanza che amplificano esponenzialmente la conoscenza e la coscienza di sè.
È la ferita comune a costituire il terreno del riconoscimento, non perché ci sia stato nella vita dei personaggi lo stesso accadimento biografico. Vite diversissime in termini di esperienze, vite giunte al termine e vite appena sbocciate possono condividere la stessa divisione, lo stesso trauma sperimentati in modalità e forme molto lontane fra di loro.
Così il poeta protagonista, in virtù degli accadimenti che hanno segnato la sua storia, associa la tristezza alle matite appuntite, cosa che la ragazza non fatica a cogliere pensando alla propria di storia.
La bellezza dell’incontro si misura dunque sulla coesistenza di similarità e di divergenze incolmabili. Sono queste ultime che impediscono il miraggio di una corrispondenza e di un rispecchiamento reciproco senza scarti.
Il desiderio, se nasce dal riconoscimento, sopravvive in eterno grazie alla differenza, al permanere di individualità che restano mondi irraggiungibili ed inassimilabili in nessuna unità.
Il pregio del film allora si profila proprio in questo, nel suo costituirsi come metafora del desiderio, del desiderio indistruttibile e al tempo stesso irriducibile ad ogni soddisfacimento nella specularitá.
Un vecchio ed un’adolescente si toccano profondamente pur senza raggiungersi mai, incarnando in purezza la potenza creatrice e non addomesticabile dell’autentica pulsazione vitale.