Sulla difficoltà ad amare il prossimo
In Amore liquido, di Zygmunt Bauman, troviamo un'interessante riflessione sulla disumanizzazione dei rapporti interpersonali nella modernità, frutto di un'errata attribuzione di equivalenza fra "amore di sè" e "istinto di sopravvivenza".
In verità, ci spiega Bauman, la sopravvivenza umana è ben altro rispetto a quella istintuale e animale. Essa è strettamente intrecciata all'Altro, contrariamente a quanto l'individualismo e l'utilitarismo imperanti cerchino semplicisticamente di affermare chiamando in causa la legge darwiniana del più forte.
La vita genuinamente umana nasce sotto la stella dell'Altro, sebbene non si riduca a semplice protezione ed adeguamento conformistico ai suoi precetti. Deve infatti compiere un passo in più per dispiegarsi in tutta la sua "espressione sovrana", chiamando in causa soggettività e responsabilità individuale.
Amore di sé e sopravvivenza animale
Già Freud in Il disagio della civiltà sosteneva come "amare il prossimo come te stesso" fosse uno dei principi di fondo della vita civile. Solo rispettando l'altro è possibile vivere insieme, solo rinunciando alla ragione dell'egoismo si può accedere al legame. Ma in virtù di cosa gli uomini ubbidiscono a tale principio, che apparentemente li limita (e dunque non contiene in sè una sufficiente giustificazione razionale)?
Bauman esclude che l'adesione al precetto sia da ascrivere ad un processo razionale o di convenienza. Si tratta per lo più di un atto di fede. Esso coincide con l'atto di nascita dell'umanità stessa, in virtù del quale l'uomo fuoriesce dal guscio degli impulsi e si trasforma in un essere "innaturale", differente dalle bestie.
Se gli animali sono puramente guidati dall'istinto di sopravvivenza, l'uomo è reso davvero tale dall'amore. La sopravvivenza umana è così irriducibile alla pura conservazione della vita, è sopravvivenza dell'umanità presente nell'uomo. Ecco perché sopravvivenza fisica e sopravvivenza umana possono anche prendere vie separate: l'uomo può ribellarsi al perpetuarsi della vita, può andare volontariamente incontro alla morte quando cessino le condizioni che ne garantiscono la valorizzazione o la dignità. Oppure può finire per portare avanti un'esistenza del tutto disumanizzata, svuotata d'amore e ridotta alla pura vita materiale.
L'amore di sè, non coincidendo con l'auto conservazione, non è quindi qualcosa in opposizione all'altro ma lo implica strutturalmente. Ciò che amiamo nell'amore di noi stessi è la speranza di essere amati, ovvero di essere oggetti degni di essere amati, riconosciuti nella nostra particolarità unica. Altri devono amarci prima che noi possiamo iniziare ad amare noi stessi. Sotto questa luce l'invito ad amare il nostro prossimo come noi stessi (ad aspettarsi che il prossimo desideri essere amato per le stesse ragioni che stimolano il nostro amore di sè) non è più una limitazione, perché implica la valorizzazione spontanea della reciproca unicità, l'apprezzamento del valore della differenza.
Amore liquido
L'amore liquido, inteso come sostanziale incapacità di amare autenticamente l'altro, secondo Bauman è frutto di un' idea falsa, che fa coincidere amore di sé e istinto di sopravvivenza. La società contemporanea, valorizzando a senso unico la legge del più forte, scambia il narcisismo sano con quello patologico.
Il primo affonda le sue radici nell'amore di sè e dipende strettamente dal riconoscimento dell'Altro, dunque è il principio fondante l'umanizzazione della vita. Il secondo invece altro non è che chiusura verso l'Altro, esaltazione di sè, identificazione dell'Altro al nemico.
Ciò che conta è sopravvivere, avere la meglio sempre e comunque. Una sorta di paranoia diffusa, di cui trasmissioni televisive come Il grande fratello o Survivor (solo per citarne alcuni) costituiscono i manifesti emblematici: mai fidarsi di un estraneo, l'altro è sempre un antagonista, tende imboscate, tira sgambetti per farci cadere. Dentro tale lotta per la sopravvivenza valori come fiducia, compassione e pietà sono armi suicide. Il mondo è trasformato in un luogo dove gli individui possono contare solo sulla propria astuzia: allearsi con l'altro va bene, ma solo fino a quando conviene, fino a quando serve per raggiungere un obiettivo. Poi lo si può buttare via.
L'"amore liquido" o la "relazione pura" sono le conseguenti forme prevalenti di aggregazione umana. Si tratta di rapporti che si instaurano per quanto ne può derivare in termini opportunistici. Terminate le soddisfazioni che si possono ricavare ci si può salutare. I sentimenti profondi ne sono banditi, perché possono far correre rischi enormi tipo diventare dipendenti dal partner. E la dipendenza oggi è vista sempre di più in modo dispregiativo, come segno di debolezza piuttosto che come parte integrante di una relazione d'amore. Così tutte le relazioni sono drammaticamente fragili, elastiche, facilmente revocabili, non destinate a durare più a lungo della convenienza che assicurano.
È davvero morta la fiducia?
Bauman si chiede dunque dove sia andata a finire l'umanità nell'uomo contemporaneo. A tal proposito cita la tesi del filosofo danese Løgstrup,: nell'uomo esiste una moralità spontanea, una tendenza naturale a fidarsi dell'Altro. Si tratta dell'espressione sovrana della vita. Ma come è conciliabile una visione simile con l'endemica incertezza che caratterizza il mondo di oggi? L'idea di una moralità intrinseca all'essere umano è davvero invalidata dal cinismo e dalla sfiducia imperanti?
Secondo Bauman la risposta è no. Il perché sta nel concetto stesso di spontaneità preriflessiva dell'atteggiamento morale. La pietà verso il prossimo non è frutto di calcolo e di riflessione. Quando lo diventa si trasforma nel suo contrario, ovvero la spietatezza. Solo domandarsi il perché si dovrebbe essere morali comporta già un fallimento della moralità, in quanto essa non serve alcun fine, non è dell'ordine dell'opportunismo, del profitto e della convenienza.
La sua degenerazione tuttavia, la sua morte, pur su base endemica, non possono essere totali e irreversibili. Dato il suo carattere radicale e preriflessivo si può ben sperare che possa ancora fiorire nell'animo umano, tenendolo in contatto con l'immediata presenza dell'altro. Siamo stimolati da ciò che vediamo: e siamo stimolati ad agire, ad aiutare, difendere, portare sollievo, curare o salvare.
Se da un lato l'espressione sovrana della vita ha un carattere di spontaneità, dall'altro essa indica pure un rifiuto di tutto ciò che fa parte della conformità, intesa come l'affogare in una vita in cui un individuo imita un altro. L'atteggiamento morale implica quindi l'assunzione di responsabilità sulle proprie idee e condotte, comporta autonomia di giudizio e soprattutto spietatezza verso i propri autoinganni. Essere parte lesa, sentirsi vittime degli altri è motivo di soddisfazione e costituisce l'humus che incentiva comportamenti di offesa, gelosia e invidia. Al contrario, smascherare i propri moventi interiori non può che finire con l'alimentare fiducia, compassione e pietà.
Rapporto uomo donna, Narcisismo patologico , Disagio contemporaneo