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Psicoanalisi e lettura di Lacan: rovesciamento di prospettiva

Parola vuota e parola piena nella realizzazione psicoanalitica del soggetto

Ma quale parola? Nel suo lavoro di ascolto l'analista discerne con sicurezza la parola vuota dalla parola piena, regolando così il flusso delle sue orecchie. Alla prima presterà poca attenzione, mentre la seconda sarà meritevole di interesse e punteggiatura. Tutta la tecnica, l'arte del silenzio, l'ascolto, l'interpretazione e la sospensione della seduta derivano da questa distinzione fondamentale.

La parola vuota

Essa non è altro che una seduzione dell'Ego tentata sull'altro con i mezzi nei quali il soggetto ripone il suo compiacimento e nei quali impegnerà il monumento del suo narcisismo. A questo livello il discorso non è autentico, anche se pretende di esserlo. Il soggetto è preso dal desiderio di piacere, di fare bella figura, di essere cioè all'altezza della propria immagine ideale. L'Io per Lacan è una finzione, non rivela il soggetto ma lo ingabbia in un'alienazione narcisistica, in un "dover essere" per l'altro. È per essenza una frustrazione. Per questo chi si impegna per un po' nell'analisi si accorge che piano piano svaniscono tutte le belle cose che credeva di avere in serbo. Al loro posto ne appaiono altre abbastanza inattese, da lasciarlo senza fiato al momento buono.

L'arte del silenzio

Alla parola vuota l'analista risponde con il silenzio. Tace. Rispondere sarebbe più frustrante del silenzio, perché la frustrazione è inerente al discorso stesso del soggetto: nonostante le sue pitture sincere l'incoerenza spunta fuori lo stesso, i puntelli e le difese non impediscono alla sua statua di vacillare. E tale vacillamento è un bene, è una crepa che può preludere al venir fuori di qualcosa di vero. Per questo Lacan non approva i trattamenti di matrice psicoanalitica che puntano al rinforzo dell'Ego. Per lo più si tratta di nevrosi che patiscono proprio di una struttura egoica troppo forte...Al contrario l'arte dell'analista deve essere quella di sospendere le certezze del soggetto, finché se ne consumino gli ultimi miraggi.

La parola piena

La parola piena è quella non voluta, è la parola penosa, che buca la coerenza del monologo portando a galla una qualche verità. L'inciampo nel discorso razionale si condensa in una parola, in una frase che supera il controllo cosciente. È un'irruzione di un elemento inconscio. E l'inconscio è precisamente quel capitolo della mia storia che è marcato da un bianco od occupato da una menzogna: è il capitolo censurato. Ma la verità può essere ritrovata; il più spesso è già scritta altrove. Cioè la verità non la si trova nella speculazione dell'Ego che tenta di sedurre o convincere l'uditore ma nei lapsus, nei sintomi, nei ricordi impenetrabili dell'infanzia, nel vocabolario proprio di ciascuno di noi, nello stile, nel carattere, nelle distorsioni.

L'arte dell'ascolto, l'interpretazione allusiva e la sospensione della seduta

Che fa allora l'analista? Presta il suo orecchio ai tremolii così leggeri, alle inflessioni, ai giri di frase che rivelano l'inconscio del soggetto. Lo psicoanalista intende a quale parte del discorso è affidato il termine significativo e lo sottolinea con una felice interpunzione, che allude al vero senso in gioco.

L'interpretazione lacaniana è sempre allusiva, mai troppo esplicativa, didattica, da Ego a Ego. È l'analizzante a fare tutto il lavoro nell'analisi lacaniana, a cogliere, a lasciarsi sorprendere, ad ascoltarsi davvero. L'analista si limita ad indicare, a sottolineare, riducendo al minimo la sua influenza.

La sospensione della seduta segue così i ritmi dell'inconscio, non quelli dell'orologio. La durata non è indifferente alla trama del discorso ma ne è determinata, vi gioca il ruolo di una scansione che ha tutto il valore di un intervento per precipitare i momenti conclusivi.

Ne consegue un processo di lenta erosione dell'Ego che porta ad un'assunzione progressiva del proprio inconscio, della propria storia e dei suoi capitoli cancellati.

Psicoanalisi lacaniana