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ll transfert amoroso in psicoanalisi

In cosa consiste il transfert, quali sono le sue potenzialità e i suoi rischi

Ogni lavoro di psicoterapia del profondo comporta lo sviluppo di un “transfert” verso il terapeuta, che può essere di natura squisitamente positiva, ambivalente (oscillazione tra idealizzazione e svalutazione) oppure negativa (sentimenti di rifiuto e di odio).

“Transfert” infatti è il termine coniato da Sigmund Freud per denominare questo sentimento che si sviluppa verso il terapeuta, interpretato come la “trasposizione” sulla figura dello psicoanalista dei sentimenti di attaccamento legati alle figure genitoriali.

Il transfert fra riedizione del passato e domanda d’amore

Il transfert in quest’ottica coincide con la “rivelazione” dello stile con cui il paziente entra in relazione intima con l’altro, in virtù della vicinanza stretta che si crea nella relazione d’aiuto.

I sentimenti in gioco tuttavia, insegnava Jacques Lacan, non sono finti o illusori ma veri e reali. Essi cioè non sono soltanto una riattualizzazione del passato nel presente, ma costituiscono anche la manifestazione di qualcosa di nuovo.

Infatti chiedere aiuto è una domanda di amore vera e propria, perché sottende la richiesta di essere visti, capiti, accolti (al di là di guarire dai sintomi o di come guarire dalla depressione).

L’ascolto fuori dal comune del terapeuta fa vivere un’esperienza nuova, un senso di riconoscimento pieno che fa sentire amati.

Fare terapia quindi automaticamente fa entrare nel campo del discorso amoroso: si chiede e si riceve amore tramite il venire capiti e riconosciuti.

Se ben gestita dal terapeuta questa esperienza risulta profondamente trasformativa.

Il terapeuta preparato umanamente, eticamente e tecnicamente infatti non accentra l’amore sulla sua persona ma si cancella, per far sì che il sentimento amoroso evocato resti “in purezza”nella stanza di analisi come un fenomeno a se stante, un'esperienza interiore di amore e desiderio sublimati, senza sconfinamenti nella vita personale.

In genere la disponibilità verso l’amore “puro”, privo cioè di connotazioni seduttive, di aspettative o di opinioni personali (che riporterebbero l’attenzione sulla persona del terapeuta) costituisce la condizione essenziale perché l’amore di transfert possa essere sfruttato come motore del processo terapeutico e poi possa risolversi e sciogliersi (lasciando totalmente liberi da una dipendenza emotiva dall’analista).

Perché questo accada bisogna che il terapeuta non si soddisfi narcisisticamente in alcun modo del ruolo che riveste in analisi, ma che sappia essere “umile”, trasparente, in grado di cedere generosamente all’altro tutta la scena.

Gli interventi del terapeuta, le sue incursioni sulla scena analitica è fondamentale che siano in grado di risultare incisivi ma non invadenti.

Essi infatti sono indispensabili per fornire riletture, visioni alternative o chiavi interpretative, e in generale per portare il più possibile il paziente in contatto con le parti di se stesso di cui ha un’esperienza grezza ma non “pensata”, non ancora consapevole.

L’arte terapeutica prevede però che le interpretazioni analitiche siano percepite come qualcosa che sgorga direttamente dal materiale che il paziente porta in seduta, non come irruzioni delle opinioni, dei giudizi o dei pensieri personali del terapeuta.

Il rispetto verso la realtà emotiva e mentale del paziente, verso la sua esperienza e il suo modo di essere unico al mondo è essenziale perché egli si senta libero di muoversi e di esprimere cioè che sente e pensa davvero.

L’esperienza trasformativa del transfert e i rischi nel transfert idealizzante e negativo

In questo modo egli accede ad un’esperienza “correttiva” e “trasformativa”, non perché viene educato e corretto ma perché finalmente “vive” sulla sua pelle cosa significa poter essere autenticamente se stesso.

Questo modo di procedere mette al riparo da incistamenti, dipendenze, erotizzazioni e transfert troppo idealizzanti o troppo negativi, proprio perché l’esperienza a cui porta va verso l’autonomizzazione dall'altro, il divenire via via sempre più adulti e consapevoli del proprio modo di essere al mondo.

