Amore o passione?
Amore e passione hanno due nature differenti. L’amore esprime un sentimento di bene, di cura e di partecipazione alla vita dell’altro. È un affetto, che può essere colorato eroticamente così come restare del tutto asessuato.
La passione invece non appartiene alla sfera affettiva, perché la sua natura è istintuale e emozionale. Se l’amore comporta un legame, una conoscenza basata sullo scambio di parole e esperienze condivise, la passione fa a meno della conoscenza, perché si alimenta di immaginario, di mistero, di emozioni allo stato puro. La passione è legata allo sguardo più che alla parola, alla voce in quanto tale più che ai contenuti dello scambio verbale, alla pelle e al respiro.
Amore e passione possono sovrapporsi oppure restare separate. L’oggetto della passione può trasformarsi col tempo anche in oggetto d’amore, può perdere attrattiva o aumentarla all’interno di un legame amoroso.
Nell’epoca in cui viviamo (in cui la ricerca del piacere individuale oramai è un valore di massa) la passione, per via dell’ impatto di sensazioni forti e estremamente gratificanti che offre, domina il campo delle relazioni amorose fra uomo e donna, a discapito della conoscenza e del rapporto affettivo.
L’eros, soprattutto da parte del genere femminile (ma non mancano esempi di segno contrario in cui è l’uomo lo schiavo d’amore), viene erroneamente ritenuto un’espressione di amore.
Gli esseri umani, quando per i motivi più disparati sono molto presi nella dinamica passionale, si aspettano anche un coinvolgimento affettivo da parte del partner, che può invece restare del tutto silente. Per via di questa dinamica scaturiscono equivoci, avvitamenti e sofferenze a volte davvero profonde.
Il desiderio che uccide
La passione coincide con il desiderio, con la brama dell’altro inteso come un oggetto che affascina e stimola intensi eccitamenti. Ma questo desiderio, se non minimamente temperato dall’amore inteso come rispetto e cura, potenzialmente si può porre contro l’altro, riducendolo a puro strumento di piacere.
Quando il desiderio è diretto su un oggetto non umano come un lavoro, un‘impresa artistica o professionale esso dà luogo quasi sempre a qualcosa di buono. La persona appassionata realizza se stessa e offre un contributo alla società, dunque non nuoce a nessuno.
Quando in gioco invece c’è un essere umano gli effetti possono essere devastanti. La passione può risvegliare profondi e sopiti bisogni affettivi, e più l’equilibrio personale è debole, più è facile incorrere in sofferenze importanti.
L’oggetto del desiderio infatti cattura non perché è amabile, ma perché inconsapevolmente esprime nella sua immagine esteriore un “non so che”, in grado di scatenare istinti di fusione/appropriazione.
Colui che desidera in qualche modo si specchia nel desiderato, vede in lui qualcosa della propria verità più profonda o della propria immagine ideale. Un bel paio di occhi grigi, seri e malinconici, possono rimandare alla propria malinconia, mettendo in contatto con se stessi più che con l’altro.
In questa “cattura” immaginaria, i confini tra soggetto e oggetto sono abbattuti. L’infatuato non vede l’altro per quello che è ma ne e accecato come dalla luce di un brillante, di uno schermo che ne riflette i sogni, le aspettative, l’immaginario, i bisogni, le debolezze.
I problemi nascono nella misura in cui dietro a questo brillante splendente in realtà c’è una persona che spesso poco ha a che vedere con l’immagine che riflette, quindi con le suggestioni a cui dà luogo nella mente del desiderante.
Dal lato di chi brama, dopo un periodo di esaltazione sessuale ed emozionale, piano piano si verifica quello che accade ogni volta che l’essere umano raggiunge una soddisfazione tramite un oggetto.
Il desiderio inizia a sbiadire e l’oggetto finisce col perdere ogni attrattiva. Più la fascinazione è forte, più il processo è lento, sebbene inesorabile.
Nulla, nemmeno il gioiello più prezioso, può mantenere la promessa di innalzare permanentemente il narcisismo di chi lo indossa. Il tutto dura per un po’, con alti e bassi, con impennate e frenate brusche, con recuperi di slancio e immancabili freddezze. Anche una buona dose di aggressività può palesarsi, nella misura in cui l’oggetto delude, non completa l’immagine ideale. Apre una mancanza ma non la colma.
La ricerca d’altro prima o poi prende il sopravvento. Nel frattempo l’amante esercita una sorta di controllo sull’amato, per assicurarsi di poterlo avere sempre a portata di mano in caso di risveglio del bisogno. Qualora esso si sottragga o tenti di sottrarsi a tale altalena, il partner potrebbe avvertire transitoriamente dei sensi di colpa e un’intensificazione della propria brama. Ma si tratta per lo più di finte, nulla che abbia davvero a che vedere con un interesse non egoistico.
L’oggetto del desiderio (se non è nella stessa simmetrica posizione del desiderante a parti invertite) può sentirsi usato, può sperimentare la frustrazione di non percepirsi riconosciuto come soggetto. Allora accade che spesso reclami invano segni di attenzione che vadano oltre la ripetizione di avvicinamento –allontanamento. Se la sua personalità poi è fragile possono scatenarsi reazioni folli, in cui la vittima si trasforma in persecutore. I livelli di aggressività rivendicativa possono alzarsi notevolmente innescando reazioni altrettanto violente dall’altra parte.
Ogni relazione speculare, ogni amore narcisistico sottende questa trappola di odio e aggressività e è destinato a finire più o meno tragicamente.
L’amore che accoglie
Nell’amore le cose vanno invece diversamente. L’amore riconosce la creatura, vuole il bene dell’altro, non si cura solo dell’immagine ma coglie qualcosa dell’anima altrui. Verso questo qualcosa l’innamorato nutre curiosità, rispetto e simpatia.
L’amore rispetta la soggettività altrui, non usa, non soffoca, non travisa, non conosce sbalzi d’umore e cadute a picco dell’interesse verso l’amato.
Può nei casi fortunati accompagnarsi all’immaginario esaltante della passione, dando luogo ad un’unione in cui alla potenza accecante del desiderio si affiancano la compassione e la tenerezza per l’essere dell’altro, di cui si riconoscono i confini e le diversità da se stessi.
L’amore in purezza comunque trascende la componente passionale, perché è totale e disinteressato. Prescinde anche dalla sessualità.
Chi ama, ama in tutte le relazioni che stabilisce con i simili, che siano di lavoro, di amicizia, di intimità coniugale. Aborrisce il consumismo relazionale, il possesso geloso, la manipolazione, la scarica evacuativa delle frustrazioni sull’altro.
Chi ama cerca la luce, cerca un’elevazione rispetto alle bassezze umane. Non nel senso della santità, preclusa alla maggior parte degli umani.
Pur nell’ambito delle passioni, la bussola dell’amore non si arrende al cinismo, al rotolarsi nello stagno di meccanismi ripetitivi e affettivamente aridi, sebbene spesso perpetrati in nome della bellezza e spacciati per amore.
L’amore nella sua forma più spassionata è cura, valorizzazione della bellezza singolare e vulnerabile di ogni essere vivente.