Perché non mi innamoro mai?
Un tema che viene trattato di frequente durante le sessioni di psicoterapia riguarda la difficoltà (se non l’impossibilità) di accedere a sentimenti di natura amorosa.
L’impedimento in genere si verifica o nella primissima fase di conoscenza, che si sostanzia in un non rendersi conto del reale interesse verso l’altro, oppure dopo il cosiddetto “colpo di fulmine”, quando subentra una fase meno emozionale e più profondamente sentimentale.
La prima difficoltà è più tipica del sesso femminile, mentre la seconda caratterizza maggiormente i maschi.
Tuttavia il femminile e il maschile non coincidono perfettamente con il sesso biologico, per cui può capitare in una piccola percentuale di casi che un maschio eterosessuale mostri a tutti gli effetti una qualità squisitamente “femminile” nel suo modo di approcciare l’amore (così come viceversa esistono donne che vivono l’amore esattamente come gli uomini).
Quando il desiderio si palesa dopo un po’
Non realizzare di provare attrazione e interesse verso una persona che si incontra per la prima volta costituisce un possibile ostacolo al vivere l’esperienza dell’amore, in particolar modo nella società attuale in cui il corteggiamento non esiste più e la disponibilità sessuale viene perlopiù mostrata in maniera aperta ed esplicita.
Il non reperimento di segnali chiari e inconfutabili oggigiorno disincentiva i potenziali partner ad approfondire la conoscenza, per superficialità, mancanza di tempo, pragmatismo esagerato, pigrizia o autodifesa.
Perché investire risorse emotive per conoscere qualcuno che non si sa se mi darà ciò che desidero? Perché complicarmi la vita?
Il dilagare delle app di incontri si basa su questo principio: ci si sceglie, ci si vede e ci si offre senza tante perdite di tempo, senza la complicazione della conoscenza e del rischio di fraintendimenti e delusioni.
Tuttavia le persone non sono macchine che funzionano linearmente e soprattutto le donne, al netto della liberazione sessuale, continuano ad essere portate ad annodare amore e sessualità.
Intrecciare amore e sessualità non è l’espressione di un atteggiamento moralistico ma significa non poter concretamente scindere il sentimento sessuale dalla persona che lo genera. È la persona nel suo complesso che attrae, non il solo aspetto fisico ma anche il modo di guardare, di parlare, la gentilezza, l’espressività, la voce, la presenza, l’intelligenza, il buon cuore ecc…
Per apprezzare e cogliere questi dettagli che dicono molto dell’interiorità dell’altro serve tempo, non basta un incontro fugace per poterli apprezzare.
Sia ragazze che donne più mature raccontano in seduta di non essersi immediatamente accorte di lui, nonostante una prima impressione di gradevolezza.
In questi casi ad un certo punto l’attrazione si anima ed esplode come dal nulla, in realtà essa è l’esito di un lavoro inconscio di unione di puntini culminato in desiderio.
Ma come mostrare un desiderio che nasce tardivo? Lui spesso anche se interessato e senza vincoli matrimoniali si trova già altrove, ha già archiviato il discorso per mancanza di segnali espliciti. E l’amore resta in sospeso ad appassire.
Sono da “curare” le persone fatte così? Come abbiamo detto ascoltiamo anche una minoranza di uomini con queste caratteristiche, non fissati sull’aspetto fisico e portati ad assorbire lentamente i dettagli di qualcuno che piano piano diventa oggetto di un crescente interesse.
Curare questa caratteristica, questo modo di essere sarebbe folle e antiterapeutico. Bollare la dinamica come malata, distorta o frutto di inibizioni vittoriane è un errore.
Può essere degno di cura e di attenzione il caso per cui tenersi fuori dagli approcci amorosi svela la volontà di non coinvolgersi emotivamente con nessuno, per difesa da paure di abbandono. Un eccesso di sofferenze emotive può provocare infatti un eccesso di chiusura su cui è possibile lavorare con la psicoterapia.
Anche la chiusura come test per sondare l’effettivo interesse dell’altro è passibile di essere interrogata in analisi, benché essa abbia delle valenze funzionali quando si pone come barriera a una volontà smaccatamente consumistica.
Molti inoltre come reazione, pensando che ci sia qualcosa che non va in loro, si buttano a capofitto in situazioni sbagliate, di fatto violentandosi. La sofferenza di ragazze apparentemente disinibite e spudorate che pur di essere come la società le vuole si adeguano a comportamenti massificati la ascoltiamo nel luogo protetto della terapia, da fuori essa non si direbbe mai.
Ciò che si può fare è allora avere rispetto di sè e fiducia nelle occasioni a venire. Se il lui o la lei lasciano cadere perché ormai l’occasione è sfumata significa che non si trattava di una “vera” occasione.
Ingaggiarsi in atteggiamenti grossolanamente seduttivi premia nel breve ma non nel lungo termine, condannando a solitudini di coppia e di fatto non facendo vivere l’esperienza dell’amore vero.
L’aridità sentimentale dopo il colpo di fulmine
Un secondo problema, opposto al precedente, concerne l’impossibilità di amare colei (o colui) che tanto aveva fatto battere il cuore in termini di forti emozioni.
In genere esso si presenta dopo pochi mesi (a volte addirittura dopo poche settimane) di frequentazione intensa, connotata da entusiasmo sessuale e gratificazione emotiva.
Sparito l’effetto della novità subentra la noia, la persona che si frequenta, magari pur venendo anche apprezzata per le sue numerose qualità, non suscita nessun attaccamento sentimentale ed ingenera addirittura fastidio.
L’uomo che sceglie la partner basandosi sul richiamo estetico e sui suoi attributi oggettivabili (buon lavoro, buon carattere, giovane età ecc…) rischia maggiormente di incappare in questo schema ripetitivo.
Ma anche donne che privilegiano l’avere rispetto all’essere si ritrovano nel medesimo vicolo cieco: ha tutto ciò che si può considerare desiderabile, è perfetto, ma mi annoia.
La noia è evocata come impedimento all’accessso al sentimento profondo. In realtà in questi casi il sentimento non scatta perché la relazione nasce all’insegna dell’emozione della bellezza. Il partner attrae come un oggetto splendente.
Ognuno di noi conosce l’esperienza dell’esaurirsi dell’entusiasmo verso un oggetto acquistato perché bello e splendente. Una volta posseduto, una volta che si ha la sicurezza di averlo nelle proprie mani esso perde attrattiva. Quale sentimento dovremmo provare nei suoi confronti?
La realtà è che i sentimenti non nascono dal possesso della bellezza, solo esteriore, ma dall’incastro dei bisogni profondi di due persone che hanno una sensibilità affine.
Tale incastro può avvenire con una persona non necessariamente bella secondo i canoni e non necessariamente di pari livello lavorativo o culturale.
Seguire troppo criteri di estetica e desiderabilità di superficie porta verso l’entusiasmo maniacale dello shopping (a cui segue il vuoto dato dal possesso), non verso la costruzione di un “noi” con una persona con cui si scambia un’esperienza interiore profonda e toccante.
Perché molte persone si comportano così?
Le ragioni sono varie, in genere alla base c’è una ferita da occultare attraverso modalità narcisistiche e conformistiche, che difendono dall’incontro con il coinvolgimento vero e quindi con vulnerabilità irrisolte che si teme nemmeno un partner potrebbe lenire con il suo amore.
Oppure si può trattare di superficialità allo stato puro e per quella, ahimè, non esistono cure.