Filofobia - paura d’amare
“Naturalmente sono anche filofobico” mi disse una volta “en passant” un paziente, mentre cercava di chiarire la natura composita dell’angoscia di cui pativa nelle relazioni e l’effetto invalidante che essa aveva nella sua vita.
Aveva letto il termine su un articolo di un rotocalco femminile che gli era stato passato, corredato di una serie di sottolineature significative, dalla sua compagna dell’epoca, esasperata dagli infiniti tira e molla. Il fatto che esistesse una parola che così bene codificava il suo disagio nei rapporti amorosi era stato un sollievo ed una pena. Si riconosceva e temeva di non avere vie d’uscita, ma fortunatamente nel suo caso ci pensò prima la terapia e poi la vita a smentirlo.
Cos’è la filofobia
Cosa è dunque questa filofobia, che alla lettera significa paura dell’amore? È davvero un problema specifico da combattere con strumenti ad hoc o, come acutamente intuiva il giovane paziente, un correlato di una problematica più ampia?
La fobia dell’amore, ovvero la tendenza a provare stati intensi di angoscia in presenza dell’oggetto amato con conseguente spinta a fuggire, tende a riguardare più gli uomini, anche se non mancano rappresentanti del sesso femminile che avvertono internamente un disagio simile. La differenza fra i sessi in realtà non sembra però riguardare la paura in sé quanto la modalità messa in campo per fronteggiarla; l’uomo, nonostante la sua appartenenza al sesso forte, generalmente cede più facilmente alla ritrosia, mentre la donna razionalizza di più certe dinamiche e appare quindi più attrezzata a non lasciarsene travolgere. Inoltre se nell’uomo tale paura cresce con l’intensificazione del rapporto, nella donna decresce mano a mano che ella acquista fiducia e confidenza.
È soprattutto intorno a quest’ultimo punto, quello relativo alla confidenza, che si determina il grado di sintomaticità della paura. In una certa misura avere paura di una relazione nascente è umano e inevitabile: innamorarsi espone a molti rischi, in primis a quello del rifiuto e dell’abbandono. Una volta però che si cade sul morbido dovrebbe poi andare da sé un successivo lasciarsi andare rilassato, con la fiducia che l’esperienza rassicurante si ripeterà. La maggior parte delle persone supera la diffidenza proprio grazie all’amore, mentre al filo fobico accade esattamente il contrario: più assaggia il piatto dolce dell’amore più ha bisogno di fare un passo indietro, in preda ad attacchi violenti di angoscia se non di vero e proprio panico.
Si capisce allora come non sia possibile che la così detta filofobia costituisca un problema a se stante, sganciato dal resto della personalità. In gioco non c’è solo un carattere ansioso, insicuro e bisognoso di conferme. Se così fosse, basterebbero le rassicurazioni. Invece è proprio al culmine della felicità della corresponsione amorosa che chi ha paura di sentirsi preso dal sentimento amoroso scappa a gambe levate. Non sono infrequenti i racconti delle donne che, dopo serate o fine settimana “magici”, vedono i loro corteggiatori dissolversi come neve al sole, lasciandole in preda a mille domande che non trovano una risposta logica. Dopo del tempo essi si rifanno vivi spinti dal sentimento struggente della mancanza. Il problema sembra superato e poi, all’improvviso, si ripresenta, in un’alternanza di avvicinamenti e prese di distanza potenzialmente infinita e sfibrante per chi la subisce. L’amore, così maltrattato può (non sempre) sbiadire e infine perire prima di tutto in chi era disposto a viverlo in tutta la sua pienezza.
Un atteggiamento ondivago di questo tipo si riflette non solo nelle relazioni d’amore ma anche in quelle d’amicizia, in cui però non fa danni perché il luogo dell’amicizia è più facilmente sgombro da aspettative e più tollerante verso le esigenze di “ritiro” dell’amico. Il partner in amore invece fatica a tollerare tutto, altrimenti sarebbe solo un amico. Il rapporto amoroso per sua natura esige una quota di dipendenza, che non è dipendenza tout court (ovvero appoggiarsi all’altro in maniera simbiotica e soffocante) ma piuttosto il sentire un senso di sicurezza stabile rispetto all’essere voluti, all’essere preziosi e indispensabili per l’altro. Per questo ogni allontanamento inspiegabile è un colpo, che, sommato agli altri può portare infine all’agonia dell’amore.
Le cause profonde
La filo fobia così descritta si collega nella quasi nella totalità dei casi a una ferita emotiva profondissima, tuttavia molto difficile da scandagliare anche in psicoterapia.
Qualcosa è come cristallizzato, impermeabile a qualsiasi indagine, chiuso in se stesso. Sentirsi presi da un sentimento che ha il sopravvento sulla razionalità è troppo doloroso, attiva delle paure ataviche ma non ben descrivibili e circostanziabili.
Forse esse hanno a che vedere con un abbandono subito nell’infanzia da parte di chi era il punto di riferimento. Il rifiorire di un sentimento vivo riattiva inconsciamente il trauma. La bellezza della rinascita amorosa attira come una calamita la tenebra del lutto subito e mai superato. Nel tentativo disperato di evitare l’abisso si rinuncia alla vita, così bella ma così acutamente dolorosa, per preferire la cittadella della grigia, solitaria ma immensamente più rassicurante routine.
Chi ha paura di amare secondo questa logica molla il colpo perché non ce la fa, non perché è sadico o cattivo verso l’amato. È come uno che si strappa un dente da solo per evitare che saziarsi con il cibo prelibato significhi perdere tutti i denti.
È straziante per lui, e spesso è il dolore della perdita autoinflitta, della sua stessa rinuncia a condurlo verso quel movimento di riavvicinamento, destinato molte volte nuovamente allo scacco.
Vie d’uscita?
Forse chi sta dall’altra parte, intuito il problema, dovrebbe armarsi di tutta la pazienza e di tutta la grazia possibili. Lasciando le sue braccia aperte all’abbraccio, senza, ahimè, aspettarsi nulla, senza recriminazioni, rabbie. Testimoniando la possibilità di un amore stabile, irragionevole e fermo, qualsiasi cosa accada. Andando avanti però con la propria vita, aspettando senza stare fermi, offrendo l’amore assoluto, quello disinteressato, i cui confini con l’amicizia non sono più così chiari.
Allora non sempre vivranno tutti felici e contenti, e non ci sarà il finale rosa per tutti. Ma la sopravvivenza dell’amore nell’amato potrà, forse, scaldare un po’ la landa desolata del cuore del fuggitivo e accendere il lui il desiderio di arrestare in qualche modo il ciclo di ripetizione che tiene tutti in scacco.
Nessuno viene salvato interamente dall’altro, ma nessuno si salva da solo. Un movimento congiunto è indispensabile per superare la paura d’amare, se viene meno un polo della relazione l’altro inevitabilmente si perde. Molte “guarigioni” di filofobici si spiegano così, uno sforzo senza sforzo, dove infine prevale la bellezza del trovare la luce che annulla ogni faticosa ricerca.