Perché fidarsi dell’intuizione?
L’intuizione è una risorsa psicologica preziosissima, purtroppo non adeguatamente valorizzata nel contesto sociale contemporaneo.
Essere o dover essere?
La nostra società infatti incoraggia la massificazione, ovvero l’adeguamento a standard di vita considerati come universalmente desiderabili.
Più la mente è intrisa di idee preconcette su chi si “dovrebbe” essere e su ciò che si “dovrebbe” desiderare più la facoltà intuitiva si assopisce, mortificata da cumuli di interferenze esterne.
La razionalità, che a rigore non agisce “contro” l’intuizione, diventa complice del conformismo sociale, enfatizzando ragionamenti bidimensionali del tipo costi-benefici (cosa mi “conviene” fare piuttosto che cosa “voglio” fare, cosa “è normale” sentire piuttosto che cosa sento “veramente” ecc…).
L’intuizione non è una spinta irrazionale o autodistruttiva che abolisce l’uso della ragione. Essa infatti lavora sinergicamente con la razionalità, non in opposizione a essa.
L’intuizione permette di vedere in profondità dentro se stessi e dentro gli altri. Attingendo informazioni da parti inconsce della mente, essa consente una lettura precisa della realtà, rendendola non scontata.
Questo meccanismo mentale non solo porta a “vedere” oltre l’apparenza delle cose, delle situazioni e delle persone, ma tale visione avviene pure in un istante, saltando i passaggi logici tipici del ragionamento logico-deduttivo.
La sinergia fra intuito e ragione
L’intuizione introduce a una consapevolezza immediata, a volte così precisa da concretizzarsi nella possibilità di prevedere le mosse dell’altro e persino il corso di alcuni eventi.
La visione intuitiva, che in quanto tale è totale e definitiva, può poi essere passata al vaglio della ragione, soprattutto nelle situazioni in cui è necessario esercitare cautela e prudenza.
Il setaccio della ragione in ogni caso però funziona nella misura in cui non risulta mortificante e svalutante verso l’intuizione.
Quante volte è capitato che si sopprimessero delle idee o dei progetti azzeccatissimi per mancanza di fiducia nelle proprie intuizioni?
Quante volte accade che le persone non accolgano il loro “sesto senso” e perseverino in situazioni sentimentali e lavorative apparentemente “giuste” ma sbagliatissime per loro?
L’intuizione necessita quindi di cautela nel suo maneggiamento perché le ricadute sulla condotta, sulle scelte e sugli atti individuali sono sempre un po’ degli azzardi (e tutti gli azzardi racchiudono un potenziale pericoloso, soprattutto se non se ne sanno governare e sostenere le conseguenze oppure quando l’intuizione si rivela in realtà un mero abbaglio).
La razionalità va allora intesa come un’ottima collaboratrice nei processi intuitivi e non un ostacolo ad essi. La ragione contempla l’intuizione, la tiene da parte come una gemma preziosa. Una volta raccolte sufficienti evidenze della sua fondatezza ecco che il raziocinio accorda il semaforo verde alla visione intuitiva, lasciando che essa influenzi il giudizio e le scelte.
È cruciale tuttavia che il ragionamento non sia inquinato dal dubbio patologico: se dubitare è indice di intelligenza e prudenza una sua eccessiva espansione si traduce in blocco nervoso, e quindi in impossibilità di scelta, in torpore e perdita di occasioni importanti.
Si capisce così come il potenziamento delle proprie facoltà intuitive (e soprattutto la possibilità di un loro maneggiamento efficace) abbia degli effetti molto significativi sul grado di realizzazione autentica di sè, sul livello di soddisfazione percepita e persino sulla possibilità di restare alla larga da guai grossi.
L’intuizione non fa sempre vedere delle realtà desiderabili oltre la superficie dell’apparenza: a volte consente di cogliere la bellezza là dove non si penserebbe mai ma altre è in grado di disvelare la luce sinistra che emana da situazioni particolarmente scintillanti e accattivanti.
Per esercitare l’intuizione (che non è un superpotere del quale solo pochi fortunati possono disporre) bisogna preliminarmente liberarsi dall’imbambolamento dell’immagine, cosa non facile perché siano costantemente aggrediti da stimolazioni visive di ogni genere.
La bellezza estetica non è da demonizzare, anzi, però perché l’intuizione si espanda e ci renda creativi dobbiamo imparare a distinguere la bellezza vera da quella stereotipata, l’opera d’arte autentica dalla “patacca” o dallo scimmiottamento di stili.
C’è da farsi l’occhio e l’orecchio, da raffinare i sensi, da sintonizzarsi sulla capacità di “sentire” la bellezza e dunque tutte le note stonate che accompagnano spesso e volentieri gli involucri sfarzosi esteriormente luccicanti ma interiormente opachi.
Tutto questo può accadere quando ci concediamo importanti spazi di solitudine, quando il rumore delle opinioni degli altri si affievolisce fino a sciogliersi come un bla bla insignificante
La terapia può costituire un luogo dove coltivare il silenzio, nell’ascolto rispettoso e non ingerente del terapeuta che fa da cornice.
Ma possono esserlo anche la natura, la montagna, o semplicemente la propria stanza o il proprio taccuino.
Allora l’intima armonia delle cose si disvela in un lampo ad indicarci la meta verso cui tendere; lasciando andare le brutture che asfissiano l’animo riprendiamo il cammino verso i nostri sogni.