È l'amore
"È l'amore" di Jorge Louis Borges mostra, contro ogni ingenuo romanticismo, cos'è quell'angoscia strutturalmente connessa ad un autentico desiderio amoroso. Non si tratta qui semplicemente di "Eros", inteso nella sua accezione di amore carnale, ma nemmeno puramente di "Agape", di amore disinteressato. Si parla piuttosto di quell'amore che aggancia il desiderio inconscio, il luogo della mancanza che abita ogni essere umano.
Per la psicoanalisi il primitivo oggetto di una soddisfazione mitica è da sempre perduto. È da questa impossibilità che nascono le pulsioni, le quali, diversamente dall'istinto puramente animale, si nutrono di fantasmi, di colorazioni affettive. Idea e affetto, rappresentazione e quantum libidico sono freudianamente la stoffa di cui è fatta la pulsione.
L'amore allora origina da una mancanza e si configura come una ricerca della traccia di ciò che è stato perso. Si cerca quella forma, quell'idea, quel colore, quella Cosa. Se il ritrovamento integrale è impossibile, può accadere (inaspettatamente e a volte perfino inopportunamente, quando scelte e legami sono già consolidati) di incontrare una persona che misteriosamente racchiude, come in una "scatola rustica", un frammento di quell'oggetto perduto. Una scheggia sfugge all'opera di civilizzazione del godimento, e magicamente calamita il desiderio, risveglia, muove, stordisce, apre mondi.
Non sono dunque le qualità "essenziali" dell'altro a farci innamorare. Questa è una versione romantica, idealistica dell'amore, che non considera la natura fissata della pulsione che bene mostra la poesia di Borges: "la bella maschera è cambiata ma come sempre è l'unica". Cosa si nasconde dietro al sembiante dell'amato?
Se quindi la stima, l'appezzamento dell'altro come soggetto sono ingredienti necessari all'amore, essi non costituiscono la sua miccia, il suo innesto, la sua radice inconscia. Non a caso l'altro è desiderato e amato anche se ha dei difetti. Il voler ricondurre l'altro ad un'immagine di perfezione é una delle patologie dell'amore, frutto della difficoltà a confrontarsi con la differenza irriducibile ma interessante dell'alterità.
Perché l'amore-desiderio si fonde all'angoscia? Perchè, come dice Borges, dovrò "nascondermi o fuggire"?
Sarebbe riduttivo parlare di una difesa nevrotica tout court. Nè è di qualche utilità andare a cercare nella vita dell'autore elementi biografici che vadano in questa direzione. Il poeta, se è tale, pronuncia delle verità universali, al di là della sua esperienza personale.
L'amore è paragonato ad una prigione dalle alte mura, un "incubo atroce" da cui tentare di sottrarsi.
Alla luce della psicoanalisi, o della semplice intuizione per quanto riguarda gli artisti, l'amore imprigiona e quindi innesca la spinta alla fuga nella misura in cui "accade" contro la volontà dell'Io. L'amore è pura contingenza, è incontro. E l'irruzione di questo reale non è controllabile, prevedibile, arginabile. Esige abbandono.
Nell'amore-desiderio l'Io è spossessato della sua usuale padronanza, è superato dall'insistenza del fantasma inconscio. L'angoscia è data dall'apertura della faglia che divide il soggetto, che lo rende disidentico a se stesso. L'Io così non è più padrone in casa sua, diventa un servo, uno schiavo d'amore. Viene per così dire incarcerato dall'oggetto del suo amore.
Più l'Io è forte, più esercita abitualmente un controllo razionale sulla condotta, più la spinta alla fuga si fa marcata. "A cosa serviranno i miei talismani" si chiede in proposito Borges. I talismani, oggetti a cui viene magicamente attribuita la virtù di scongiurare i pericoli, rappresentano simbolicamente una difesa proprio contro ciò che può scompaginare gli automatismi di una vita regolata secondo il principio di piacere. Non a caso essi sono l'"esercizio delle lettere", le "abitudini", il "sapore del sonno". Tutte condizioni in cui predomina la quiete e il piacere inteso come bassa tensione desiderante, come equilibrio, come essere lasciati in pace.
Ma, nonostante il tentativo di fuga, tutto fatalmente comincia a ruotare attorno all'oggetto d'amore. La mancanza è aperta, l'illusione di auto consistenza è dolorosamente perduta. La stessa misura del tempo viene alterata, "Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo".
Così l'angoscia è raddoppiata da un secondo fattore. Cosa sono per l'altro? Cosa vuole da me? Mi ama anche lui? Desiderare angoscia perché strappa dal sonno dell'Io e perché espone senza paracadute all'enigma del desiderio dell'Altro. Al rischio di non venir ricambiati ma anche paradossalmente a quello di esserlo. Chi ama, se ricambiato, scade anche lui in posizione di oggetto, ed essere ridotti al rango di oggetti è elettrizzante ma per l'appunto angosciante! La vulnerabilità è massima in ogni caso.
"L'ansia e il sollievo di sentire la tua voce". Qui si vede bene come l'altro sia il contenitore dell' oggetto prezioso. Il frammento dell'oggetto perduto in questo caso è l'oggetto voce. La voce. Che provoca angoscia ma placa nello stesso tempo, perché, per via di "piccole magie inutili" , per un istante accade una riunificazione perfetta e beata.
Dunque l'attesa, la mancanza si riaprono dopo la magica e illusoria ricongiunzione, ed ecco il dolore della ferita riaperta: "l'orrore di vivere nel tempo successivo". Senza l'amato è di nuovo perdita, solitudine, ore intollerabili, inutili.
Così l'evitamento, la fuga tornano ad essere vagheggiate come una via d'uscita per disfarsi dal dolore. "C’è un angolo di strada dove non oso passare".
Eppure è sufficiente che venga evocato il nome della donna per far vibrare, sussultare il corpo del poeta, come a significare l'impossibilità della fuga, la denuncia della sua insufficienza. Il nome proprio, puro significante, si fa esso stesso corpo, assume una consistenza fisica .”Il nome di una donna mi denuncia. Mi fa male una donna in tutto il corpo”.
È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.
A cosa mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
le gallerie della Biblioteca, le cose comuni,
le abitudini, la notte intemporale, il sapore del sonno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.
È l’amore con le sue mitologie, con le sue piccole magie inutili.
C’è un angolo di strada dove non oso passare.
Il nome di una donna mi denuncia.
Mi fa male una donna in tutto il corpo.
Jorge Louis Borges