Il potere della crisi: come farne buon uso

Significato e caratteristiche della crisi esistenziale
Le crisi esistenziali, quando non annebbiano completamente la lucidità di pensiero ma lasciano spazio alla riflessione, sono potenti strumenti di crescita e di evoluzione personale.
Andare in crisi infatti non è sempre un accadimento negativo, anzi, esso costituisce il più delle volte una possibilità per entrare in contatto con la parte più vera di noi stessi e del nostro stare al mondo.
Un tipico fenomeno che caratterizza la crisi è il venire a galla di sentimenti di segno contrario rispetto a quelli che ci si aspetterebbe nella condizione di vita che si sta vivendo.
Ad esempio per il giovane è l’angoscia al posto della spensieratezza, per l’adulto il rimpianto invece della pienezza.
Non di rado in psicoterapia incontriamo ragazzi che hanno di tutto e che sono profondamente infelici, piuttosto che soggetti di mezza età finalmente realizzati dopo lunghe peripezie ma interiormente agitati da qualcosa di irrisolto e relegato in un angolo remoto della propria interiorità (non è raro il sentimento di una vera e propria depressione).
Ma possiamo rinvenire anche manifestazioni di crisi congruenti con gli eventi della vita: infanzie infelici, lutti, malattie, fallimenti lavorativi, separazioni. Situazioni che portano alla ribalta una differente immagine di sé (il sé maltrattato, malato, mancante, abbandonato) e una diversa percezione del mondo (un ambiente inospitale, freddo, aspro, vuoto).
La crisi disvela quindi sensazioni e sentimenti che nella narrazione contemporanea sono tabù per la maggior parte delle persone, alle prese con la rincorsa del successo, del possesso, del potere.
L’Ego e i suoi accecamenti
Infatti per l’essere umano medio la vita “desiderata” è quella in cui l’Ego trova plauso, ammirazione e godimenti, dove il narcisismo e l’individualismo si soddisfano nelle celebrazioni sociali e nei consumi.
Tutta la società è strutturata in questo modo, secondo una massificazione che impone gusti, aspirazioni e desideri, nonché modalità standardizzate per raggiungere l’agognata e perpetuamente sfuggente soddisfazione.
E tale soddisfazione passa sempre per l’oggetto, per il possesso, per il danaro e il prestigio. Avere e apparire, ecco i valori base per i quali l’essere umano si dà così tanto da fare.
La crisi come obiezione all’appiattimento soggettivo
La crisi, forzatamente, fa allora obiezione a questo livello basico, iper concreto di esistenza, perché attraverso lo spossessamento dell’Ego, attraverso la sua umiliazione e offesa essa porta alla luce la sostanza di cui siamo fatti, impossibile da trattare con le cose e con qualsivoglia prestigio.
Tale sostanza è senza immagine, senza possedimenti, senza desideri e senza voglie. È la nostra anima vibrante, sensibile e leggera, bisognosa soltanto di pace, di momenti di armonia e di amore incondizionato.
La crisi dunque, se affrontata e non evitata tramite il lamento o la negazione, fa emergere la nostra psiche profonda e spirituale, qualcosa che non coincide affatto con la materia e che sfugge a ogni definizione.
Ecco il risveglio all’ “altro mondo” che regala la crisi; il dolore e la sofferenza, quando ascoltati e accettati, ci traghettano verso un al di là, verso una consapevolezza superiore, verso una forza d’animo che può diventare indistruttibile perché nasce dall’adesione contemplativa totale a ciò che è.
Tolti gli abbagli dell’Io e addentrati nella dimensione spirituale ci conosciamo davvero, non ci tradiamo più per apparire agli altri, ci lasciamo esistere, concediamo all’anima di volteggiare e riposare fra una fatica e l’altra, indifferenti alle sciocchezze umane.
Il potere terapeutico della crisi
Questo aprire gli occhi sul reale comporta un tale ribaltamento di prospettiva che possiamo finalmente prendere delle decisioni ferme, irrevocabili. Affermative non di una volontà di potere ma di una volontà di essere e di respirare, liberi da condizionamenti e da diktat assurdi.
La crisi così intesa assume allora le sembianze di un rito di iniziazione doloroso da cui però usciamo trasformati e “iniziati” alla vita vera, attrezzati a resistere ai rovesci della fortuna.
Bisogna quindi essere grati verso questi momenti difficili perché ciò che danno è di gran lunga superiore a ciò che tolgono, se siamo in grado di sviluppare una visione dell’esistenza non meramente materialista e legata ai piaceri.
Fallimento e decadenza servono per capire chi siamo e per impostare la vita secondo una misura di felicità personale e non stereotipata.
Allora finalmente ci può essere spazio per l’amore, amore non solo del corpo ma soprattutto dell’anima, per la solidarietà e per l’amicizia non inquinata da puerili rivalità.
Male oscuro, Conflitto inconscio , Affrontare il senso di vuoto