Mania e depressione: "una mente inquieta"
Chi si accosta alla lettura del testo, animato da un interesse professionale piuttosto che personale, può arricchire la propria comprensione degli stati maniacali, di quelli depressivi e dei così detti stati misti proprio per via di tale specifica commistione di vissuto personale e rigore scientifico.
La capacità introspettiva della Jamison ci guida all'interno di una mente sopraffatta dalla malattia, facendoci cogliere a pieno la non coincidenza fra la persona e il suo disturbo mentale. Qual è il mio vero Io, si chiede, e nel rispondere ricorre al linguaggio poetico della scrittrice Virginia Woolf: << fino a che punto le nostre emozioni sono colorate dal tuffo sotto terra? Voglio dire, qual è la realtà di un'emozione?>>
Nel libro, oltre alle accuratissime ed intense narrazioni degli umori e delle loro alternanze, si trovano riflessioni sul potere "salva vita" dei farmaci, sulla ricchezza insostituibile della psicoterapia, sul ruolo giocato dall'amore, sullo stigma sociale, sull'essenza della malattia da un punto di vista sia scientifico che per certi versi filosofico e su molto altro ancora. Ripercorriamo i primi punti, rimandando ulteriori approfondimenti alla lettura integrale del testo, peraltro molto agevole e godibile.
Mania, depressione e stati misti
La mania viene definita come un "essere su di giri" percepito come uno stato della mente sulle prime assolutamente meraviglioso. Idee e sensazioni sono frequenti e veloci come "stelle cadenti", la timidezza sparisce, i gesti e le parole giuste vengono da soli, domina una sensazione diffusa di agio, di intensità, di potere, di benessere, di euforia e di onnipotenza. Ma, ad un certo punto, tutto cambia. I pensieri diventano troppi e troppo rapidi, la confusione prende il posto della chiarezza. Compaiono irritabilità, rabbia, spavento: è il fuori controllo. << Sei completamente intrappolata negli antri più neri della mente. Non sapevi che quegli antri esistessero. E non finirà mai, perché la follia scolpisce la sua propria realtà>>
Cosa c'è dopo l'accesso maniacale? L'autrice delinea l'oblio che scende sul proprio comportamento bizzarro e frenetico e sulle azioni intraprese dagli altri per arginarlo: le medicine, la psichiatria, la contenzione. Restano più che altro i ricordi degli atri. E interrogativi angosciosi del tipo: cosa ho fatto? Accadrà di nuovo?
Jamison insiste sulla dimensione della "violenza" e della "furia" delle sue manie. Parla senza mezzi termini di "pazzia", di disperazione violenta ed esacerbante fino al delirio, all'allucinazione e al rischio di suicidio. Oggetti distrutti, aggressioni fisiche, grida, corse frenetiche...Ci fa capire il terrore e tutta l'impotenza provati da lei stessa durante questi stati fuori dal suo controllo. Ci fa cogliere l'impatto della violenza sui rapporti umani, ci accompagna nel territorio dell'incomunicabilità.
La depressione viene resa come un'esperienza priva di sentimenti. Agli occhi dell'altro il depresso appare irritabile, paranoide, privo di spirito e di vita, critico ed esigente. Non è la tristezza per qualcosa di negativo che può essere successo. La depressione è piatta, incolore, vuota e insopportabile. Dà fastidio. <<Ti fa provare come ci si sente quando si è vecchi e malati, quando si è vicini alla morte, con la mente rallentata, senza grazia nè smalto nè coordinazione, quando si è brutti e non si crede più nelle possibilità che offre la vita, nei piaceri del sesso, nell'armonia della musica o nella capacità di far ridere se stessi e gli altri>>
E gli stati misti? Essi secondo l'autrice non sono messi bene a fuoco (e perciò esclusi) dal termine "disturbo bipolare", che indica una dicotomia e una netta separazione fra gli umori non sempre presente nel reale. Esiste infatti una fluidità e un'eterogeneità degli stati che si susseguono, tanto che durante una mania ci si può sentire molto peggio e più "pericolosamente" depressi rispetto a episodi di pura depressione. Non è un caso che sia la mania la condizione più rischiosa ai fini di tentativi di suicidio. L'uso massiccio che si fa nella contemporaneità degli antidepressivi risulta pertanto rischioso, perché in molti casi scatena pericolosi stati di eccitazione e agitazione.
Il percorso di cura
Il farmaco di cui Jamison parla con estrema riconoscenza è il litio. Ci racconta il suo rifiuto ad assumerlo, gli effetti nefasti dei suoi tentativi di cura "fai da te" e il percorso di accettazione della cura farmacologica, argine insostituibile alla maniacalità furiosa e alla depressione luttuosa, agente chimico di stabilizzazione ma anche "detrattore" dell'intensità delle esperienze e delle emozioni sperimentate nella mania. Il litio fa scendere a terra fra i "comuni mortali", riconsegnando ad una quota di prosaicità del vivere.
La psicoterapia è descritta come un ausilio indispensabile alla terapia con i farmaci. Se la mente dipende dal cervello, se cioè la stabilità psichica è correlata alla biochimica cerebrale (che può alterarsi), anche il cervello dipende dalla mente. C'è un'interdipendenza. E dunque intervenendo sulla mente si può ridurre la virulenza dello squilibrio chimico. La psicoterapia agisce proprio sulla mente. Perché dá un senso alla confusione, frena i pensieri e le sensazioni spaventose, restituisce controllo e speranza, senso di prospettiva, possibilità di imparare dall'accaduto.
<<Le pastiglie non addolciscono, non possono addolcire, il ritorno alla realtà; ti riportano indietro a testa bassa, sbandando, e più in fretta di quanto a volte si possa sopportare. La psicoterapia è un rifugio, un campo di battaglia...un luogo dove ho imparato a credere che un giorno sarei diventata capace di tenere testa a tutto ciò...un dialogo unico, sorprendente e profondissimo>>
Aiuto psicoterapeutico , Disturbo bipolare, Sindrome maniaco depressiva