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La psicoterapia e la riconciliazione col passato

È difficile che un essere umano possa dirsi totalmente soddisfatto e in pace con il proprio passato, soprattutto quando esso coincide con gli anni dello sviluppo e della dipendenza dall’ambiente familiare.

L’ambiente in cui si cresce difficilmente si rivela totalmente adeguato alle intime esigenze di un bambino; gli adulti che si prendono cura della prole educano secondo i propri principi e possibilità e non sempre sono grado di porre attenzione e ascolto al linguaggio infantile (precisissimo nei suoi significati ma dissimile nella forma da quello adulto, dunque bisognoso di una particolare sensibilità di traduzione e di un contesto non troppo ingobrato da problemi).

Capita dunque che durante l’infanzia e nella prima adolescenza si subiscano in seno alla famiglia dei veri e propri torti che, anche quando ben lontani da costituire dei gravi abusi, si incidono permanentemente nello psichismo. 

Genitori troppo presi dal proprio lavoro e quindi poco presenti, tradimenti e separazioni conflittuali, eccesso di aspettative, severità pronunciata, assenza totale di regole, problematiche di salute fisica o mentale di genitori o fratelli, difficoltà economiche ecc…sono solo alcuni esempi di condizioni che possono produrre sofferenze indelebili, le cui tracce si ritroveranno anche nella vita adulta e daranno luogo a scelte o comportamenti sintomatici.

Le reazioni più diffuse a un passato difficile 

Le persone, ricordando il loro passato, possono nutrire sentimenti di rabbia oppure avere un approccio giustificativo verso le difficoltà e gli errori dei loro genitori.

In genere i rabbiosi hanno personalità molto forti e indipendenti, in grado di presentare un’analisi lucida della situazione che li ha fatti soffrire.

In genere amano la solitudine e non si lasciano facilmente coinvolgere in rapporti molto stretti, soprattutto sul piano affettivo. Avendo patito costrizioni importanti in famiglia non vogliono più venir limitati da chicchessia; se poi, vicini a lasciarsi andare, incontrano una delusione bruciante essa li risospinge decisamente nei loro gusci. 

La reazione ostile è la loro difesa ma anche la gabbia che ingrigisce la loro esistenza e causa infelicità. L’idealizzazione di ciò che non hanno avuto finisce per limitare la possibilità di godere della vita per quella che è, alimentando la spirale di tristezza e di insoddisfazione. 

La grossa difficoltà infatti è la presa di consapevolezza dell’inesistenza di un mondo ideale perfetto, vagheggiato a discapito della concretezza della propria vita. 

Coloro che sono più inclini alla giustificazione invece sono più fragili, meno attrezzati di difese, e tendono a restare facilmente vittime di ansie e dipendenze. Non avendo sviluppato un atteggiamento guerriero dirigono facilmente la sofferenza contro se stessi, restando spesso schiacciati da attacchi di panico e da relazioni tossiche, apparentemente salvifiche ma in realtà stritolanti e inaridenti.

Queste due tipologie, che possono esibire vari gradi di purezza, rispecchiano le modalità più diffuse di reazione a situazioni difficili del passato, che fortunatamente non hanno raggiunto il vertice della violenza e del franco abuso.

Infatti quando l’infanzia è stata pesantemente violata essa dà luogo a quadri più complessi, in cui abbiamo la presenza di una rabbia di qualità particolare, lontana dalla grinta e dal risentimento e più vicina a una sorta di esplosione disordinata, a cui in genere fanno da corollario fatua euforia e pesante vuoto depressivo.

La psicoterapia come attraversamento e accettazione del passato 

Ora, sia per i casi più “normali” e leggeri, che per quelli più compromessi e tipici di una psicopatologia più delicata, un lavoro psicoterapeutico può fare davvero molto.

Innanzitutto rintracciare insieme al terapeuta  la ferita originaria riattiva e rimobilita il dolore patito, riattualizzandolo. 

Tale rinnovamento è necessario non per il gusto della sofferenza fine a se stessa ma per la messa a fuoco precisa del problema di fondo, con il suo congruente correlato emotivo spiacevole.

Questa operazione non vale per i casi più complessi, per i quali non si punta a far rivivere la situazione traumatica nelle sue pieghe più sottili e dolorose ma ci si limita ad accennare e circoscrivere il fatto senza la riattivazione di cariche emotive psicologicamente insostenibili.

Una volta inquadrato il problema, cosa che non avviene in una seduta o in due o tre ma in un tempo variabile,  si iniziano a vedere le connessioni con la situazione insoddisfacente del presente. 

Rievocazione del passato e concentrazione sul presente nel concreto non vanno tuttavia visti come due momenti distinti in cui uno precede l’altro; essi possono avvenire in parallelo, possono venir ripresi, lasciati lì e nuovamente evocati nelle maniere e nelle sequenze più disparate, in base agli imprevedibili andamenti delle sedute.

Da questo lavoro in genere saltano fuori il punto o i punti precisi coincidenti con lo scoppio della sintomaticità: si possono così vedere gli snodi significativi che hanno determinato salti involutivi anziché evolutivi, blocchi nell’elaborazione, stagnazione, ripetizione e incistamento di condotte di auto protezione e sabotaggio.

Tutto ciò presuppone che la psiche si ingaggi in un processo di metabolizzazione mai vissuto in precedenza, della durata variabile e dipendente dagli obiettivi personali e dal grado di investimento emotivo sulla questione.

Un obiettivo è arrivare a guardare alla propria storia non più soltanto con amarezza o ingenui occhiali rosa.

Conoscersi e vedersi porta a capire che ciò che si è dipende anche da tutta la spiacevolezza del passato. Saremmo gli stessi senza quel grande cimento da cui siamo infine emersi con le nostre vite imperfette? 

Possiamo arrivare a convivere con i dolori, con tutto quanto, ritrovando un bell’accordo con ciò che di noi è sopravvissuto ed è “ancora vivo” e desideroso di esserci per ancora un po’?

Allora smettiamo di guardare indietro e ci ritroviamo a stare nel presente, con molto meno sforzo di prima perché alleggeriti da pesi che possiamo mollare (non cancellare)

E tutto ciò non per l’altro, per piacere, per compiacere, per essere inclusi da non si sa bene chi o cosa.

La psicoterapia riabilita il passato in modo sottile ma poderoso, tirandolo fuori, narrandolo come un fiume o come sequenze di un film.

Il nostro fiume, il nostro film, ora è davanti agli occhi nella sua bellezza drammatica, ordinaria o un po’ grigia. È stato tirato fuori dall’oscurità della memoria come un vecchio quadro impolverato. È stato narrato grazie a chi ascolta, a chi vede, prima era solo sepolto nella nostra testa, nella dimenticanza o nella presenza ossessionante. Ora ha preso forma, è stato condiviso, ha dignità di esistenza così com’è.

Col nostro nuovo dipinto in mano, con il nostro film o la nostra opera narrata possiamo accedere a una nuova dimenticanza e a una vita più serena, in cui trovano spazio perdono e leggerezza.

Aiuto psicoterapeutico