L’amore di transfert che funziona da motore per i progressi terapeutici è una dipendenza che prelude all'indipendenza, che non chiude nella gabbia della terapia ma piano piano ne dilata sempre di più i confini, così che ognuno possa, con i suoi tempi, spiccare il volo.

In genere i terapeuti troppo narcisisti impediscono questo processo, ritrovandosi alle prese con transfert che si incastrano nella dipendenza inconcludente, si infuocano in senso erotico e aggressivo.

Questo perché il bisogno di compiacimento e la volontà di potere sull’altro, tipica delle personalità narcisistiche, invadono il campo della terapia, manipolandolo e distorcendolo.

Ecco che il paziente, anziché sperimentarsi come il libero protagonista dell’esplorazione, si ritrova nella realtà della terapia prigioniero dello sguardo giudicante e voluttuoso dell’altro, ancora una volta in virtù del suo bene.

Tutto ciò era già successo in famiglia e ricapita fatalmente in terapia.

Le peggiori ferite, quelle più dure a rimarginarsi infatti derivano da genitori che, ponendosi in una posizione ideale (io sono grande e lo faccio per il tuo bene) interpretano il figlio sulla base dei loro preconcetti, non vedendolo affatto nella sua realtà e rinchiudendolo quindi in un “dover essere” che lo obbligherà a inseguire le aspettative genitoriali (con tutto il correlato di alternanza fra dolore, ribellione e colpa).

Nel transfert queste dinamiche emergono spesso in relazione al terapeuta: ”lei ora penserà che sono scemo”, “lo so che ho detto una cosa sbagliata”, “mi scusi se ho parlato troppo”, ecc ecc…che sono una precisa trasposizione sulla figura dell’analista del senso di inadeguatezza ingenerato dal genitore disfunzionale.

Se il terapeuta, anche con semplici frasi rassicuranti non fa vivere un’esperienza correttiva di accettazione, si va incontro a un rinforzo dei vecchi schemi relazionali nel transfert. Quando queste affermazioni invece sono avvallate dal silenzio o peggio si accompagnano a prediche o ingiunzioni si riprecipita nel passato anche all’interno del transfert terapeutico.

Il paziente regredisce e torna ad essere il vecchio bambino compiacente. Può, successivamente e all'improvviso diventare aggressivo, nel tentativo di liberarsi dalla morsa della colpa.

L’analisi della dinamica transferale passa attraverso un atteggiamento contenitivo e non giudicante, che non passivizza e lascia fluire la rabbia, a partire dalla consapevolezza che in gioco non c’è la persona in carne ed ossa dell’analista ma essa è come “in prestito” della situazione analitica a fini terapeutici.

Quando invece da parte del curante abbiamo un modo di fare seduttivo e autoritario, con gesti allusivi al fatto che il paziente conta per lui e che tradisce il bisogno del terapeuta di soddisfare le sue esigenze narcisistiche nella terapia, il transfert si incendia in senso idealizzante o svalutante. Il passato non è superato attraverso un vissuto antitetico ma viene rivissuto tale e quale secondo le stesse modalità.

La differenza sessuale fra paziente e terapeuta spesso è a vantaggio dello sviluppo di transfert erotici e ambivalenti, mentre condividere lo stesso stesso espone maggiormente a transfert negativi per via di possibili sentimenti di natura competitiva.

Tuttavia la differenza sessuale non è di per se stessa un fattore predisponente all’erotizzazione del terapeuta così come la condivisione dello stesso sesso non si traduce automaticamente in competizione

La differenza la fa la capacità del terapeuta di smarcarsi da dinamiche che comportano risposte in termini di seduzione e aggressività, e ciò è possibile solo se egli non ricerca se stesso nella terapia dell’altro.

Mantenersi distaccati pur essendo empaticamente “dentro” consente di vivere, attraversare e infine sciogliere il nodo complesso del transfert amoroso in analisi.

Aiuto psicoterapeutico , Psicoanalisi lacaniana