Due tipologie di insoddisfazione
Che legame esiste fra insoddisfazione e depressione
Il sentimento di insoddisfazione in genere viene percepito come una sensazione interiore di irrequieta mancanza, che può accompagnarsi alla rassegnata percezione di esclusione da una supposta condizione di felicità senza sbavature.
In questo senso l’insoddisfazione si caratterizza per una venatura depressiva, più o meno accentuata, che può arrivare fino alla depressione vera e propria. L'insoddisfatto in genere ha un basso tono dell'umore, è apatico, lamentoso, sonnolento. Oppure è agitato, irrequieto e mai conento.
Le due tipologie di insoddisfazione che osserviamo più di frequente hanno a che vedere con un eccesso di identificazione al sistema consumistico, che porta a consumare compulsivamente consegnando ripetutamente a incolmabili sentimenti di vuoto, oppure a una ribellione a una vita che non si sente propria, che fa sentire mancanti.
Il secondo caso è quello più trattabile in psicoterapia perchè non comporta l'"otturazione" dell'insoddisfazione attraverso l'oggetto di godimento ma lascia il campo aperto a interrogazioni di ampio respiro.
In questa seconda accezione l'insoddisfazione, se non si incista nel vittimismo, può aprire la via a un movimento di crescita e di autorealizzazione estremamente prezioso.
Come si manifesta l’insoddisfazione
La compresenza di nervosismo e flessione del tono dell’umore è dovuta all’incremento del lavorio mentale che, non trovando uno sbocco nell’azione, ristagna inutilmente nella psiche appesantendola con vissuti all’insegna dell’impotenza e della svalutazione di sè.
Lo stato di insoddisfazione può protrarsi a lungo, andando sovente a definire come una tinta dominante la personalità, oppure può configurarsi come una condizione transitoria, a cui seguono azioni di rottura più o meno costruttive.
Non sempre infatti l’agire dell’insoddisfatto lo libera effettivamente dalla sua condanna; spesso egli viene solo temporaneamente sollevato dalla pressione interna, se questo suo agire è dettato dall’impulso o dalla pura necessità di mettere a tacere la sgradevole sensazione.
Senza elaborazione psichica profonda, ovvero senza auto consapevolezza, l’insoddisfazione resta infatti fissa nel perpetrare la sua influenza sulla personalità.
Il legame dell'insoddisfazione con il consumismo e con la ricerca dell'autenticità di se stessi
Se l’insoddisfazione nelle sue manifestazioni esteriori risulta tipica e quindi ben riconoscibile, la sua causalità invece non è univoca, anzi, può sottendere motivi anche opposti, che riflettono il problematico rapporto di adattamento fra l’individuo e il suo ambiente.
Esistono allora due tipologie di insoddisfazione che affliggono l’essere umano, in ultima analisi legate all’eccesso o al difetto di adattamento al sistema sociale di appartenenza.
Il contesto in cui viviamo oggi predica come valore assoluto l’esibizione di se stessi e dei propri godimenti (godimento del denaro, dell’oggetto, del divertimento, del sesso fine a se stesso ecc…); chi più o meno coscientemente sposa questo valore, è suscettibile di sviluppare sentimenti di insoddisfazione legati al non poter avere accesso a sufficienti quantità di godimento o viceversa al percepire quel vuoto che invariabilmente segue l’abbuffata.
L’insoddisfazione legata all’adeguamento massivo ai valori consumistici è purtroppo molto diffusa ed è anche difficilmente trattabile in terapia perché sottende un atteggiamento conformistico inconscio abbastanza inerziale.
Le persone, identificate ai miti proposti dall’industria di consumo, si sentono frustrate perché non godono abbastanza o perché dopo aver goduto l’irrequietezza non solo non è placata, ma in più è gravata da un senso di futilità esistenziale (non elaborabile psichicamente e quindi ancora più opprimente)
La sensazione di esclusione dalla festa collettiva colpisce soprattutto i giovani e le categorie con meno risorse mentali, oggi come oggi essenziali per resistere al risucchio del binomio godimento-esibizione.
