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Ossessioni, personalità ossessiva e paranoia: quali differenze?

Le seconde si configurano piuttosto come delle azioni che il soggetto si sente spinto a mettere in atto per forza, nel tentativo di alleviare l'ansia connessa alle ossessioni.

In cosa consistono nel dettaglio? 

Le ossessioni sono pensieri percepiti come provenienti dall'esterno, si impongono al di là della volontà dell'individuo. Nonostante il soggetto non le consideri come proprie, le riconosca come assurde e non creda alla loro effettiva verità, tuttavia non può fare a meno di pensarle. Alla loro base c'è un'angoscia senza nome (una spinta pulsionale rimossa e dunque inconscia), che trova così una giustificazione o rappresentazione sostitutiva nel reale. Si manifestano come "timore di" (più che come certezze granitiche deliranti) e possono riguardare il controllo (timore di non aver chiuso il gas, la porta di casa ecc...), la contaminazione (timore di aver contratto un'infezione), l'ordine (timore della confusione) , l'accumulo (timore del distacco da oggetti), la superstizione (timori di eventi soprannaturali), la sessualità (timore di commettere atti immorali), la religione (timore di pronunciare parole blasfeme ecc...) l'aggressività (timore di far del male a qualcuno) ecc...

Le compulsioni d'altro canto si configurano come azioni coatte, non governabili dalla volontà ed aventi la finalità di placare concretamente i timori connessi alle idee ossessive (ad esempio lavarsi ripetutamente le mani fino a provocarsi escoriazioni per scongiurare un timore di contaminazione). Il sollievo dall'ansia procurato in questa maniera è tuttavia transitorio, ragion per cui le compulsioni vengono reiterate senza posa. Le cause profonde infatti non risiedono nel reale: solo andando a toccare un altro piano (inconscio) è possibile ridurre la pervasività e pertinacia della sintomatologia ossessivo compulsiva.

Freud riconosceva alla base della formazione delle ossessioni nella nevrosi (oltre alla rimozione di pulsioni sessuali inaccettabili per la coscienza ed un loro ritorno sotto forma di perturbazione dell'attività di pensiero) un meccanismo chiamato 'isolamento' dell'affetto, che porta il pensiero a sostituirsi agli atti e ad isterilire l'affettività. Ne risulta un atteggiamento di freddezza ed assenza di emotività, con prolissità di linguaggio e ferrea logica.

Il disturbo ossessivo compulsivo non va confuso con quello ossessivo di personalità, anche se vi possono essere ampi margini di sovrapposizione. La personalità ossessiva infatti può prescindere dalla presenza di ossessioni e compulsioni così come queste ultime possono non accompagnarsi all'omonimo disturbo di personalità. Esso si qualifica sostanzialmente per un'attitudine esasperata verso il rigore, il controllo, la disciplina, l'adesione rigida a regole morali, la ricerca della perfezione in tutti gli ambiti, l'ipercritica. Sono presenti rabbia e senso di colpa, ingenerati sia dalle défaillance (anche lievi e di nessuna importanza) così come dai traguardi raggiunti.

Chi soffre di una costituzione caratteriale ossessiva vive la propria impostazione mentale come non sintomatica, non ego distonica. Sono gli altri a far notare al soggetto i suoi eccessi, altrimenti non percepibili da lui stesso. Mentre chi lamenta idee ossessive sente che c'è qualcosa che non va, percepisce un tormento, un inciampo, una divisione nel proprio essere. Spesso in entrambi i casi emergono marcati vissuti depressivi, legati all'eccesso di controllo sugli impulsi. L'Io domina e soffoca la parte inconscia, dinamica e creativa dell'individuo, riducendo l'esistenza ad una serie di doveri e responsabilità. La critica feroce verso i limiti di se stessi e degli altri si associa ad una sfumatura melanconica, marcata dalla svalorizzazione del proprio essere (non colmabile mai pienamente da nessun sacrificio e da nessun riconoscimento). Se le cose vanno bene è merito della fortuna, si è fatto solo il proprio dovere... Non si può assaporare il piacere della riuscita perché compare subito un nuovo obiettivo da perseguire, con fatica ed abnegazione. Il desiderio non si fonde alla disciplina ma si contrappone ad essa, senza possibilità di conciliazione. Così viene sistematicamente messo da parte.

I confini con la paranoia (e dunque con il delirio) esistono, ma non sono sempre così immediatamente riconoscibili in ambo i casi. Per ciò che riguarda le idee ossessive ciò che le differenzia dalle idee deliranti è la non credenza nella loro verità. Esse sono come schegge, corpi estranei riconosciuti come tali, come fastidiosi ed estranei al proprio modo di essere. Nella psicosi e nello specifico nella paranoia invece c'è una rigidità di pensiero che si accompagna alla certezza che le cose stiano in un certo modo. Il pensiero irrazionale, l'idea fissa è il filtro attraverso il quale si interpreta il mondo. Il ragionamento è spesso lucido e stringente nella logica ma si fonda su premesse errate, dunque su un errore di giudizio di partenza. Il paranoico non crede di avere un problema, sono gli altri che gli rimandano l'assurdità delle sue convinzioni.

Lui non la vede, anzi, pensa che sia chi gli sta intorno a non vedere, a non capire. Il problema ce l'ha l'Altro e ciò è fonte di rabbia e di frustrazione. Il nemico non è interno bensì esterno (non è l'idea fissa nella sua assurdità) ma l'Altro che non gli crede, dunque che vuole il suo male, che vuole in qualche modo fregarlo, godere di lui. Al posto del timore, del dubbio, compare la certezza delirante: la persona prende per verità assoluta una sua esperienza percettiva falsata. Con tutto il corollario di deliri di grandezza e di persecuzione. Cosa che all'ossessivo invece non accade perché resta nel dubbio, perché combatte contro la sua ossessione, cercando di domarla, di reprimerla difensivamente o nei casi più evoluti di capirla nella sua natura di messaggero dell'inconscio.

Infine anche la personalità ossessiva ricorda la compattezza egoica del paranoico, però se ne differenzia perché tendenzialmente prevale il tratto melanconico. La colpa è del soggetto più che dell'Altro. Se capita che la persona paranoicizzi ciò è dovuto al tentativo di alleggerire il senso di colpa di cui è schiava, collocando un po' di responsabilità fuori...Nelle forme non nevrotiche, ovvero nelle sindromi maniaco depressive, possono emergere deliri di grandezza, in genere nella fase maniacale, come tentativi estremi di restaurare un'immagine di sè radicalmente annientata.

È bene che il clinico, lungi dall'irrigidirsi sull'attribuzione della corretta etichetta diagnostica, in presenza di tratti DOC resti sensibile alle sfumature, sospendendo pertanto giudizi affrettati. Cruciale è prendersi un tempo per conoscere il paziente, dimenticando ciò che si sa, per immergersi nella complessità mai del tutto rubricabile di chi sta di fronte.

 

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