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La crisi dell'adolescente contemporaneo: dalla ribellione al conformismo

Gli adolescenti contemporanei sembrano solo in apparenza ribelli, in quanto agitati, animati dal capriccio e dalla ricerca della nuova sensazione.

Ma in realtà la loro iperattività inconcludente e mutevole è solo un prodotto di un'adesione imperativa alle mode. Che significa ricondurre l'agitazione maniacale del giovane ad un atto conformistico anziché ad uno realmente di rottura rispetto al sistema?

Perché non esiste più il conflitto generazionale

Per capire che cosa sta succedendo ai nostri adolescenti dobbiamo fermarci a riflettere su cosa è accaduto agli adulti e alla società in cui vivono. La "mutazione antropologica", che Pasolini vedeva affermarsi  nel cuore della civiltà occidentale nella prima metà del novecento,  è un dato di fatto compiuto ai nostri giorni. Le masse sono asservite alla logica del consumo, l'uomo è totalmente alleggerito dal peso degli ideali e della Legge. Le  promesse illusorie di liberazione da tutti i limiti promulgate dal capitalismo hanno lasciato  l'essere umano in balia di un godimento senza freni.

A cosa possono ribellarsi i giovani se sono gli stessi genitori a non sostenere una figura autorevole agli occhi dei loro figli? Al posto del conflitto generazionale, che derivava da  un'ambivalenza emotiva verso il padre (visto come Dio, come l'essere più potente, più saggio e più ricco della terra  durante l’infanzia  e percepito invece  come deludente e "castrato" nell'adolescenza), abbiamo l'assimilazione indistinta ad un adulto visto come pari, come un "consumatore"  a sua volta piegato alle regole omologanti dell'apparire.

Una volta il padre era l'incarnazione della Legge, del discorso del padrone. Il suo "no" non poteva venir discusso nè negoziato. Ne risultava una repressione degli istinti, fondante il complesso Edipico. Il figlio desiderava la morte del padre per prenderne il posto e finalmente godere. Il tutto rimaneva su un piano inconscio (per via del senso di colpa) mentre si strutturava  una nevrosi, fondata proprio sull'impossibilità di appagare le pulsioni nella realtà. Inibizione e angoscia erano i sintomi tipici e la ribellione adolescenziale segnava la possibilità di una liberazione dal padrone oppressivo.

Cosa accade ai genitori e agli adolescenti di oggi

Che cosa è accaduto dopo il rovesciamento del padrone? Abbiamo un suo stravolgimento  in una figura contraria, debole, timorosa, insicura, troppo legata al figlio per la tenuta del proprio Ego. I nuovi genitori, assillati dal culto dell'immagine e della performance, sono angosciati dalla possibilità del fallimento dei loro figli. Non li accettano nelle loro imperfezioni, vedendoli come un mero prolungamento del loro ideale. Ne deriva come l'intolleranza delle frustrazioni e degli scacchi così diffuse fra gli adolescenti non siano altro che il riflesso dell'insopportazione degli adulti, non scesi mai veramente a patti con la loro lesione esistenziale, occultata dallo splendore dell'oggetto di consumo.

Inoltre ogni situazione davvero educativa viene sistematicamente evitata dai genitori, perché introdurrebbe una qualche castrazione e dunque ingenererebbe dei sentimenti di odio da parte dei figli nei loro confronti. I grandi vogliono essere amati dai piccoli, in un ribaltamento dei ruoli. Forse perché c'è qualcosa di bambinesco rimasto in loro?

Così facendo la differenza generazionale viene meno, mentre si inverte  la freccia  del riconoscimento, che non va più dal genitore al figlio ma punta al rovescio. Non si ha allora alcuno "svezzamento", alcuna separazione. Permane un'alienazione soffocante, che impedisce al giovane di reperire in se stesso la sua autenticità, il suo tratto soggettivo, i suoi gusti, diversi da quelli dell'Altro. I legami familiari si fanno vincolanti, incestuosi, ingombranti.

Ne risulta un conformismo nelle aspirazioni, orientate genericamente ad un ideale di successo sganciato dalla vera attitudine individuale. Ciò che viene ancora una volta perso è il valore del limite. Un soggetto, per capire in cosa riesce davvero,  bisogna che incontri un fallimento. Ma se esso è vissuto solo in termini negativi produce  una sterile ferita narcisistica, sulla scia dell'ideale di perfezione da raggiungere a tutti i costi.

Il valore del fallimento secondo la psicoanalisi

L'incontro con l'inciampo è uno scacco per l'Io ma una vittoria per l'inconscio secondo la psicoanalisi, perché rivela la verità soggettiva, unica, particolare, non omologabile di ciascuno. Quindi perdersi non è un dramma, si tratta di farci qualcosa con la propria diversità. Bisogna costruire proprio a partire dai propri limiti, farne una forza, nell'ottica di una autenticità solida, non fatta di carta.

L'illusione portata avanti da discorso del capitalista è che sia possibile colmare la mancanza che abita l'uomo, chiudere la sua lacerazione di fondo con un oggetto di cui godere. Esso prende piede a partire dal tramonto degli ideali giudaico cristiani, fondati sulla continenza e sulla rinuncia in nome di un'elevazione dello spirito.

Il primato della scienza taglia fuori l'anima e ogni principio trascendente. Se non c'è nulla d'altro rispetto alla mera esperienza sensibile perché rinunciare? Se la vita non ha un senso perché non godere il più possibile?  Su questo sfondo si insinua la produzione seriale di oggetti e delle relative pratiche di godimento. Si promette una felicità materiale, fatta di possesso, di cose, di piaceri sensibili.

La psicoanalisi, che è comunque una pratica laica, ci insegna invece tutt'altro. L'oggetto non dà nessuna felicità, nessuna soddisfazione duratura, nessuna pienezza. La mancanza viene solo otturata, per poi riaprirsi in un circolo vizioso senza fine! Perché la lesione è un dato di struttura, si tratta di venire a patti con essa, di accettarla e fare ciò che si può a partire da essa, non contro di essa, con slancio ed umiltà, con passione ed impegno, con desiderio e aderenza alla legge.

L'adolescente di oggi, impigliato in comportamenti compulsivi,  in difficoltà con il legame con un partner umano, chiuso nel corpo a corpo con un oggetto (oggetto cibo, oggetto sessuale, oggetto droga, oggetto immagine)  ha bisogno di guide solide, non autoritarie (non si tratta di rimpiangere il padre padrone!) ma mature, svezzate, autorevoli.

Il curante più che mai deve testimoniare nella sua persona una vitalità intrecciata alla castrazione, deve far vedere come sia possibile vivere pienamente pur portando addosso il peso del limite. Il piano etico della relazione appare allora più importante di quello dell'interpretazione, la dimensione dell'incontro surclassa quella della ricerca dei perché.

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