Una scarsa esperienza di vita o una bassa autostima imprigionano nelle ragnatele del materialismo sfrenato; lo stesso essere umano si riduce a essere merce fra merci e il suo valore non consiste più nelle sue qualità spirituali ma si regge solo ed esclusivamente su quanto può esibire.
Tutto ciò che comporta pensare, applicarsi, fare fatica per nutrire e levigare la propria anima e la propria consapevolezza è rifiutato come una fatica inutile. Perché rinunciare a godere se godere è l’unica via per esistere?
Il secondo tipo di insoddisfazione è allora di natura più evoluta, perché appartiene a coloro che sono in grado di farsi delle domande e che non annegano nel conformismo più cieco.
A questo livello l’insoddisfazione, benché apparentemente simile alla precedente, è il segnale di un risveglio psichico.
Le persone in questi casi si chiedono cosa vogliono davvero nei termini di una loro felicità “spirituale”, si chiedono chi sono veramente al di là della maschera esibita, vogliono capire quali scelte e quali azioni compiere consapevolmente per sentirsi autenticamente “centrati”.
Ma nemmeno qui il percorso è semplice e lineare, nella misura in cui l’atteggiamento di rifiuto (verso qualsiasi forma di conformismo e di pienezza) può diventare cronico e condannare a una fuga perenne, a un nomadismo senza approdo oppure a un lamentarsi senza provare a cambiare niente.
Inoltre anche le personalità che hanno più a cuore la propria anima, calpestata dallo spirito becero e materialista dei nostri tempi, sono comunque influenzate almeno in parte dal contesto in cui sono nate e cresciute.
Il loro cammino di “individuazione”, di presa di coscienza profonda di sè e di ricerca della propria forma individuale di felicità non è immediato e privo di difficoltà.
Bisogna mettere in conto perdite, separazioni, solitudine. Tutte cose inevitabili per divenire davvero noi stessi.
Davanti a queste difficoltà molti preferiscono il lamento, che permette di restare eternamente fermi nell’insofferenza senza provare a cambiare la propria vita.
La psicoterapia dell’insoddisfazione
Va da sè come solo questo secondo livello di insoddisfazione sia trattabile mediante strumenti terapeutici basati sulla parola.
Dalla prima tipologia di insoddisfazione si può certamente passare alla seconda, ma a condizione di un risveglio radicale e di molta sofferenza.
Le personalità più fragili purtroppo non sono in grado di prescindere dagli imperativi sociali, pena la definitiva perdita di sè e del supporto narcisistico identificatorio (maschera sociale) essenziale per sopravvivere.
Esibire cose e status per molti resta l’unica maniera di esistere.
Imparare a “temperare” un po’ la spinta conformistica non è comunque un’impresa impossibile, si possono cioè apprendere dei trucchi per non finire sistematicamente nella spirale del deprezzamento di sè, del continuo paragonare la propria persona con quella che possiede e gode di più.
Chi invece va in crisi profonda e problematizza la propria condizione esistenziale va da una parte capito e sostenuto nel suo spirito critico, dall’altra incentivato a non arrendersi, a non lasciare che tutta la vita scorra all’insegna del lamento e della tristezza nervosa.
Modi alternativi per vivere in sintonia con la parte più intima e vitale di sè esistono ma non sono strade ben tracciate e segnalate, vanno scoperte grazie all’esperienza di vita, agli errori e alle fatiche, grazie ad un “provarci” che non si arresta davanti alle difficoltà.
Quando gli ostacoli e le sconfitte siamo capaci di trasformarli in occasioni conoscitive in realtà stiamo aprendo nuovi orizzonti, siamo già ben oltre la linea del malessere.
Male oscuro, Aiuto psicoterapeutico , Disagio contemporaneo